Medici e infermieri possono avere tatuaggi e piercing, non essendoci leggi che lo vietano, ma devono comunque tenere conto delle esigenze lavorative. Ecco in che modo.
In Italia non c’è nessuna legge che regolamenta i tatuaggi in relazione alle possibilità di lavoro. Nel 2024 molti stimati professionisti hanno tatuaggi e piercing, con un importante superamento della diffidenza e dei tabù che un tempo sarebbero stati molto più limitanti. Vedere medici e infermieri tatuati non è più così raro, anzi, lo sarebbe molto meno se non fosse per la copertura di camici e divise.
Fatta eccezione per le Forze Armate e di Polizia, la cui professione del tutto peculiare va incontro a regole speciali, non ci sono lavoratori per cui i tatuaggi o i piercing possono rappresentare in astratto una soglia di sbarramento. Questo vale anche per chi è impiegato nel settore sanitario, essendo pacifico che la creatività e le modificazioni corporee non hanno nulla a che vedere con la competenza, l’empatia e la capacità.
Da qui a generalizzare e a invocare la discriminazione anche in modo immotivato, però, il passaggio è breve. Tante persone sono convinte infatti che i tatuaggi non possano limitarli nell’occupazione professionale, ma non è proprio così. In questo articolo ci concentreremo su medici, infermieri e personale sanitario in genere, per scoprire a quali limiti possono andare incontro.
Posso diventare medico o infermiere con tatuaggi e piercing
Per trattare in modo completo dell’argomento bisogna distinguere tra l’occupazione in un ospedale pubblico e quella nel settore privato, come una clinica o uno studio personale. Nel primo caso, infatti, l’assunzione del personale avviene tramite concorso pubblico. Quest’ultimo prende in considerazione esclusivamente sulle proprie capacità e competenze. Ne consegue che nessun professionista può essere scartato perché ha tatuaggi, piercing o qualsiasi altro elemento estetico.
Nel privato cambia tutto, perché il datore di lavoro dispone di una certa discrezionalità nella scelta dei dipendenti. L’unica condizione imposta dalla legge è quella di non discriminare i candidati per delle caratteristiche personali che li mettono a rischio nella società. La discriminazione opera soltanto contro categorie continuamente lese nei propri diritti per la loro identità, le cosiddette minoranze, ad esempio la discriminazione di genere, quella etnica o religiosa.
Tatuaggi, piercing, colore dei capelli e abbigliamento non rientrano in questo campo, tant’è che il datore di lavoro può liberamente non assumere il candidato. La motivazione del rifiuto può essere più o meno opinabile, ma ciò non cambia che il potere di organizzazione d’impresa si esprime anche attraverso scelte d’immagine.
Come già detto, questo non può accadere nell’ambito di un concorso pubblico, che deve formare delle graduatorie esclusivamente sui requisiti enunciati, sulla valutazione di titoli e prove, in modo del tutto obiettivo e imparziale. L’esempio del datore di lavoro privato calza anche nei rapporti di lavoro domestico, in cui la famiglia può rifiutare l’assistenza infermieristica privata a domicilio semplicemente perché il professionista ha un tatuaggio.
Medici e infermieri possono essere licenziati per i tatuaggi?
La discrezionalità del datore di lavoro privato si estende fino al completamento del periodo di prova, durante il quale può esercitare il diritto di recesso senza dovere alcuna spiegazione (come peraltro può fare il lavoratore). Dopo questo momento, si annullano le differenze tra pubblico e privato e il licenziamento può essere legittimo soltanto nei casi previsti dalla legge.
Tendenzialmente, nessun medico o infermiere può essere licenziato perché ha piercing o tatuaggi, ma non bisogna trarre conclusioni affrettate. Indipendentemente dal fatto che il tatuaggio fosse stato celato o sia stato effettuato dopo l’assunzione, il dipendente potrebbe andare incontro al licenziamento.
Nel settore privato, questo può essere motivato anche dall’incompatibilità con la policy aziendale conosciuta e accettata dal dipendente e dalla violazione del rapporto di fiducia. Nel settore pubblico, invece, si dovrebbe richiamare una condotta lesiva dell’onore e della dignità personale altrui. Si pensi a tatuaggi offensivi, discriminatori e ingiuriosi che istigano alla violenza, all’odio o sono osceni: non sarebbe certo un bel vedere tra le corsie.
Il licenziamento disciplinare dovrebbe comunque essere proporzionato alla condotta, dunque tendenzialmente ammesso soltanto in caso di reiterazione del comportamento e preceduto dalle sanzioni conservative. È anche vero che i tatuaggi non sono facilmente cancellabili, perciò nei casi più gravi un solo errore può costare il posto di lavoro, a meno che il lavoratore si impegni a nasconderlo.
Medici e infermieri tatuati, è un problema?
Sono molto rare le ipotesi in cui un medico o un infermiere può subire negativamente le conseguenze dei propri tatuaggi nell’ambito lavorativo. Bisogna considerare che la moralità condivisa e il senso del decoro pubblico si evolvono con gli anni e nella società odierna vedere spuntare qualche disegno dal polsino del camice non è un problema.
Anzi, pare che il personale sanitario tatuato riesca a convincere più rapidamente i bambini ad accordargli fiducia, così come tra i pazienti non si notano differenze di giudizio. I diversi studi sull’argomento mostrano che i pazienti, indipendentemente dall’età, mediamente non si fanno influenzare da tatuaggi e piercing nei rapporti con i professionisti sanitari.
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