Il Def gialloverde mette a nudo tutta la propaganda fatta nei mesi scorsi: non sarà un anno bellissimo, Lega e 5 Stelle dopo le europee dovranno affrontare una situazione drammatica senza avere la minima idea di cosa fare.
Nella boxe c’è una grande massima che dice “nel ring puoi girare intorno all’avversario quanto vuoi, ma prima o poi lo dovrai affrontare”. Il governo del cambiamento finora si è gonfiato il petto come un pavone forte del sostegno degli italiani, ma a breve dovrà fare i conti con la dura realtà dei fatti e per il Bel Paese saranno dolori.
A scrivere le parole The End alla stucchevole favoletta del “sarà un anno bellissimo” è stato il governo stesso, licenziando un Def 2019 dove candidamente si ammette che erano totalmente sballate tutte le previsioni economiche fatte nella legge di Bilancio.
Nonostante questo Lega e Movimento 5 Stelle pensano soltanto alla campagna elettorale delle elezioni europee di fine maggio, per portare più deputati possibile nella bambagia della tanto odiata Bruxelles dove ci sono le poltrone che contano, iniziando a ripetere il poco realistico mantra della Flat Tax.
A riportare tutti sul pianeta terra ci ha pensato il ministro Giovanni Tria “la Flat Tax è possibile solo aumentando l’Iva”, ma questa sciatteria con cui i due partiti di governo stanno affrontando le difficoltà economiche, ora ammesse anche da loro nel Def alla faccia dei “gufi”, non promette nulla di buono per quando passate le europee l’Italia sarà chiamata ad affrontare un mostruoso problema di bilancio.
Il Def come una Caporetto per il governo
In un momento in cui l’economia internazionale rallenta, con un debito pubblico tristemente da record e i consumi fermi al palo, il governo carioca ha scelto lo scorso autunno di imbastire una manovra espansiva.
Scelta legittima visto l’ampio consenso elettorale ricevuto, però nei fatti sono state mantenute soltanto una parte delle promesse contenute nel contratto di governo. Quota 100 e Reddito di Cittadinanza sono state fatte partire, ma le coperture ipotizzate in campagna elettorale sono rimaste soltanto delle buone intenzioni.
Invece che finanziarie questi due esosi provvedimenti con tagli e spending review come previsto, si parlava di un tesoretto di 60 miliardi a disposizione, alla fine i grandi strateghi gialloverdi hanno deciso di fare tutto in deficit.
Un grosso azzardo? Neanche per sogno, visto che Lega e Movimento 5 Stelle erano convinti che le due riforme avrebbero fatto riprendere il paese aumentando i consumi. Con il secondo atto del decreto Crescita e dello Sblocca Cantieri si sarebbe poi dato nuovo ossigeno alle imprese.
Inizialmente il lungimirante governo gialloverde aveva previsto un Pil all’1,5% per il 2019, per poi scendere all’1% nella stesura definitiva della legge di Bilancio. Adesso nel Def invece si ammette che la crescita sarà del 0,2% nel 2019 e dello 0,8% nei prossimi tre anni.
L’asticella del Deficit era stata fissata al 2,4%, poi fatta calare al 2,04% dopo il lungo braccio di ferro con la Commissione Europea, evitando così anche una procedura d’infrazione, mentre ora è stata collocata nuovamente al 2,4% visto il crollo delle stime del Pil.
Nel Def il governo ha scritto che l’impatto di Quota 100 per quanto riguarda il Pil sarà pari a zero, quello del Reddito di Cittadinanza dello 0,2% mentre decreto Crescita e Sblocca Cantieri incideranno per lo 0,1%.
In sostanza la maggioranza ha sconfessato tutto quanto aveva previsto nei mesi scorsi, con il paese che ora rischia di andare in recessione e che tra qualche mese dovrà fare i conti con degli evidenti buchi di bilancio.
Il peggio deve ancora venire
Fare un eccessivo allarmismo spesso può nuocere all’economia, ma ignorare la realtà oggettiva può fare dei danni ancor maggiori. Peggio poi se si è perfettamente consci della gravità della situazione, ma si preferisce continuare a portare avanti la storiella del va tutto bene.
L’obiettivo di Lega e Movimento 5 Stelle è quello di arrivare integri al 26 maggio, quando si voterà per le elezioni europee, poi quello che succederà in estate e in autunno è un grande mistero che sarà vissuto tutto sulla pelle degli italiani.
Questo 2019 bellissimo è già iniziato con i 2 miliardi che erano stati accantonati nella manovra, frutto di tagli alle imprese, ai trasporti e alla scuola, che saranno utilizzati per mettere una prima pezza al malandato bilancio nostrano.
Una sorta di acconto di un conto totale che in autunno sarà ancora più salato. Nella prossima legge di Bilancio si dovranno trovare 23 miliardi per non fare aumentare l’Iva al 25%, ma ingente sarà anche quanto l’Italia dovrà sborsare per le spese indifferibili visto lo spread che rimane sempre alto.
Noncurante della gravità della situazione, Matteo Salvini ora insiste nel fare la Flat Tax , escludendo un aumento dell’Iva ma non spiegando come suo solito dove prenderebbe allora questa montagna di soldi.
Una soluzione ce l’ha data il suo fine economista Claudio Borghi: si farà tutto in deficit visto che, dopo le elezioni, in Europa ci sarà un nuovo governo più amico dei gialloverdi e che permetterà di sforare i vincoli del Patto di Stabilità.
Purtroppo però le speranze di un cambio di governance sono molto risicate, anche se in calo la triade Popolari-Socialisti-Liberali è sempre la maggioranza, oltre al fatto che i sovranisti europei amici del carroccio hanno già da tempo fatto capire che sui conti pubblici non si scherza.
In pratica l’Italia al momento è come una famiglia piena di debiti, con prospettiva di crescita quasi pari a zero ma che, in vista dell’estate, pensa di fare delle lunghe vacanze extra lusso pagandole facendo altri buffi.
Oltre al rispolverare la spending review, la dismissione dei beni e i tagli alle detrazioni, tutti argomenti che ormai abbiamo capito portano in cassa se non fatte seriamente soltanto pochi spiccioli, il governo Conte non ha la minima idea di come affrontare questa drammatica situazione economica.
Il futuro del paese appare più che mai bigio: Lega e Movimento 5 Stelle stando ai sondaggi avrebbero ancora dalla loro più del 50% degli italiani, una grande fiducia che però deve essere ripagata da un maggiore realismo abbandonando, se mai ci dovessero riuscire, i toni e gli atteggiamenti da perenne campagna elettorale.
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