Tassi Fed, previsioni riunione 19 marzo. Per Powell più ansia con Trump

Laura Naka Antonelli

17 Marzo 2025 - 15:30

Countdown al grande market mover di questa settimana. Powell soccorrerà l’economia USA e Wall Street tornando a tagliare i tassi? Se sì, subito o bisognerà attendere?

Tassi Fed, previsioni riunione 19 marzo. Per Powell più ansia con Trump

La prossima riunione della Fed è ormai alle porte, la decisione sui tassi di interesse USA si avvicina: quali sono le previsioni sulla prossima mossa di politica monetaria che sarà annunciata dalla Banca centrale americana guidata da Jerome Powell?

Il FOMC, il braccio di politica monetaria della Federal Reserve, si riunirà domani, martedì 18 marzo, per annunciare la decisione sui tassi dopodomani, mercoledì 19 marzo 2025, quando il verdetto verrà sfornato alle 20 ora italiana.

Tassi Fed, verdetto vicino insieme a nuove previsioni PIL-inflazione USA e al dot plot

Alle 20.30 ora italiana di dopodomani mercoledì 19 marzo 2025, mezz’ora dopo l’annuncio sui tassi sui fed funds, prenderà il via la conferenza stampa che vedrà il presidente dell’istituzione Jerome Powell rispondere alle domande che gli verranno poste dai giornalisti. Domande che riguarderanno inevitabilmente i suoi rapporti con il presidente americano Donald Trump ma stavolta soprattutto le nuove proiezioni degli economisti che saranno annunciate dalla banca centrale.

Così come nel caso dell’ultima riunione della BCE dello scorso 6 marzo, quando lo staff dell’Eurotower ha diffuso le nuove previsioni sul trend del PIL e dell’inflazione dell’area euro, la Federal Reserve presenterà dopodomani 19 marzo 2025 il nuovo outlook sull’andamento dell’economia e dei prezzi negli Stati Uniti.

A essere pubblicato sarà inoltre il documento tra i più attesi con trepidazione a Wall Street: il dot plot, ovvero il grafico a punti da cui sarà possibile apprendere il trend dei tassi sui fed funds USA stimato da ciascun esponente del Federal Open Market Committee (FOMC).

Vale la pena ricordare che il FOMC è composto da 12 esponenti, di cui 7 esponenti del Board of Governors della Fed; dal presidente della Federal Reserve Bank of New York, e da quattro degli altri 11 presidenti della Federal Reserve dei 12 distretti, che ricoprono il ruolo di esponenti del FOMC per un anno, a rotazione.

Secondo il consensus degli analisti, i tassi sui fed funds USA verranno lasciati invariati per la seconda volta consecutiva dall’ultima riunione del 29 gennaio scorso, quando Powell ha fatto di testa sua, facendo esplodere per l’ennesima volta l’ira del presidente americano Donald Trump, prontamente manifestata con il post di turno pubblicato sui social. In quella occasione, la Fed ha lasciato i tassi di interesse USA invariati al range compreso tra il 4,25% e il 4,5%.

Il grande dubbio, così come nel caso della BCE di Christine Lagarde, è su quanto accadrà nelle riunioni successive del Consiglio.

Guardando alla riunione imminente, la divisione di ricerca di Goldman Sachs ha scritto di ritenere che “il FOMC probabilmente ribadirà che non ha fretta di attuare ulteriori tagli dei tassi di interesse e intende mantenere un atteggiamento attendista finché i cambiamenti di politica sotto la nuova amministrazione non diventeranno meno volatili e incerti e le prospettive non saranno più chiare”.

Fed, tutti i tagli dei tassi di Powell prima della frenata del primo atto del 2025

Vale la pena di ricordare che la Federal Reserve ha tagliato i tassi sui fed funds la prima volta in quattro anni - anni che hanno incluso la carrellata di rialzi varati in modo incessante nel 2022 e nel 2023, volti a sfiammare l’inflazione -, dopo essere rimasta ferma per più di un anno, nel mese di settembre 2024, con una sforbiciata maxi, pari a ben 50 punti base.

Un altro taglio dei tassi pari a -25 punti base è stato annunciato nel novembre 2024, immediatamente dopo la notizia della vittoria alle elezioni USA di Donald Trump.

Il terzo e per ora ultimo taglio dei tassi di questo ciclo di riduzioni del costo del denaro è arrivato nella riunione del FOMC di dicembre, l’ultima del 2024, che ha scatenato un vero e proprio bagno di sangue che ha colpito Wall Street e i Treasury, a causa di un dot plot che ha stroncato le speranze delle colombe, prevedendo non più quattro tagli nel corso del 2025, ma appena due.

Per la Fed equazione PIL-inflazione-tassi stravolta in pochi mesi con presidenza Trump

La situazione è difficile per tutti i banchieri centrali, costretti a fare i conti con più variabili: ma certo la posizione in cui versa Powell, già finito sotto attacco diverse volte dal presidente americano Donald Trump, è tra le più difficili, se si considera quanto, nell’arco degli ultimi mesi e ancora di più nelle ultime settimane, la narrativa predominante sui mercati sia stata totalmente stravolta.

Da Donald Trump presidente USA prossimo a dare una sferzata a un PIL USA di per sé già solido, facendolo crescere a un ritmo ancora più invidiabile e, così facendo, riaccendendo anche l’inflazione degli States, a un Donald Trump indifferente al crollo di Wall Street, fermo sostenitore di una politica commerciale imperniata sui dazi, al punto da sacrificare la stessa resilienza dell’economia americana, almeno nel breve periodo, all’altare della sua battaglia contro tutto il mondo. Tanto che è stato lui stesso a non escludere l’arrivo di una recessione negli Stati Uniti, circa una settimana fa, e a riportare in America il doppio incubo della recessione e della disoccupazione.

Oltre a Wall Street, assediata dai sell, va detto che non sono felici neanche i suoi amici miliardari, il suo braccio destro Elon Musk incluso visto, che dal suo insediamento alla Casa Bianca, hanno perso più di 200 miliardi di dollari di ricchezze.

Sicuramente, quell’effetto rialzista che la notizia della sua vittoria alle elezioni presidenziali USA del 5 novembre 2024 è stato del tutto azzerato, ma non solo: i buy sono stati letteralmente soppiantati dai sell, che hanno fatto precipitare in queste ultime sessioni il Nasdaq Composite e lo S&P 500 in fase di correzione, portando l’indice Dow Jones a soffrire la settimana peggiore dal 2023, esattamente dal mese della crisi delle banche negli Stati Uniti che riportò a Wall Street l’incubo del crac di Lehman Brothers e della crisi finanziaria globale che ne seguì.

A fronte di tutti questi accadimenti, il presidente della Fed Jerome Powell ha dovuto in qualche modo “resettare”, probabilmente, il modus operandi della politica monetaria che, altrettanto probabilmente, aveva in mente di impostare.

Da Trumpflation a Trumpcession, narrativa ribaltata e massacro a Wall Street

Se, subito dopo la notizia della vittoria di Trump alle elezioni USA l’equazione è stata la seguente: Trump=più crescita=più inflazione=rischio non solo che i tassi sui fed funds USA non venissero più tagliati, ma che addirittura venissero rialzati; in sostanza una situazione di Trumpflation, nelle ultime settimane l’equazione è diventata questa: Trump=tonfo Wall Street=più probabilità di recessione=Fed che forse sta sbagliando tutto e dovrebbe tornare a tagliare i tassi, dopo le tre sforbiciate annunciate da settembre fino a dicembre 2024 e il nulla di fatto del primo FOMC Day (FOMC braccio di politica monetaria della Federal Reserve).

Tanto che ora si parla di Trumpcession, ovvero di una recessione provocata da Trump, per la precisione dalla guerra commerciale aggressiva che la sua presidenza ha lanciato, praticamente, contro tutto il mondo, a colpi di dazi, contro economie che hanno reagito con contromisure e controffensive.

Le varie battaglie di questa guerra hanno scosso più volte i nervi di Wall Street, al punto che la capitalizzazione dello S&P 500 è crollata di più di 5 trilioni di dollari nell’arco di tre settimane appena. E al punto che gli analisti e gli economisti si sono già attivati per presentare ai loro rispettivi clienti uno scenario di crescita del PIL decisamente più deprimente: “I rapporti che abbiamo con i clienti indicano che la musica sta cambiando. Mentre molti ritengono che un discorso sulla recessione sia prematuro, i timori di una politica incerta da parte della nuova amministrazione Trump abbondano, e una ’tassa di incertezza’ sta colpendo le aspettative di crescita”, ha commentato Emmanuel Cau, strategist di Barclays, in una nota inviata ai clienti.

Alcuni dati macro hanno confermato inoltre l’erosione della fiducia da parte degli stessi consumatori americani, come è emerso dal sondaggio mensile sulle aspettative dei consumatori lanciato dalla Fed di New York, da cui è emerso lunedì scorso che “le famiglie hanno manifestato un maggiore pessimismo riguardo le loro condizioni finanziarie nell’anno a venire, nel mese di febbraio, così come le aspettative sulla disoccupazione, sull’incapacità di restituire i debiti e sull’accesso al credito hanno subìto un forte deterioramento”.

Barclays ha letteralmente dimezzato l’outlook sulla performance del PIL USA nel corso del 2025 a un trend pari a +0,5%, mentre la scorsa settimana gli analisti di Goldman Sachs hanno abbassato le loro stime sul trend del prodotto interno lordo USA da una crescita precedentemente attesa pari a +2,4% alla previsione di un ritmo di espansione pari a +1,7%.

Il massacro andato in scena a Wall Street inevitabilmente ha contribuito ad aumentare il senso di sfiducia degli americani che hanno visto il valore dei loro investimenti ridursi, in alcuni casi in modo drammatico.

Quindi? Quindi ora c’è qualcuno che parla addirittura di una Fed put, ovvero di una banca centrale americana pronta a soccorrere in primis l’economia degli Stati Uniti e, dunque, a tagliare i tassi di interesse al fine di prevenire una recessione, soprattutto dopo gli ultimi indicatori macro diffusi la scorsa settimana, che hanno smorzato i timori relativi a un possibile surriscaldamento dell’inflazione - che avevano tenuto banco a partire dalla vittoria di Trump all’Election Day -, alimentando piuttosto la paura di un considerevole dietrofront della propensione a fare shopping da parte dei consumatori.

Tuttavia, altri ricordano che, sebbene non preoccupante come quanto si temesse, l’inflazione continua a viaggiare a un valore decisamente superiore al target del 2% della Fed, e non di poco. Dunque? Dunque Powell per ora ha davvero pochi elementi per capire con certezza come muoversi, perchè rischia di peggiorare la situazione qualsiasi cosa faccia, a causa delle troppe incognite che potranno essere risolte solo quando si potrà calcolare in modo più preciso il danno all’economia che l’imposizione a raffica dei dazi sul mondo da parte di Trump potrà essere individuato.

PIL, inflazione e tassi USA: le previsioni di Goldman Sachs in attesa del Fed Day

Riguardo alle previsioni economiche sul PIL e sull’inflazione degli Stati Uniti che saranno pubblicate dalla Fed, gli analisti di Goldman Sachs prevedono una revisione al rialzo di 0,3 punti percentuali delle stime sull’inflazione misurata dall’indice PCE core, nel 2025, al 2,8%, e un downgrade di 0,3 punti percentuali dell’outlook sul PIL USA relativo al 2025, a una crescita pari a +1,8%.

Le nuove stime di Goldman Sachs tengono in considerazione le conseguenze dei dazi annunciati e imposti finora dall’amministrazione di Donald Trump.

Per gli esperti del colosso di Wall Street, sia l’incertezza sulla politica che la probabilità di dazi e di una inflazione più elevati dovrebbero in teoria abbassare le attese sui tagli dei tassi di interesse formulate dagli esponenti del FOMC, in base a quanto emerge dall’ultimo dot plot di due sforbiciate nel corso del 2025; tuttavia, la Fed preferirà (forse anche per non scatenare un’ondata di sell off a catena su Wall Street) che il dot plot continui a presentare ancora la prospettiva di due riduzioni dei tassi nel corso dell’anno.

“Noi prevediamo che per il 2026 e il 2027 il dot plot rimarrà invariato, in media, prevedendo così tagli al 3,875%, 3,375%, 3,125% rispettivamente nel 2025, 2026, 2027”.

Il tasso di interesse neutrale o di più lungo termine inciso nel dot plot dovrebbe secondo Goldman Sachs continuare a puntare verso l’alto, attestandosi in un range compreso tra il 3% e il 3,125%

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