Cosa si intende quando si parla di accertamento fiscale? Posso difendermi e in che modo? Ecco cosa sapere sugli atti di accertamentto posti in essere dall’Amministrazione Finanziaria.
Sono stato sottoposto ad accertamento fiscale, come posso difendermi, quali sono i termini di prescrizione e cosa rischio?
L’evasione fiscale è un problema con cui l’Italia fa i conti da decenni e, sebbene nel tempo si sia incrementata la strategia volta all’adempimento spontaneo, resta sempre la necessità di porre in essere anche atti di accertamento fiscale. Questo ha due funzioni principali:
- recuperare il gettito fiscale;
- essere un deterrente.
Perché l’accertamento fiscale è un deterrente? I contribuenti sapendo che dichiarando redditi e patrimoni inferiori al vero, possono essere sottoposti ad accertamento fiscale ed essere costretti non solo a versare il dovuto, ma anche sanzioni e interessi, hanno maggiori remore a porre in essere comportamenti volti a pagare meno tasse, inoltre, nei casi più gravi si rischiano condanne penali.
Naturalmente in un sistema democratico, tali atti devono essere posti in essere con una particolare tutela degli interessi anche dei contribuenti. Proprio per questo motivo il legislatore ha provveduto a dettare una disciplina particolareggiata che eviti la violazione dei diritti del contribuente.
L’attività di accertamento è stata da ultimo integrata e implementata attraverso le modifiche allo Statuto del contribuente che prevedono ora, prima della nitifica di un avviso di accertamento, l’instaurazione di un contraddittorio preventivo con il contribuente, l’obiettivo è limitare la proposizione di ricorsi giurisdizionali favorendo il dialogo tra Fisco e contribuente realizzando così maggiori entrate fiscali con minori costi.
Vediamo ora come funzionano le attività di accertamento fiscale.
Quali sono le attività di accertamento fiscale
L’attività di accertamento fiscale può essere posta in essere su qualunque fatto o comportamento possa avere una valenza fiscale, ad esempio un contratto di affitto non registrato, un incasso non giustificato e non fatturato, una dichiarazione non presentata, un versamento non effettuato, deduzioni e detrazioni non spettanti, utilizzo di crediti di imposta non spettanti, insomma qualunque fatto che possa portare a un risparmio di imposta non lecito.
L’accertamento fiscale è un procedimento complesso volto a verificare che il contribuente:
- abbia correttamente dichiarato la base imponibile;
- abbia correttamente applicato deduzioni e detrazioni;
- abbia correttamente fatto valere crediti di imposta;
- abbia versato il dovuto (insufficiente od omesso versamento);
- in alcuni casi volta a verificare che l’attività dichiarativa sia stata posta in essere.
Le attività di accertamento fiscale sono poste in essere nella generalità dei casi dall’ente riscossore, si tratta dell’Agenzia delle Entrate, ma per i tributi locali, ad esempio l’Imu, gli atti di accertamento e il conseguente eventuale avviso di accertamento sono posti in essere dall’ente locale stesso attraverso strutture specializzate della cui collaborazione si avvale.
Le attività di accertamento dell’Agenzia delle Entrate sono diverse:
- controllo automatizzato e formale delle dichiarazioni fiscali;
- inviti al contraddittorio e questionari;
- attività istruttorie esterne (per esempio, controlli mirati e verifiche fiscali);
- indagini finanziarie;
- attività di tutoraggio nei confronti delle imprese di più rilevante dimensione.
Tutela del contribuente nell’attività di accertamento fiscale
Durante le attività di accertamento, il Fisco/ente controllore deve mettere in atto tutte le tutele richieste dalla legge, ad esempio accessi, ispezioni e verifiche effettuate nei locali in cui viene esercitata la professione devono essere poste in essere durante l’orario di lavoro ordinario e con modalità tali da arrecare il minor turbamento possibile delle attività poste in essere nei locali.
Quando inizia la verifica sul luogo, il contribuente deve essere informato delle ragioni di tale attività di ispezione e dell’oggetto dell’attività. Il contribuente in questa fase può farsi assistere da un professionista, la stessa deve essere svolta nel più breve tempo possibile e al termine delle operazioni deve essere rilasciato al contribuente il verbale delle operazioni svolte.
Naturalmente è solo un esempio, per ogni procedura di controllo vi sono specifiche norme procedurali.
Contradditttorio preventivo e avviso di accertamento fiscale
L’obiettivo finale è il recupero del gettito fiscale dovuto e non versato. Al termine dell’accertamento fiscale, viene emesso un provvedimento che ora non è più l’avviso di accertamento ma uno “schema di provvedimento” con il quale si concede al contribuente un termine di 60 giorni entro il quale può instaurare un contraddittorio con l’ente procedente al fine di fornire documentazione, chiarimenti e comunque palesare la propria posizione nei confronti dell’atto stesso.
Entro tale termine il contribuente può anche provvedere semplicemente al pagamento dei maggiori importi richiesti dall’Amministrazione.
Se il contribuente instaura il contraddittorio, l’Amministrazione procedente ha l’obbligo di tenerne conto, può comunque non accogliere i rilievi del contribuente, ma deve motivare tale scelta.
Trascorso tale termine di 60 giorni, l’amministrazione finanziaria può procedere alla notifica del vero e proprio avviso di accertamento, questo deve essere motivato e può essere impugnato davanti agli organi di giustizia tributaria, il termine generalmente è di 60 giorni dalla notifica.
Davanti agli organi di giustizia tributaria il contribuente può stare in giudizio anche senza la presenza di un legale, ma solo per avvisi di accertamento di importo inferiore a 3.000 euro. Naturalmente dal punto di vista prettamente tecnico può essere difficile stare in giudizio da soli.
L’avviso di accertamento per essere valido deve avere determinate caratteristiche che analizziamo singolarmente:
- obbligo di motivazione;
- tempestività;
- forma;
- notifica;
La motivazione nell’avviso di accertamento
L’avviso di accertamento deve essere adeguatamente motivato, ricordiamo che il contribuente in base alle nuove norme (D.Lgs. n. 219 del 30 dicembre 2023 in attuazione della legge di delega 11 del 2023) deve essere fin da subito messo al corrente delle prove e dei fatti che l’amministrazione ha raccolto e deve essere informato su quali norme sono state violate, in questo modo può esercitare in modo pieno il diritto di difesa.
Il nuovo articolo 7 dello Statuto del contribuente, modificato con il decreto legislativo 219, prevede che nel caso in cui nella motivazione si faccia riferimento a un altro atto presupposto, lo stesso deve essere allegato.
La prescrizione dell’accertamento fiscale
L’atto di accertamento deve inoltre essere tempestivo, in particolare l’ente impositore nell’inviare l’avviso di accertamento deve rispettare i termini di prescrizione e decadenza previsti per il singolo tributo.
Ad esempio, nel caso di mancata presentazione della dichiarazione dei redditi, i termini di prescrizione sono di 8 anni, il termine inizia a decorrere dal 31 dicembre dell’anno in cui avrebbe dovuto essere presentata la dichiarazione. Il termine è più breve, ovvero 5 anni, nel caso in cui la dichiarazione sia stata presentata, ma vi siano delle “anomalie”.
Per ogni tipologia di imposta i termini di accertamento possono essere diversi, ad esempio in caso di mancato versamento del bollo auto, la Regione deve inviare l’avviso di accertamento entro 3 anni che iniziano a decorrere dal 1° gennaio dell’anno successivo a quello in cui l’imposta doveva essere versata.
Il contenuto dell’avviso di accertamento fiscale
L’atto di accertamento fiscale deve anche rispettare i requisiti di forma, di conseguenza oltre a contenere la motivazione così come descritta, deve avere:
- numero di identificazione della cartella in modo che sia facilmente individuabile nel momento in cui si vuole instaurare un contraddittorio;
- intestazione, in questa sezione viene individuato l’ente impositore (Regione, Agenzia delle Entrate);
- sottoscrizione;
- indicazione delle somme da versare a titolo di maggiore imposta, interessi, sanzioni;
- indicazione delle aliquote applicate;
- individuazione dell’ufficio presso il quale è possibile ottenere informazioni nonché il responsabile del procedimento;
- indicazione dell’organo giurisdizionale al quale è possibile presentare ricorso;
- termini per l’impugnazione;
- modalità e termini di pagamento.
La notifica dell’avviso di accertamento fiscale
Affinché un atto di accertamento fiscale sia valido deve essere anche correttamente notificato al contribuente.
La normativa prevede la notifica tramite:
- raccomandata con ricevuta di ritorno;
- mediante ufficiale giudiziario presso il domicilio, la residenza o la sede legale (per le società) del contribuente;
- PEC (Posta Elettronica Certificata).
Nel caso in cui la notifica dell’atto avvenga per mano del messo, trova applicazione l’articolo 60 del D.P.R. 600/73 che stabilisce che il messo deve far sottoscrivere dal consegnatario l’atto o l’avviso ovvero indicare i motivi per i quali il consegnatario non ha sottoscritto.
Per la notifica avvenuta per mano dell’ufficiale giudiziario si applica l’articolo 137 del codice di procedura civile che specifica che esegue la notificazione mediante consegna al destinatario di copia conforme all’originale dell’atto da notificarsi.
La notifica può essere fatta anche tramite il servizio postale, in questo caso occorre prestare attenzione nel caso in cui:
- nel comune nel quale deve eseguirsi la notificazione non vi è abitazione, ufficio o azienda del contribuente, in questo caso l’avviso sigillato si affigge nell’albo del comune e la notificazione, ai fini della decorrenza del termine per ricorrere, si ha per eseguita nell’ottavo giorno successivo a quello di affissione;
- non è possibile eseguire la consegna per irreperibilità o per incapacità o rifiuto delle persone indicate nell’articolo precedente, l’ufficiale giudiziario deposita la copia nella casa del comune dove la notificazione deve eseguirsi, affigge avviso del deposito in busta chiusa e sigillata alla porta dell’abitazione o dell’ufficio o dell’azienda del destinatario e gliene dà notizia per raccomandata con avviso di ricevimento.
Ricordiamo che la proposizione di un ricorso avverso l’atto non correttamente notificato annulla i vizi di notifica.
Cosa fare se viene notificato un avviso di accertamento?
Nel caso in cui si riceva un avviso di accertamento è possibile porre in essere diverse attività:
Acquiescenza dell’avviso di accertamento: il contribuente non presenta ricorso e paga il dovuto, compresi interessi e sanzioni;
Definizione agevolata delle sole sanzioni: in questo caso il contribuente cerca un accordo con l’ente impositore sulle sanzioni e si riserva di proporre ricorso avverso l’avviso di accertamento solo per le maggiori imposte. In questo caso è possibile comunque ottenere il rimborso delle sanzioni eventualmente versate;
proposizione del ricorso, nei termini indicati nell’avviso di accertamento e davanti al giudice indicato nell’avviso stesso;
proposizione istanza di accertamento con adesione: il contribuente, entro il termine di 60 giorni dalla notifica dell’accertamento tributario, può presentare istanza di accertamento con adesione, al fine di addivenire a un accordo con l’Ufficio in merito all’imposta dovuta. In caso di accordo, le sanzioni sono ridotte a un terzo;
proposizione istanza di accertamento con adesione: il contribuente, entro il termine di 60 giorni dalla notifica dell’accertamento tributario, può presentare istanza di accertamento con adesione, al fine di addivenire a un accordo con l’Ufficio in merito all’imposta dovuta. In caso di accordo, le sanzioni sono ridotte a un terzo. In questo caso non sono sospesi i termini per la proposizione del ricorso.
L’avviso di accertamento è esecutivo, questo implica che, trascorso il termine previsto, se il contribuente non pone in essere nessuno dei comportamenti visti, possono iniziare le procedure di esecuzione forzata sui beni del contribuente. Tra queste ricordiamo il pignoramento presso terzi.
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