Nel 2024 è ancora possibile chiedere il rimborso della Tari? Vediamo in quali casi il rimborso di quanto già versato spetta.
Come si chiede il rimborso Tari nel 2024, in quali casi di può chiedere a chi spetta? Non tutti i Comuni hanno ancora provveduto a notificare i bollettini per versare la Tari quest’anno e l’unica scadenza certa dell’imposta, al momento, appare quella di fine anno. Entro la fine di ogni anno, infatti, a prescindere dalle rate in cui il pagamento è suddiviso, l’intera Tari dovuta deve essere versata.
Tutti i cittadini sono chiamati a pagare la tassa sui rifiuti, ovvero un tributo dovuto per sostenere i costi del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti. Si tratta di un balzello con il quale il Comune non deve fare cassa, ma deve rientrare solo dei costi che sostiene. A pagare questo tributo sono tutti coloro che detengono, a qualsiasi titolo, locali o aree che possano produrre rifiuti.
La Tari, come detto è una tassa. A differenza delle imposte, che consistono in un prelievo coattivo da parte di un Ente impositore non connesso a una prestazione specifica, le tasse vengono versate dai contribuenti in cambio di specifici servizi.
Proprio perché si tratta di una tassa, per la Tari, in caso di disservizi i contribuenti possono richiedere, avendone diritto, un rimborso su quanto pagato. Perché le tasse, appunto, si versano in cambio proprio di servizi.
Vediamo quali sono i presupposti nel caso della Tari e come si richiede il rimborso.
Rimborso Tari 2024: quando spetta e a chi
Il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti non è tra quelli per cui l’Italia brilla in modo particolare, ed è soprattutto durante il periodo estivo che i livelli di disservizio raggiungono il limite dell’emergenza sanitaria, soprattutto nelle grandi città. Il principio secondo cui si ha diritto a uno sconto sulla Tari in caso di disservizio è sancito dalla legge 147/2013, secondo la quale nel momento in cui il servizio viene interrotto causando danni o pericolo alle persone o all’ambiente, il cittadino può pagare solo il 20% della tassa sui rifiuti, presentando una certificazione Asl sul pericolo di salute pubblica.
La legge, quindi, sancisce il diritto del cittadino di avere una riduzione dell’80% sulla tassa dei rifiuti se il servizio del Comune è scadente.
Inoltre, al comma 676/677 la legge stabilisce che chi ha il punto di raccolta dei rifiuti troppo lontano da casa ha diritto a uno sconto sulla Tari fino al 40%.
Come chiedere il rimborso Tari per disservizio
La Tari è un tributo disciplinato su base locale, quindi le richieste di rimborso vanno fatte direttamente al comune di appartenenza. Nello specifico, per richiedere riduzioni, sconti e i rimborsi sul pagamento della Tari si possono seguire due procedure:
- collegarsi al sito del proprio Comune e compilare l’apposito modello di domanda;
- rivolgersi direttamente allo sportello degli uffici comunali.
È bene anche ricordare che chi non paga la Tari o effettua il versamento in ritardo va incontro alle sanzioni. La sanzione applicata di solito è pari al 30% dell’imposta o della tassa dovuta. Se il pagamento avviene dopo soli 10 giorni di ritardo, la sanzione verrà ridotta seguendo le regole del ravvedimento operoso:
- riduzione alla metà poiché il pagamento è avvenuto entro 90 giorni, per esempio da 30 euro si passa a 15;
- riduzione di 1/15 poiché il pagamento è avvenuto entro 15 giorni, quindi continuando il precedente esempio, da 15 euro si passa a 1 euro.
Discorso diverso se, invece, la Tari non viene pagata del tutto. In questo caso, infatti, le conseguenze diventano più gravi della semplice sanzione amministrativa, in base all’importo non pagato.
Se l’importo complessivo di Tari non pagata supera i 30.000 euro si sfocia nel reato di evasione fiscale, per il quale si rischia la detenzione, mentre sotto i 30.000 euro rimane “solo” illecito tributario.
Rimborso Tari, in quali casi?
Il rimborso della tassa sui rifiuti non spetta solo in caso di disservizio, ma può chiederlo anche chi ha la certezza di aver pagato più del dovuto. Come capire se si è versato il giusto o di più?
Solitamente la Tari si calcola sommando una quota variabile a quella fissa. La quota fissa, solitamente, è data dalla grandezza dell’immobile e dal numero di persone che lo occupano: più un locale è grande e più produce rifiuti. Allo stesso tempo, più persone vivono nell’immobile e maggiore è il peso dei rifiuti prodotti. La quota variabile, invece, si calcola solo tenendo conto del numero di occupanti. La cosa importante, inoltre, è che la quota variabile deve essere presente solo per l’abitazione principale, non per le sue pertinenze.
In caso di somme versate e non dovute, il contribuente ha 5 anni di tempo dal giorno dell’avvenuto versamento, per chiedere il rimborso di quanto maggiormente versato. Solitamente, quando si presenta una domanda di rimborso, il Comune dovrebbe provvedere alla sua liquidazione entro 180 giorni.
Il Comune, però, potrebbe anche rispondere con un diniego all’istanza presentata dal cittadino. In questo caso, se si pensa di aver ragione e di aver versato più del dovuto, è possibile fare ricorso alla Commissione tributaria provinciale entro 60 giorni dalla ricezione del diniego allegando anche gli avvisi di pagamento Tari (visto che contengono i dati principali per calcolare l’importo dovuto).
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