I giovani sempre più a rischio precarietà non solo lavorativa ma anche abitativa. L’allarme nelle grandi città diventa emergenza nazionale con l’aumento dei tassi e lo stop ai mutui.
Prestiti impossibili per i giovani bloccano l’organizzazione di un futuro, la creazione di una famiglia e la stabilizzazione in città come Roma o Milano. Oggi neanche chi ha il privilegio di uno stipendio di oltre 2.000 euro al mese si può permettere di pagare un mutuo per una casa e così i giovani rimangono in un limbo della precarietà abitativa, tra affitti di locazioni imbarazzanti per metri quadri o qualità e l’impossibilità, persino a quarant’anni, di stabilirsi e mettere su famiglia. Si presenta così un’emergenza nazionale abitativa condita da spopolamento delle aree interne, difficoltà a pagare l’affitto nelle periferie e nei centri e l’espulsione obbligata dalle grandi città per via del costo della vita troppo alto.
Con lo stop a mutui e prestiti per i più giovani la stabilità diventa un miracolo che neanche chi ha il privilegio di uno stipendio alto e una famiglia alle spalle riesce più a immaginare. Località turistiche e capoluoghi del Centro e del Nord hanno una media di accessibilità, cioè la percentuale del reddito di una famiglia necessaria a pagare un mutuo, superiore a 30 (e 30 è un peso eccessivo) che impedisce l’accesso al muto. Luca Dondi, amministratore delegato di Nomisma, parla infatti di “emergenza”, perché c’è una fascia sempre più ampia di popolazione esclusa dal mercato della compravendita e della locazione in affitto.
Il costo della vita è aumentato ovunque sì, ma meno che in altre città europee. Il vero dramma alla base della crisi abitativa sono le buste paga ferme da trent’anni ed erose dall’inflazione. Dal 2015 al 2021 i prezzi di vendita e affitto delle case a Milano sono saliti tra il 25 e il 30% e i salari soltanto del 7%; così insieme alla perdita di potere d’acquisto diminuisce anche la metratura acquistabile o affittabile. Oggi chi guadagna circa 1.550 euro al mese può al massimo affittarsi un posto letto a Milano, ma nelle altre città d’Italia non va meglio.
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I giovani al centro dell’emergenza abitativa: dove la casa è un miracolo
Chi ha una casa di proprietà in Italia nel 2023? Gli over 65 sono la fascia d’età con la più alta percentuale di case di proprietà, una percentuale destinata a decrescere insieme all’età. E se può apparire normale nel contesto italiano, meno normale è che giovani coppie tra i 30 e i 40 anni con un buon stipendio non riescano a chiedere il mutuo per una casa dove mettere su famiglia.
L’indice di accessibilità di una famiglia per accedere a un muto e comprare casa dovrebbe aggirarsi intorno a 15 in Italia, ma è scorporando i dati della media che si scoprono luoghi nei quali il valore è oltre 30. Alcune località sono inaccessibili anche per chi ha un lavoro e un stipendio medio-alto. Per esempio nelle località turistiche o nei capoluoghi del Centro e del Nord l’indice di accessibilità è:
- 33 a Roma;
- 35 a Milano;
- 34 a Bologna;
- 41 a Firenze;
- 47 a Napoli.
In altre parole una fascia sempre più grande di popolazione viene esclusa dalla compravendita e dalla possibilità di locazione e abitazione. Nei prossimi mesi la Banca Centrale Europea stringerà ancora la cinghia e i tassi dei mutui aumenteranno, rendendo la condizione dei giovani in Italia ancora più precaria.
Città tra lavoro e precarietà abitative: lo squilibrio delle richieste
L’emergenza abitativa è il nodo di diversi problemi del mercato lavorativo e abitativo. Non c’è soltanto l’aumento dei tassi dei mutui a pesare sulla scelta di un acquisto e non c’è soltanto la crisi delle buste paghe che non bilanciano l’aumento del costo della vita. Alcune città vivono un fenomeno di richiamo a fini lavorativi che non è ben equilibrato con la disponibilità abitativa. Non c’è soltanto l’assenza di adeguati posti di locazione a dettare il ritmo dell’emergenza, ma anche un aumento del costo al metro quadro che non si specchia in un aumento degli stipendi.
La perdita del potere d’acquisto diventa quindi perdita di potere d’acquisto immobiliare e se nel 2015 uno stipendio medio permetteva l’acquisto di 37 metri quadri o l’affitto di 64 metri quadri, nel 2021 entrambi i valori sono scesi rispettivamente a 30 e 51 metri quadri. Metri quadri che, con uno stipendio di 1.550 euro al mese scendono ulteriormente da 19 a 15 metri quadri per locazioni nuove e da 33 a 25 metri quadri per quelle da ristrutturare o in affitto.
La disuguaglianza si manifesta al metro quadro, ma soprattutto tra chi ha una casa e chi non ce l’ha, tra chi ha una casa in città e chi ne ha una in periferia. Una disuguaglianza che fa male al futuro, al futuro demografico, economico e lavorativo del Paese.
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