L’usucapione tra parenti non segue le regole ordinarie ed è anzi molto difficile da realizzarsi. Ecco in quali casi è possibile e quando, invece, non si può reclamare il possesso.
L’usucapione tra parenti è molto difficile da realizzarsi, proprio perché la legge tiene in considerazione le particolari dinamiche che intervengono in presenza di rapporti familiari e affettivi e tutela i proprietari. Il motivo per cui esiste l’istituto dell’usucapione, infatti, è quello di eliminare l’incertezza sulla titolarità dei beni e incentivarne il loro utilizzo, anche a favore della società e dell’economia.
Questo significa che in mancanza di incertezza e disinteresse non si può concretizzare l’usucapione, che non è un istituto finalizzato all’acquisto gratuito dei beni ma, per l’appunto, alla certezza e funzionalità dei rapporti giuridici. Per capire in quali casi è possibile l’usucapione tra parenti – che è difficile ma non impossibile – bisogna quindi anche approfondire il suo funzionamento e i suoi limiti.
Usucapione tra parenti, la presunzione di tolleranza
Uno degli elementi chiave dell’usucapione è la presenza di una persona diversa dal proprietario che utilizza il bene come se fosse proprio, senza nasconderlo al titolare legittimo, il quale non se ne cura (il tutto per il periodo di tempo e le modalità stabilite dalla legge per immobili e beni mobili).
Sapendo questo è anche evidente l’ostacolo principale all’usucapione tra parenti. Come naturale abitudine e consuetudine, infatti, i familiari possono concedersi tra loro l’utilizzo dei beni, anche in maniera esclusiva, per spirito affettivo e generosità.
Per esempio, il genitore che lascia vivere il figlio in uno dei suoi appartamenti senza pretendere nulla in cambio non si sta – di norma – disinteressando del bene in sua proprietà, ma sta semplicemente facendo un favore al figlio, il quale potrebbe anche comportarsi come proprietario. Non sarebbe quindi corretto permettere al figlio di espropriare il padre dell’immobile, privandolo di un bene nonostante la generosità dimostrata.
Questo esempio pratico aiuta a comprendere la presunzione di legge secondo cui nei rapporti tra parenti vige il principio di tolleranza. Si parte, cioè, dal presupposto che sia comune lasciare che un parente usi un proprio bene per semplice tolleranza e non per disinteresse, venendo così a mancare uno dei requisiti per l’usucapione.
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In quali casi è possibile l’usucapione tra parenti
La presunzione di tolleranza, per la sua natura stessa di presunzione, può essere superata. Molto semplicemente questo significa che in caso di giudizio si parte dal presupposto di tolleranza, ma la parti interessata può provare diversamente. Di conseguenza, l’usucapione tra parenti è possibile soltanto quando il presunto usucapiente può provare che ha mantenuto il possesso del bene con il disinteresse del proprietario, altrimenti si presume che quest’ultimo abbia consentito l’utilizzo per semplice tolleranza e si tutelano i suoi diritti di proprietà.
L’articolo 1144 del Codice civile, infatti, stabilisce che gli atti compiuti con la tolleranza altrui non sono adatti all’acquisto del possesso. In altre parole, sul possessore ricade l’onere della prova per completare l’usucapione, che si aggiunge alla documentazione di tutti gli altri requisiti richiesti da questo istituto.
Questo problema vale tanto per i beni in proprietà esclusiva del legittimo titolare, tanto per quelli in comproprietà (per esempio ricevuti in eredità). Oltre al possesso ininterrotto e pacifico, è necessario provare il disinteresse completo dell’altro. Farlo non è sempre semplice, ma si può richiamare in aiuto la nota dell’articolo 714 del Codice civile, secondo cui per l’usucapione del bene in comproprietà è necessario il possesso incompatibile con il godimento del bene altrui.
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Per esempio, su un immobile in comproprietà questo può essere rappresentato dal cambio di serratura, che impedisce di fatto l’accesso all’altro. Non è quindi sufficiente dimostrare il godimento esclusivo del bene, bensì serve provare il dominio esclusivo, cioè in contrasto e incompatibile rispetto a quello del proprietario. Tutto ciò deve avvenire senza che il proprietario si opponga o compia qualsiasi tipo di atto che ne riaffermi la titolarità.
Tornando all’ipotesi della casa prestata dal padre al figlio, si può definire una situazione idonea all’acquisto per usucapione quando il figlio ha vissuto nell’immobile abbandonato e trascurato dal padre, occupandosi dei lavori e della manutenzione straordinaria, magari cambiando le chiavi di casa, mentre il padre si è disinteressato completamente dell’immobile.
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