Perché alla Cina non conviene la fine della guerra in Ucraina

Ilena D’Errico

07/03/2023

Alla Cina non conviene la fine della guerra in Ucraina, come dimostrato dal fallimentare piano di pace presentato a Mosca. Ecco cosa sta succedendo e perché.

Perché alla Cina non conviene la fine della guerra in Ucraina

La guerra in Ucraina prosegue ormai da più di un anno e la tanto attesa mediazione cinese non ha prodotto alcun risultato utile. Qualche giorno fa Wang Yi, ministro degli Affari esteri della Repubblica popolare cinese, ha presentato a Mosca un piano di pace, apparso a tutto il mondo come vacuo e inconcludente. Di certo la Cina avrebbe potuto far valere un potere negoziale decisamente consistente e se non lo ha fatto è semplicemente perché non le conviene la fine della guerra.

Alla Cina conviene la guerra in Ucraina?

Che Pechino non abbia esercitato alcuna pressione per portare Putin a terminare il conflitto – o perlomeno a stipulare una tregua - è evidente. Difatti, la Cina si è giustificata prontamente su questo punto, nel tentativo di mettere a tacere gli inevitabili sospetti sul motivo di questo piano d’azione. La spiegazione ufficiale è che la Repubblica popolare cinese non avrebbe potere per fermare l’offensiva russa, una dichiarazione diplomatica - teoricamente valida - che tuttavia non corrisponde alla realtà.

Il margine di trattativa cinese pone di certo la Repubblica popolare su un piano maggioritario, che tuttavia resta inutilizzato. Il potere di pressione che deriva dagli scambi commerciali tra Cina e Russia, è con tutta evidenza a favore di Pechino. Una situazione simile, peraltro, è già stata osservata durante settembre scorso, quando la Turchia è intervenuta rapidamente contro lo stop dell’export del grano ucraino.

Nel giro di soli due giorni, il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan è riuscito a costringere Putin a un dietro-front, nonostante beneficiasse di un potere negoziale ridotto in proporzione a quello cinese. Non si può quindi negare che il piano di pace lassista presentato da Wang Yi sia frutto di una scelta strategica ben studiata, con tutta probabilità legata ai preminenti interessi economici.

Gli strumenti di pressione della Cina

L’Europa smetterà di acquistare dalla Russia ben 150 miliardi di metri cubi di metano all’anno, un ammanco considerevole che il Cremlino può compensare soltanto attraverso la fornitura della Repubblica popolare cinese. L’anno scorso, oltretutto, la Cina ha superato l’Unione europea ed è diventata il primo partner commerciale della Russia, per quanto riguarda i prodotti tecnologici e industriali.

Nel mese di novembre 2022, infatti, le vendite della Repubblica popolare cinese alla Russia hanno presentato un incremento del 18%. Un rapporto commerciale di dipendenza che l’ex portavoce del presidente russo Medvedev, Alexander Gabuev, ha definito di vassallaggio. Innegabile, quindi, il potenziale cinese nel mettere uno stop al conflitto, fattore che evidentemente non è nelle priorità di Xi Jinping.

Perché la Cina non vuole la fine della guerra

Nonostante l’incredibile disparità del rapporto commerciale fra Cina e Russia, la Repubblica popolare non intende far valere il suo vantaggio e perdere così i benefici che acquisisce dalla nuova situazione di mercato, dovuta al cambiamento di tutti gli equilibri commerciali sulle forniture di gas. Nel 2021, infatti, la Cina importava il fabbisogno di metano sotto forma di gas liquefatto, in modo così distribuito:

  • Il 10% dal Qatar.
  • Il 10% dagli Stati Uniti.
  • Il 40% dall’Australia.

Una situazione problematica per il futuro economico della Cina, almeno per due importanti fattori. In primo luogo, ci sono le forti tensioni politiche con i paesi fornitori, nelle quali la Repubblica popolare avrebbe rischiato di dover scendere a compromessi. In secondo luogo, il fabbisogno cinese di metano è destinato a crescere esponenzialmente, per via dell’uscita graduale del carbone, alimentando così la dipendenza dai fornitori in questione. La situazione si complica notevolmente, poi, se si prende in considerazione il rallentamento del commercio cinese.

Ecco che diventare il compratore unico della Russia è stata una soluzione provvidenziale, che permette a Pechino di porsi in una posizione forte dal punto di vista negoziale, da far valere con tutto il resto del mondo. Il risultato è che la Cina sarà presto capace di contrattare prezzi e termini molto stringenti per la Russia, oltre a negoziare sulle quantità con i fornitori statunitensi e australiani, dai quali a breve non dipenderà più. La disponibilità completa della fornitura di gas dalla Russia offre quindi un’aspettativa di egemonia del mercato a cui difficilmente Xi Jinping vorrà rinunciare.

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