La società benefit è un modello di impresa che integra la ricerca del profitto con una strategia attenta agli aspetti sociali.
Si sente sempre più spesso parlare di società benefit. Tantissime imprese - quasi ormai giornalmente - annunciano l’avvio della trasformazione in società benefit. E nel mese di novembre scorso anche il Governo ha puntato l’attenzione sul fenomeno. Il Ministro Giancarlo Giorgetti ha infatti firmato il decreto attuativo che promuove la costituzione o la trasformazione in società benefit delle imprese presenti sul nostro territorio nazionale. Il decreto mette per la prima volta a disposizione complessivamente 10 milioni di euro, di cui 7 milioni sotto forma di credito d’imposta e 3 milioni finalizzati ad attività di promozione.
“Le società benefit” – dichiara il Ministro - “rappresentano quel modello d’impresa che dobbiamo promuovere e sostenere proprio perché integra la ricerca del profitto con una strategia attenta agli aspetti sociali, come il bene comune, l’ambiente e la comunità locale".
Ma allora cos’è davvero questa forma societaria? Guardiamola meglio
La Legge di Stabilità per il 2016 (ovvero la legge di bilancio 2015 – artt. 376 - 384) ha introdotto nel nostro ordinamento giuridico un nuovo strumento societario, ovvero la Società Benefit (sigla S.B.) che nasce dalla forte convinzione del legislatore che il for profit e la sostenibilità non siano due concetti alternativi tra loro ma un nuovo modello di fare impresa. Il legislatore vuole imprese che perseguano un duplice fine, da un lato la realizzazione di attività lucrative e dall’altra iniziative benefiche a favore di una serie di soggetti portatori di interesse, definiti dalla norma come persone, comunità, territori e ambiente, beni e attività culturali, enti e associazioni che sono comunque coinvolti dalla attività di impresa.
Con questa nuova forma giuridica una impresa oltre a perseguire obiettivi di profitto si impegna a perseguire anche scopi di beneficio comune per favorire un impatto positivo sulla società e sull’ambiente.
Mentre le società tradizionali perseguono l’unico scopo di distribuire dividendi agli azionisti, le società benefit sono espressione di un paradigma diverso, integrano nel proprio oggetto sociale, oltre agli obiettivi di profitto, lo scopo di avere un impatto positivo sulla società e sulla biosfera. E a differenza di tutte le organizzazioni no profit, come Onlus, Aps, Imprese Sociali ecc. le società benefit mantengono lo scopo di lucro, senza particolari limitazioni, e a questo aggiungono un ulteriore finalità, ovvero perseguire uno o più scopi sociali. Le società benefit non ricorrono a raccolta di fondi o donazioni esterne per realizzare i propri scopi sociali perché questi sono inclusi nella attività d’impresa che esse svolgono.
L’italia è il primo Paese in Europa a essersi dotato di questa figura societaria, secondo solo agli Stati Uniti d’America dove le società benefit, meglio conosciute come Benefit Corporation, hanno iniziato a diffondersi.
Tutte le tipologie societarie previste dal codice civile possono utilizzare il modello della società benefit, anche le startup innovative. Le uniche che non possono sono le no profit, proprio perché in questi casi mancherebbe il presupposto di conciliazione del for profit con la sostenibilità.
Come si diventa una società benefit?
Per acquisire la qualifica di società benefit si necessita una modifica dello statuto sociale (infatti non possono diventarlo le S.r.l.s perché hanno uno statuto standard non modificabile) e, di conseguenza, nella denominazione sociale dovrà essere aggiunta dell’indicazione di società benefit, l’oggetto sociale dovrà contenere accanto all’attività propria dell’impresa anche le finalità di beneficio comune, dovrà esserci l’indicazione del soggetto responsabile del perseguimento del beneficio comune.
Le società benefit, inoltre, dovranno allegare al bilancio annuale, anche la relazione annuale dei benefici perseguiti, con l’indicazione degli obiettivi fissati e le azioni attuate dagli amministratori per il raggiungimento degli obbiettivi di beneficio. E’ sottoposta ai controlli del Garante della Concorrenza per accertare che la società persegua realmente un interesse pubblico e non solo privato.
Quali sono i benefici?
Sino ad ora per le società benefit non vi erano sono particolari benefici fiscali, ne particolari benefici immediati. Oggi invece il decreto appena firmato, e attualmente alla Corte dei Conti per la sua registrazione, ha previsto un contributo sotto forma di credito d’imposta nella misura del 50% dei costi di costituzione o trasformazione in società benefit, compresi quelli notarili e di iscrizione nel registro delle imprese nonché le spese inerenti all’assistenza professionale e alla consulenza. L’agevolazione massima concedibile a ciascun beneficiario non potrà superare l’importo di 10 mila euro. Va detto però che i vantaggi maggiori derivano dall’ottenere lo status di “B Corp Certificata”.
L’ottenimento di questa certificazione stabilisce che l’azienda è socialmente responsabile e impegnata per il bene comune. E questo è certamente un buon elemento anche per attrarre a se maggiori investimenti.
Per ottenere la certificazione la società dovrà compiere un percorso rigoroso, sottoporsi alla organizzazione non profit B-Lab, che ne verifica gli standard di scopo, responsabilità e trasparenza e il raggiungimento degli obiettivi di performance determinati e misurati attraverso lo standard internazionale B Impact Assessment.
Alcuni consigli pratici
Tante startup chiedono se convenga o meno costituirsi sin da subito come società benefit. La risposta a mio giudizio è sì qualora se ne abbiano le caratteristiche, specialmente alla luce della nuova agevolazione. Diversamente, niente paura. Si può attendere, concentrandosi sullo sviluppo del business senza aggiungere in fase iniziale ulteriori adempimenti a quelli - già notevoli sia quantitativamente che qualitativamente - previsti dalla normativa sulle startup innovative, consapevoli che il passaggio potrà esser fatto in un secondo momento.
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