Quanti soldi puoi avere dal datore di lavoro che ti licenzia ingiustamente?

Simone Micocci

5 Agosto 2024 - 14:42

Sei stato licenziato ingiustamente? Ecco quanti soldi potresti avere dal tuo datore di lavoro.

Quanti soldi puoi avere dal datore di lavoro che ti licenzia ingiustamente?

Se ritieni di essere stato licenziato ingiustamente puoi rifarti contro la decisione del datore di lavoro. Ci sono diversi modi per farlo e, come già abbiamo avuto modo di spiegare, conviene sempre farsi assistere da un legale esperto in diritto del lavoro in modo che possa consigliarvi sulla migliore soluzione possibile.

Ma a cosa può portare impugnare il licenziamento? Laddove le ragioni dovessero essere accolte, allora le opzioni sono due: o il reintegro oppure un indennizzo a titolo risarcitorio a carico del datore di lavoro.

Va detto che spesso è questa seconda opzione a essere preferita, anche prima di arrivare a giudizio. La maggior parte delle controversie, infatti, viene risolta attraverso un accordo tra dipendente e datore di lavoro, con quest’ultimo che - nel rispetto dei limiti previsti dalla normativa - accetta di pagare più soldi al dipendente al fine di arrivare a una conciliazione.

Ma di quanti soldi stiamo parlando? Ecco cosa prevede la normativa.

Cosa fare in caso di licenziamento ingiusto

Per poter interrompere il contratto di lavoro prima della scadenza naturale il datore di lavoro deve avere una valida giustificazione. Deve dunque sussistere una giusta causa o un giustificato motivo (oggettivo o soggettivo che sia).

Resta quindi valida la possibilità che il dipendente decida di impugnare il licenziamento laddove ritenga che non ne sussista alcuna valida motivazione. In tal caso, in presenza di licenziamento che si ritiene essere ingiusto, il lavoratore può:

  • impugnare il licenziamento con atto scritto entro 60 giorni dalla sua comunicazione;
  • depositare entro i successivi 180 giorni un ricorso nella cancelleria del Tribunale del lavoro competente per territorio, o in alternativa inviando alla controparte una richiesta di conciliazione o di arbitrato.

Tutte operazioni per le quali, al fine di non incorrere in errori per la propria impreparazione in materia, è importante farsi assistere da un legale.

Cosa può succedere dopo e quanti soldi può offrire il datore di lavoro

Una volta che il datore di lavoro riceve la comunicazione dell’impugnazione può decidere il da farsi. Ovviamente la decisione più semplice è quella di reintegrare il lavoratore, a patto di farlo entro 15 giorni dalla notifica ricevuta. Reintegro al quale deve seguire il pagamento degli stipendi maturati nello stesso periodo.

Non è detto però che il datore di lavoro sia disposto ad accogliere nuovamente il lavoratore; anzi, raramente è così, poiché va considerato che quanto successo potrebbe aver minato ancora di più il rapporto di fiducia tra le parti.

In alternativa, quindi, è possibile raggiungere un accordo di conciliazione oppure accettare di arrivare a giudizio, dove sarà il giudice a prendere una decisione optando tra reintegro e risarcimento.

Nel primo caso, la legge fissa un limite di soldi che il datore di lavoro può offrire, o eventualmente il lavoratore può chiedere, al fine di evitare il ricorso in giudizio.

Nel dettaglio, la legge prevede che ci si possa accordare su una somma netta di importo che va dalle 3 alle 27 mensilità della retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto.

Ad esempio, quando lo stipendio è di 2.500 euro lordi, l’accordo può essere raggiunto sulla base di un indennizzo a carico del datore di lavoro che va dai 7.500 ai 57.500 euro.

Somma che va offerta entro 60 giorni dal licenziamento e deve essere corrisposta tramite assegno circolare. È ovvio che nel caso in cui il dipendente accetti, al tempo stesso rinuncia all’impugnazione del licenziamento. Inoltre, è obbligatorio che la conciliazione venga presentata davanti al giudice, o in alternativa presso una sede sindacale o negli uffici territoriali dell’ispettorato del lavoro.

Cosa succede se si va in giudizio?

Ovviamente andare davanti al giudice potrebbe portare a un giudizio diverso ed eventualmente anche al riconoscimento di più soldi a titolo risarcitorio.

Ma ovviamente varia a seconda della situazione. Ad esempio, nel caso in cui la ragione dietro al licenziamento dovesse essere di tipo discriminatoria, per il dipendente ci sarebbero più soldi in quanto oltre al risarcimento del danno spetterebbe anche la reintegrazione sul posto di lavoro. Ciò vale anche per i licenziamenti intimati in forma orale oppure nulli, come pure quando il dipendente riesca a dimostrare l’insussistenza del fatto.

Negli altri casi il giudice potrà solamente decidere in merito a un’indennità di tipo risarcitorio.

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