Dopo la proposta di legge sui crediti deteriorati, molti si chiedono se lo Stato acquisterà davvero i crediti deteriorati e chi potrà trarne vantaggio.
Cosa vuol dire che lo Stato potrebbe presto acquistare i crediti deteriorati di famiglie e imprese? Perché se ne parla in questo momento?
La scelta della BCE di alzare il costo del denaro ha avuto (e continuerà ad avere) effetti diretti su coloro che hanno stipulato un mutuo, o hanno intenzione di farlo, infatti sono aumentati in modo notevole i tassi di interesse e di conseguenza gli importi delle rate. Il Governo cerca di porre un argine a questo problema.
Il primo passo è stato fatto con l’introduzione della tassazione sugli extra-profitti, il ricavo di questa imposta infatti andrà in parte ad aiutare le famiglie che si trovano a pagare importi delle rate del mutuo elevati. La seconda proposta, ora al vaglio, riguarda il recupero dei crediti deteriorati.
L’idea è quella di permettere ai debitori inadempienti negli anni compresi tra il 2015 e il 2018, i cui debiti ( anche definiti crediti deteriorati) siano stati venduti dalle banche a intermediari a prezzi inferiori rispetto al valore del debito iniziale, di liberarsi pagando una somma più bassa rispetto al credito esigibile dall’intermediario.
Naturalmente questo sta generando allarme tra gli intermediari che hanno acquistato tali crediti e tra le banche che con questa proposta rischiano di vedere il mercato dei crediti deteriorati perdere valore.
Ma quando si parla di mercato di crediti deteriorati, esattamente di cosa si sta parlando? Come funziona? La proposta del Governo può realmente aiutare i debitori in difficoltà?
Cos’è il mercato dei crediti deteriorati?
I crediti deteriorati sono anche definiti NPL (non performing loans) e sono ora al centro dell’attenzione di economisti, famiglie e imprese perché c’è una proposta del Governo che li prende di mira.
In base alle dichiarazioni del ministro dell’Industria, Urso, la proposta di legge mira a
far rientrare il maggior numero possibile di mutuatari - persone e aziende - dai crediti in default, a pagare debiti precedenti e a farli tornare al lavoro.
Inoltre punta a evitare un eccesso di speculazione attuato dagli intermediari che, secondo l’opinione del Ministro, approfittano di un momento di debolezza degli istituti bancari. Questi, infatti, per fare cassa, svendono i loro crediti deteriorati creando però un elevato guadagno per gli intermediari che hanno effettuato l’acquisto.
Perché le banche vendono i crediti deteriorati?
Obiettivo principale delle banche è fornire denaro in prestito e detenere depositi, cassette di sicurezza, fungere da intermediari in operazioni finanziarie e su tali attività guadagnano. Ulteriori guadagni derivano dai conti corrente e dalle operazioni effettuate tramite essi, le classiche movimentazioni di denaro.
Nel momento in cui dei soggetti che hanno richiesto denaro in prestito non rientrano del debito, cioè non pagano le rate del mutuo o del prestito, per la banca viene meno la liquidità con perdita di capitale e interessi.
Con il tempo tali crediti diventano sempre più difficili da recuperare perché tendenzialmente chi accumula ritardi ha dei problemi economici. In questi casi diventa impossibile anche procedere al pignoramento di una quota dello stipendio o mettere in atto ulteriori procedure esecutive che potrebbero essere infruttuose, sebbene costose.
Visto che l’obiettivo principale delle banche non è porre in essere azioni esecutive (hanno un costo e richiedono la disponibilità di personale specializzato nel recupero crediti), possono decidere di vendere questi crediti, naturalmente a un prezzo inferiore al loro valore.
In questo modo, anche se hanno perdite, recuperano della liquidità che può essere importante soprattutto se la banca si trova in difficoltà e vuole continuare a essere operativa.
I crediti vengono venduti a intermediari la cui specializzazione è proprio nel recupero crediti, questi naturalmente cercheranno di maturare un valore superiore rispetto al prezzo di acquisto.
È la singola banca a scegliere per quali clienti attuare questo meccanismo che porta benefici anche al debitore, che potrà liberarsi pagando una somma all’intermediario inferiore rispetto al debito effettivamente accumulato.
Cosa prevede la proposta di acquisto dei crediti deteriorati dallo Stato?
In base alla proposta di legge depositata in Commissione e inerente i crediti deteriorati, NPL, lo Stato vorrebbe concedere ai debitori di ripagare i propri debiti deteriorati e venduti a intermediari versando un importo fissato dallo Stato. A scapito quindi dei tentativi di recupero dell’intermediario che ha comprato quel credito, infatti uno degli obiettivi della norma sarebbe fermare la speculazione sulla vendita dei crediti.
La proposta prevede che possano beneficiare di questa soluzione i debitori il cui debito sia stato ceduto a intermediari finanziari entro la fine del 2022, di valore non superiore a 25 milioni di euro e fissati come inadempimenti tra il 2015 e il 2018.
Perché molti economisti criticano la scelta del Governo sui crediti deteriorati?
Già da questa prima definizione molti ritengono che si creerebbe una discriminazione tra i debitori i cui crediti sono stati venduti e che beneficerebbero di questa proposta e gli altri debitori che magari hanno la stessa difficoltà economica, ma il cui credito non sia stato venduto e che quindi potrebbero subire esecuzioni particolarmente pesanti, ad esempio su immobili ipotecati.
Molti ritengono inoltre che questo potrebbe creare problemi alle banche che avrebbero maggiori difficoltà, vista l’incertezza delle norme, a vendere i crediti deteriorati.
Tale difficoltà potrebbe portare le banche a stringere i cordoni del credito, quindi chiedere maggiori garanzie (visto che poi difficilmente riusciranno a vendere i crediti maturati e difficili da esigere), inoltre gli istituti bancari potrebbero decidere di aumentare il costo di mutui e prestiti. Insomma la proposta, secondo molti, potrebbe attivare una spirale di conseguenze a catena che andrebbero a ricadere comunque su famiglie e imprese.
Tanti inoltre ritengono sia un’ulteriore difficoltà per le banche che dovranno far fronte anche ai minori introiti che arriveranno dalla parificazione dei costi tra bonifici istantanei e ordinari.
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