La previsione dell’ex segretario Usa ipotizza quanto manca alla pace tra Ucraina e Russia, che forse potrebbe arrivare entro la fine dell’anno. Ecco perché e cosa c’entra la Cina.
Il conflitto tra Ucraina e Russia, oltre alle inevitabili problematiche per le nazioni coinvolte, sta incidendo anche su tutte le dinamiche internazionali. Dall’inizio della guerra, i rapporti politici, sociali ed economici del mondo si sono dovuti adattare a nuovi sistemi, spesso basati su equilibri fragili e tesi. Come per qualsiasi conflitto, la speranza è che finisca al più presto. Facile a dirsi, dato che quella che doveva essere una guerra lampo sta invece proseguendo da oltre un anno.
La Russia non sembra più avere la vittoria certa, con lo sforzo ucraino di difendersi che ha sbalordito perfino gli analisti militari. Tra territori conquistati e poi recuperati, paesi alleati, neutrali e ostili, ci si continua a chiedere quanto manca alla pace fra Ucraina e Russia. A giovarne sarebbero innanzitutto i popoli coinvolti, soprattutto la popolazione ucraina, ma anche tutti gli altri. L’ex segretario Usa, Henry Kissinger, ha dichiarato una previsione che lascia buone speranze.
La pace tra Ucraina e Russia grazie alla Cina, la previsione dell’ex segretario statunitense
Henry Kissinger, ex segretario di Stato americano, è tornato a discutere della guerra in Ucraina, lasciando ai microfoni della Cbs una previsione ricca di speranza. Secondo l’esperto diplomatico, infatti, il conflitto potrebbe terminare entro la fine di quest’anno attraverso dei negoziati.
Già l’anno scorso, Kissinger aveva peraltro indicato come soluzione la mediazione diplomatica di una grande potenza come la Cina, il modo migliore per ottenere finalmente la pace. Ecco che, ora che la Cina è realmente entrata nel negoziato ci sono buone speranze che l’accordo si perfezioni entro quest’anno.
Kissinger aveva già avvertito che la pace tra Ucraina e Russia ottenuta dai negoziati potrebbe difficilmente includere anche la restituzione dei territori conquistati da Mosca in questi mesi, anche se una conferma in questo senso si potrà avere soltanto durante l’effettiva trattativa. Putin, peraltro, durante l’incontro di marzo con Xi Jinping si era detto disponibile ai negoziati, tanto che diversi paesi hanno confidato nell’intervento della Cina per mettere fine al conflitto. Fino ad ora, tuttavia, Pechino è rimasta sostanzialmente neutrale.
Le sorti della guerra nelle mani della Cina?
Anche il Presidente francese Emmanuel Macron ha riposto fiducia alla Cina sulla decisività dell’intervento nel conflitto, predisponendo un colloquio con il ministro degli Affari esteri cinese Wang Yi. L’ex segretario Kissinger, comunque, si è detto disponibile a parlare direttamente con Putin, anche se ricoprirebbe puramente il ruolo di consigliere.
Ad ogni modo, le parole di Kissinger hanno destato non poco stupore, considerando il tono delle sue prime dichiarazioni e il contrasto fra i suoi interventi e le politiche attuate dalle amministrazioni statunitensi. Kissinger ha fin dall’inizio criticato le politiche espansionistiche con cui la Nato si è allungata ad Est, attribuendo loro la causa del deterioramento dei rapporti fra la Federazione Russa e il Patto Atlantico. In effetti, si tratta di uno dei motivi che avrebbero scatenato l’invasione russa, secondo quanto dichiarato dal Presidente Putin.
Kissinger, tuttavia, ha ammesso di aver compiuto un errore di valutazione nel conflitto, motivo per cui sollecita l’ammissione dell’Ucraina fra i paesi dell’Alleanza una volta che sarà terminato il conflitto. Bisogna comunque ricordare che il piano condiviso dalla Cina in occasione dell’anniversario dell’invasione resta comunque piuttosto equamente moderato. I 12 punti contenuti nel documento, infatti, riguardano i diritti di entrambe le parti coinvolte nel conflitto, compresa la richiesta di evitare il nucleare e la protezione dei civili.
È anche vero, che Pechino intende impegnarsi nella promozione della pace e nel dialogo fra Russia e Ucraina, in nome di “neutralità e imparzialità”, oltre a richiedere lo stop delle sanzioni unilaterali. Allo stesso tempo, il piano cinese riguarda anche le questioni economiche e le esportazioni. È evidente che la Cina ha ben calibrato gli interessi contrastanti che la riguardano, dichiarando di rispondere alla crisi umanitaria senza inutile politicizzazione.
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