Dopo quanti giorni di lavoro si può richiedere la Naspi? Ecco perché è più corretto parlare di settimane contributive.
L’indennità di disoccupazione Naspi spetta dopo la cessazione di un rapporto di lavoro di una certa durata. E la perdita dell’impiego deve essere motivata da cause non dipendenti dalla propria volontà (ad esempio, alla scadenza di un rapporto di lavoro a tempo determinato oppure a seguito di un licenziamento).
A tal proposito, è lecito chiedersi quanto devi lavorare per prendere la Naspi, specialmente alla luce delle modifiche intervenute negli ultimi anni. Fino a prima del Covid, infatti, per ottenere l’indennità di disoccupazione erano richiesti almeno 30 giorni di lavoro (effettivo) nell’ultimo anno, requisito inizialmente sospeso con lo scoppio della pandemia e poi cancellato definitivamente con la legge di Bilancio 2022.
Oggi quindi esiste un solo requisito da soddisfare: la presenza di 13 settimane contributive maturate negli ultimi 4 anni.
Quanto devi lavorare per prendere l’indennità di disoccupazione
Come anticipato, quindi, per valutare se spetta o meno l’indennità di disoccupazione si va a ritroso per gli ultimi 4 anni al fine di accertare la presenza di almeno 13 settimane contributive. Ovviamente non vengono prese in considerazione quelle già considerate per un’eventuale Naspi già goduta.
Non si parla quindi di “periodo lavorato” ma di “settimane contributive”, per quanto comunque solitamente questi due concetti si equivalgono. Possiamo quindi dire che in genere l’indennità di disoccupazione spetta dopo 13 settimane di lavoro considerando i 4 anni precedenti alla domanda di Naspi.
In questo periodo rientrano anche i periodi non lavorati in costanza di rapporto di lavoro, come ad esempio in caso di malattia e congedo. Per il perfezionamento delle 13 settimane contributive, infatti, si considerando anche i contributi figurativi accreditati per maternità obbligatoria, a patto però che all’inizio dell’astensione risulti già versata o dovuta contribuzione. Vale anche per i periodi di astensione facoltativa, il cosiddetto congedo parentale, a patto che siano regolarmente indennizzati e intervenuti in costanza di rapporto di lavoro. Valgono anche i periodi lavorati all’estero, ma solo in quei Paesi comunitari e convenzionati dove è prevista la possibilità di totalizzazione.
Va detto poi che non necessariamente le 13 settimane devono essere continuative. Nell’arco dei 4 anni, quindi, si prendono in considerazione anche i periodi lavorati di durata inferiore. Come visto sopra, però, non si tiene conto di quelli che già hanno dato luogo a indennità di disoccupazione.
Non sempre i contributi equivalgono al periodo lavorato
Ma attenzione, perché non sempre per una settimana lavorativa spetta esattamente una settimana di contributi. Ecco perché ci sono lavoratori a cui potrebbe non bastare lavorare per circa 3 mesi per maturare il diritto alla Naspi.
Ci riferiamo, in particolare, a quelli impiegati con contratto part-time che percepiscono una retribuzione insufficiente per il riconoscimento di una piena settimana contributiva.
La regola, infatti, prevede che affinché possa esserci il riconoscimento di un contributo settimanale la retribuzione percepita deve essere almeno pari al 40% del trattamento minimo di pensione. Questo nel 2024 ha un valore pari a 598,61 euro: ai fini del riconoscimento di una settimana contributiva, quindi, bisogna percepire una retribuzione settimanale di 239,44 euro lordi. A conti fatti si tratta di circa 950 euro lordi di stipendio, soglia che spesso non viene raggiunta con contratto part-time.
Cosa succede a chi guadagna meno? Semplicemente deve lavorare per più giorni per il riconoscimento di una settimana contributiva. Per capire quanto basta fare una proporzione utilizzando la seguente formula:
(Retribuzione settimanale percepita * 13)/239,44 euro
Consideriamo ad esempio un lavoratore che prende 500 euro al mese di stipendio, quindi circa 125 euro a settimana. Il calcolo sarà il seguente:
(125*13)/239,44
Il risultato è che per 13 settimane di lavoro spettano 6,7 settimane contributive. Per raggiungere la soglia delle 13 settimane contributive, quindi, dovrà lavorare per circa 6 mesi.
Per quanto spetta?
Prima di concludere, ricordiamo che il periodo lavorato - o meglio le settimane contributive - incidono anche sulla durata della Naspi. L’indennità di disoccupazione, infatti, spetta per la metà delle settimane contributive maturate negli ultimi 4 anni.
Per chi quindi raggiunge il requisito contributivo minimo, la Naspi viene pagata per un massimo di 6 settimane.
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