Come cambia il mondo del lavoro con lo sviluppo di strumenti no-code, quali opportunità e quali problemi?
Viviamo nell’epoca dello stacanovismo, del “fake it till you make it”, delle startup fondate da giovanissimi in cerca di affermazione. In un mondo così globalizzato, interconnesso, la concorrenza è ai massimi livelli.
Eppure ciò non sembra fermare l’imprenditoria, anzi, questo perché le barriere di ingresso - che un tempo impedivano lo sviluppo di un’idea a chi non fosse armato di una buona dose di capitale, e conoscenze - vengono sempre più demolite; a oggi, pressoché chiunque armato di un portatile, una connessione ad internet e tanta buona volontà è in grado di concepire il proprio business dalla propria scrivania.
Lo sviluppo dei cosiddetti tools “no-code” gioca un ruolo importantissimo nell’equazione del successo dell’imprenditore moderno: infatti, questi permettono anche ai meno avvezzi alla programmazione di creare applicativi più o meno complessi; può trattarsi di applicazioni per smartphone, siti web, o automazioni in grado sostituire lavoro un tempo prettamente manuale.
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Secondo Forrester Research, il movimento no-code & low-code nel 2022 vale $21 Miliardi, con una crescita annuale che sfiora il 40%.
Le potenzialità degli strumenti no-code sono ben più ampie di quanto traspaia l’occhio, e permettono di alleggerire il carico di lavoro agli sviluppatori in diversi settori:
- A uso interno: i reparti di risorse umane e logistica, ma non solo, ne saranno entusiasti. Tools come AirTable e ClickUP permettono anche ai meno di esperti di creare con facilità databases, forms, e gestire un flusso di lavoro in maniera ordinata e trasparente verso i membri dell’organizzazione.
- *A uso esterno: strumenti come OutSystems o Microsoft Power Apps consentono di creare da zero soluzioni sofisticate che garantiscano una User Experience degna di nota, senza tralasciare la sicurezza. - Rimpiazzare applicativi obsoleti: più è grande l’organizzazione, più è probabile che negli anni si vadano ad accumulare soluzioni un tempo utili e di uso comune all’interno dell’azienda, ma che col tempo - complice anche lo sviluppo tecnologico - sono cadute nel dimenticatoio. I tools no-code consentono di aggiornare queste applicazioni utilizzando tecnologie all’avanguardia, ma senza dover mobilitare l’intero team di sviluppo.
La filosofia no-code può farci risparmiare tempo, risorse, e accelerare sensibilmente la crescita delle piccole imprese che non dispongono ancora di un team IT dimensionato o formato adeguatamente. In maniera simile al dibattito che coinvolge copywriters e Intelligenza Artificiale, è lecito chiedersi: “Questi tools andranno a sostituire la figura dello sviluppatore? O la sua figura si evolverà, trovando ugualmente posto nel panorama IT del futuro?”.
In un questionario svolto da Evans Data Corp, il 29% degli sviluppatori si è detto preoccupato di poter essere sostituito, in futuro, da un’Intelligenza Artificiale.
Uno sguardo più approfondito ci dimostra come una metodologia no-code venga sì adottata nelle fasi iniziali di progetto, ma mano a mano che la complessità e le features necessarie aumentano è consuetudine iniziare a personalizzare il codice utilizzato, cucendolo su misura rispetto alle specifiche di progetto, cosa che anche il migliore tool no-code non è ancora in grado di fare.
La realtà è che la figura dello sviluppatore è di vitale importanza oggi, e lo sarà anche negli anni a venire; la strada maestra da seguire, come suggerì Stephen Hawking, è quella della cooperazione uomo-macchina che garantisca un maggiore benessere alla specie umana, dove questa possa espandere la sua conoscenza e le sue capacità grazie alla tecnologia, piuttosto che trovare in essa un nuovo nemico da combattere.
Nonostante le preoccupazioni, più che lecite, che attualmente gravitano attorno a questa tipologia di innovazioni, i benefici sono tangibili. Come accennato prima, questa tecnologia può accelerare e facilitare la crescita di piccole e medie imprese — notoriamente la spina dorsale del tessuto imprenditoriale Italiano — diminuendo considerevolmente alcuni dei costi di avviamento relativi alla componente IT.
Se prima era fondamentale assemblare un team per ambire al successo, oggi la scena imprenditoriale è costellata di successi degli “Indie Hackers”, creativi indipendenti, che creano e sviluppano realtà lavorando da soli rimuovendo un datore di lavoro tra loro e il cliente finale; in terminologia nostrana, li definiremmo lavoratori autonomi particolarmente tecnologici. Queste figure curano tutte (o quasi) le fasi del processo, e nonostante un sistema simile garantisca flessibilità e dinamismo, viene da chiedersi: “come può un individuo possedere tutte le competenze necessarie?”
Una parte della risposta dobbiamo ricercarla nell’accessibilità odierna all’istruzione, e alla conoscenza più in generale. Chiunque al giorno d’oggi può acquisire le competenze necessarie ad avviare un’impresa: requisiti legali, fiscalità, marketing, comunicazione, pianificazione; chiaramente senza tralasciare la parte più importante ovvero il core-business, il prodotto/servizio che l’impresa si prefigge di offrire ai suoi clienti.
Sono sempre più numerose le community dove questa nicchia di imprenditori si riunisce, Indie Hackers primeggia tra le tante: qui sarà possibile conoscere altri Indie Hackers, con cui scambiare idee e consigli; forse ancora più interessante è la sezione dedicata ai prodotti, dove potremo osservare con massima trasparenza (introiti inclusi) il progresso di innumerevoli startup che condividono con una buona dose di pensiero critico la strada percorsa dalla loro genesi.
Altra realtà molto conosciuta è Product Hunt, hub a 360° su startup e prodotti innovativi che conta una base di utenti che si aggira intorno ai 5 milioni di appassionati; simile sotto certi aspetti a Indie Hackers, ma dal tono più istituzionale.
Se invece sì è alla ricerca di un vero e proprio marketplace per acquisire microimprese, MicroAcquire è la soluzione più adatta: la piattaforma cura il processo di acquisizione dall’inizio alla fine, consentendo di completare la procedura in 30 giorni.
Non soltanto startup intenzionate a sbarcare il lunario però; gli applicativi no-code sono in grado di cambiare il mondo anche grazie a iniziative no-profit come Ukraine Live Aid, dashboard interattiva che ha permesso la raccolta di beni di prima necessità per i rifugiati ucraini.
Il sito web è stato sviluppato interamente grazie a Microsoft Power Apps, una suite sviluppata dalla casa madre di Windows — contiene strumenti adatti sia a principianti che a professionisti e abbraccia la filosofia del no-code / low-code, questo dona all’utente enorme flessibilità grazie alla possibilità di programmare in maniera semplice tramite interfaccia grafica, e se necessario di personalizzare le funzioni scelte nei minimi dettagli tramite codice proprietario.
L’applicazione delle metodologie no-code spazia tra gli ambiti più disparati, degno di menzione è anche Scratch: un linguaggio di programmazione nato dalla collaborazione tra l’MIT di Boston e Google, permette anche ai piccolissimi di approcciarsi al coding e scatenare la propria immaginazione tramite la programmazione a blocchi.
Insomma, sembra che la programmazione abbia tutti i presupposti per entrare a far parte delle competenze trasversali richieste all’uomo moderno del domani.
Concludendo, la programmazione e l’interazione uomo-macchina è e sarà un pilastro fondamentale del ventunesimo secolo: e quando un cambiamento diventa inevitabile, bisogna adoperarsi per abbracciare il nuovo senza farsi travolgere da esso.
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