L’UE ha approvato il price cap sul prezzo del gas. Quanto ha pesato l’intervento italiano nella questione?
«L’accordo sul price cap sul gas è una vittoria italiana, un grande successo personale per il presidente del Consiglio, che si era impegnata sul tema al Consiglio europeo segnando una svolta, l’Europa ha cambiato passo», ha commentato con La Stampa il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, salutando il raggiungimento di un accordo in Europa sul tetto al prezzo del gas.
Era da più di nove mesi che il governo italiano, promotore di questa iniziativa, aspettava questo momento. Durante l’ultimo consiglio europeo di 5 giorni fa, la premier Giorgia Meloni aveva portato all’attenzione dei grandi d’Europa proprio questa questione, che ora finalmente sembra arrivata all’epilogo sperato.
«L’intesa sul price cap ribadisce la centralità e l’autorevolezza del governo Meloni in Europa e a livello internazionale. Un obiettivo raggiunto proprio grazie alla determinazione messa in campo dai nostri ministri e dal presidente Meloni in un momento in cui tutto sembrava far propendere per un fallimento. Ora invece famiglie e imprese potranno avvantaggiarsi di uno strumento importante contro il caro energia, che va ad aggiungersi alle significative risorse stanziate nella legge di Bilancio. La conferma di quanto questo governo sia attento alle esigenze dei ceti più in difficoltà e del futuro del nostro tessuto produttivo», ha detto il capogruppo di Fratelli d’Italia al Senato, Lucio Malan.
L’accordo prevede dal 15 febbraio un tetto massimo al prezzo del gas a 180 euro al megawattora, che entra in azione dopo tre giorni consecutivi di prezzo superiore a quella soglia (attualmente è intorno ai 130 euro) e, nello stesso tempo, la differenza di prezzo con il Gnl, il gas liquefatto, dovrà essere superiore a 35 euro. Il risultato è stato tutt’altro che semplice, stante la ferma opposizione di Germania, Olanda e Ungheria, che per ragioni differenti temevano contraccolpi da questa decisione.
La Russia ha reagito immediatamente, definendo la decisione una follia, e minacciando pronte reazioni. L’accordo non è stato raggiunto all’unanimità, perché ha ricevuto il voto contrario dell’Ungheria e l’astensione di Olanda e Austria.
Indubbiamente, questo risultato è un tassello di quella realpolitik portata avanti da Giorgia Meloni in Europa che vede un atteggiamento di stretta collaborazione tra governo e istituzioni europee.
Il risultato sul price cap, condiviso con il precedente governo Draghi, rappresenta l’ennesimo successo del governo italiano, dopo l’approvazione della minimum tax e del nuovo pacchetto di aiuti all’Ucraina deciso all’ultimo consiglio europeo.
In quel caso, infatti, come confermato anche dal ministro per gli Affari Europei Raffaele Fitto, la situazione si sarebbe sbloccata proprio grazie alla persuasività di Meloni nei confronti di Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria. La Polonia, infatti, ha rimosso il proprio veto sulla “global minimum tax”, la tassazione minima del 15% cui potranno essere sottoposte le multinazionali nel territorio dell’Unione, mentre il governo ungherese ha dato il via libera al pacchetto di aiuti per l’Ucraina.
Giorgia Meloni, approfittando di alcune situazioni contingenti favorevoli e del suo duplice ruolo di premier italiana e di presidente del gruppo di conservatori europei, sembra voler assurgere anche a un ruolo di rilievo a livello europeo e internazionale. La crisi di leadership europea, con Germania e Francia divise e indebolite da problemi interni, lascia ampi spazi a chi può invece vantare ancora un ampio consenso personale e contare su una solida maggioranza a sostenerla.
Lo scoppio del conflitto in Ucraina, con posizioni differenti in Europa, ha poi favorito chi ha subito condannato l’invasione russa. Ecco che davanti a Meloni sembra potersi aprire una strada verso il ruolo di guida a livello europeo per ridare quel rilievo internazionale, da tempo perso, al nostro Paese.
L’accordo sul gas, i cui effetti sulle bollette e sui risparmi dovranno comunque essere ancora valutati appieno, rappresenta perciò un successo dal punto di vista di immagine per il governo, che vede premiata questa nuova politica della mediazione e del dialogo. I colloqui tra Meloni e i principali leader mondiali, a cominciare da Biden e Xi Jinping al recente G20 di Bali, dimostrano che questo lavoro diplomatico ha sortito gli effetti sperati. Resta da vedere se questo nuovo ruolo potrà anche contribuire a dare una prima risposta condivisa sulla gestione dei flussi migratori.
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