Sgravio contributivo 2024, il taglio del cuneo fiscale è stato rinnovato per un altro anno. Ecco dove controllarlo in busta paga e quanto si guadagna di netto.
Nelle buste paga del 2024 è confermato il bonus contributi, lo sgravio con cui viene applicata un’aliquota ridotta in favore del lavoratore.
Come noto, infatti, per la generalità dei lavoratori dipendenti sull’imponibile lordo indicato in busta paga si versano i contributi per un totale del 33%: di questa percentuale una quota è a carico del lavoratore - 9,19% nel settore privato, 8,80% nel pubblico - mentre l’altra parte compete dal datore di lavoro.
Per aumentare l’importo delle buste paga - che in questi anni stanno pagando le conseguenze di un’elevata inflazione - senza intervenire sul lordo, il governo ha quindi deciso di abbassare la quota di contributi dovuta dal lavoratore, generando un risparmio che - una volta tassato - incrementa il valore netto della retribuzione.
Quel che bisogna sottolineare è che tra dicembre 2023 e gennaio 2024 c’è continuità: il bonus applicato in busta paga è sempre lo stesso, quindi non c’è alcuna differenza d’importo se non fosse per il fatto che su quanto risparmiato si applica una tassazione meno severa per effetto della riforma Irpef che entra in vigore quest’anno.
Da solo, quindi, lo sgravio contributivo (che è finanziato solamente per quest’anno) non comporta un aumento di stipendio rispetto allo scorso anno, per quanto comunque sia notevole il vantaggio che ne risulta poiché senza la conferma di questo strumento gli stipendi nel 2024 si sarebbero abbassati.
A tal proposito, facciamo chiarezza su cos’è il bonus contributi che anche nel 2024 sarà in busta paga, nonché quali sono i requisiti per goderne e i vantaggi sullo stipendio netto.
Cos’è il bonus contributi
Da inizio 2022 il governo ha scelto di puntare su uno sgravio contributivo per rendere più pesanti le buste paga, ma solo per chi ha uno stipendio lordo di massimo 2.692 euro (35 mila euro di reddito complessivo). Con tale strumento, infatti, si riduce la quota di contributi a carico del lavoratore, contribuendo così a un aumento dell’importo netto dello stipendio. Il tutto senza comportare penalizzazioni sulle pensioni future, in quanto della quota non versata dal lavoratore se ne fa carico l’Inps.
Nel dettaglio, ordinariamente il versamento dei contributi previdenziali per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti a carico del lavoratore avviene sulla base di una certa percentuale da applicare sull’imponibile previdenziale lordo indicato in busta paga.
Tale quota è pari al:
- 9,19% per il lavoratore dipendente nel settore privato;
- 8,80% per il lavoratore dipendente nel settore pubblico.
Della parte residua - 23,81% nel settore privato, 24,20% nel pubblico - se ne fa carico il datore di lavoro, così da arrivare a un’aliquota complessiva del 33%; è questa, infatti, la percentuale di retribuzione lorda che su ogni busta paga viene versata ai fini previdenziali.
Riducendo la quota di contributi a carico del dipendente, quindi, ne risulterà un importo di stipendio netto più alto. Nel 2022, lo sgravio è stato pari a:
- lo 0,80% da gennaio a giugno 2022;
- il 2% da luglio a dicembre 2022, più la tredicesima.
Una misura che è piaciuta anche al governo Meloni che con la legge di Bilancio 2023 l’ha confermata per i redditi inferiori a 2.692 euro lordi, che in prospettiva equivalgono a 35 mila euro annui, portandolo invece al 3% per chi ha uno stipendio inferiore a 1.923 euro (25 mila euro annui).
Questa quota è rimasta in vigore fino a giugno 2023, dopodiché si è passati al sistema attuale che prevede uno sgravio del:
- 7% se la busta paga ha un importo che non supera i 1.923 euro lordi. In tal caso, quindi, l’aliquota contributiva a carico del lavoratore è pari all’1,80% nel pubblico, 2,19% nel privato;
- 6% quando la busta paga supera i 1.923 euro ma resta entro i 2.692 euro, con l’aliquota che quindi è pari al 2,80% nel pubblico e al 3,19% nel privato.
Le stesse percentuali restano in vigore, grazie alla conferma in legge di Bilancio 2024, per tutto il nuovo anno, ma non si applicano sulla tredicesima mensilità.
Chi ne ha diritto
Come visto sopra, per verificare se spetta o meno il bonus contributi bisogna guardare all’importo mensile della busta paga. Laddove risultasse inferiore alla soglia di 2.692 euro allora lo sgravio spetta, il che sarà persino del 3% se l’importo lordo è di massimo 1.923 euro.
La valutazione reddituale avviene sul singolo stipendio: potrebbe succedere dunque che per alcune buste paga se ne abbia diritto, mentre per altre - nei mesi in cui ad esempio sono stati fatti più straordinari e quindi ne risulta uno stipendio più alto - no.
Esiste dunque il rischio che un aumento di stipendio possa comportare il superamento delle soglie e la perdita dello sgravio: in tal caso vi è il paradosso che la retribuzione netta spettante dopo l’aumento risulti persino più bassa rispetto a quella precedente. Una vera e propria beffa per i lavoratori.
Quanto si risparmia di contributi
A questo punto, non resta che fare chiarezza su quanto effettivamente aumenta lo stipendio grazie al suddetto sgravio contributivo.
Nel caso delle retribuzioni comprese tra 1.923 e 2.692 euro, le quali godono di una riduzione del 6% della quota contributiva a loro carico, il risparmio massimo è di 161,52 euro al mese, 1.938,24 euro l’anno.
Infatti, con un’aliquota ordinaria al 9,19% su una retribuzione lorda di 2.692 euro ne sarebbe risultato un versamento contributivo di 247,39 euro, mentre riducendola al 7,19% l’esborso si abbassa a 85,87 euro, con un risparmio quindi di 161,52 euro.
Su uno stipendio di 2.000 euro, invece, il vantaggio mensile è di 120 euro, 1.440 euro considerando tutte le tredici mensilità. Su uno stipendio di 2.400 euro, infine, il risparmio è di 144 euro, 1.728 euro per l’intero periodo.
Nel caso degli stipendi inferiori a 1.923 euro, invece, lo sgravio sale al 7%: dettaglio, il risparmio massimo è di 134,61 euro, quindi circa 1.615 euro complessivi.
Per chi percepisce uno stipendio di 1.000 euro, invece, il risparmio è di 70 euro, 840 euro per l’intero 2023.
Quanto aumenta lo stipendio netto
Va detto che tali risparmi saranno in parte mitigati dall’Irpef. Le imposte dovute sullo stipendio, infatti, si calcolano applicando la relativa percentuale sulla retribuzione imponibile al netto della quota contributiva dovuta dal lavoratore. Se tale quota si riduce, quindi, ne risulterà un incremento dell’Irpef, in quanto la quota imponibile su cui verrà applicata l’aliquota è più alta.
Ad esempio, se ordinariamente su uno stipendio di 1.500 euro l’Irpef viene calcolata su 1.362,15 euro (poiché ne viene sottratto il 9,19% dovuto a titolo contributivo, ossia 137,85 euro), grazie allo sgravio l’imponibile sale a 1.467,15 euro, visto che la quota contributi si riduce a 32,85 euro, con la conseguenza quindi che bisognerà versare più Irpef.
A tal proposito, ecco una tabella indicativa su quanto spetta di importo netto grazie allo sgravio.
Retribuzione lorda | Aumento netto mensile |
---|---|
10.000 euro | 44,92 euro |
12.500 euro | 56,15 euro |
15.000 euro | 67,38 euro |
17.500 euro | 67,22 euro |
20.000 euro | 76,82 euro |
22.500 euro | 86,42 euro |
25.000 euro | 96,03 euro |
27.500 euro | 90,54 euro |
30.000 euro | 90,49 euro |
32.500 euro | 91,52 euro |
35.000 euro | 98,56 euro |
Nel complesso, quindi, rispetto allo stipendio calcolato senza sgravio, ne risulta un aumento del netto che nella migliore delle ipotesi può arrivare a circa 100 euro al mese. Ricordiamo però che questo incremento è già stato applicato in busta paga da luglio 2023, ragion per cui a gennaio non ne è previsto un altro.
L’unica differenza semmai ci sarà per chi ha uno stipendio che supera i 15 mila euro, per i quali è in programma una revisione delle aliquote Irpef: in particolare, per la parte di reddito compresa tra i 18 e i 28 mila euro si applica una percentuale del 23% anziché del 25%, con tutti i vantaggi del caso.
C’è poi da considerare che per le lavoratrici con almeno 2 figli il suddetto bonus può essere cumulato con lo sgravio totale (entro i 3.000 euro) a loro riconosciuto dall’ultima manovra: in tal caso sì che tra lo stipendio di dicembre e quello di gennaio ci sarà una differenza (in positivo).
Come controllarlo in busta paga?
Il bonus contributi è facilmente individuabile dalla busta paga.
Nel dettaglio, bisogna guardare nella parte finale del cedolino, quella in cui vengono indicate tutte le voci che trasformano il lordo in netto, dalle trattenute Irpef ai versamenti contributivi appunto. È qui che viene indicato l’esonero - del 6% o 7% a seconda dei casi - che in alcune buste paga viene descritto insieme ai riferimenti normativi.
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