BTP KO e spread su, esplode l’ansia tra stop tagli tassi BCE ed eurobond di guerra

Laura Naka Antonelli

19/02/2025

Effetto Schnabel (BCE) su BTP e bond euro, già attanagliati dal timore di un aumento della spesa per la difesa. La frase sui tagli dei tassi che gela i mercati.

BTP KO e spread su, esplode l’ansia tra stop tagli tassi BCE ed eurobond di guerra

Mentre in Italia si brinda al successo dell’emissione del BTP Più, i BTP scambiati sul mercato secondario vengono attaccati da una carica di sell, che riporta lo spread BTP-Bund a 10 anni a un passo dalla soglia di 110 punti base, ormai nota in Italia come target del ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti.

E se lo spread non si infiamma ulteriormente - riportando comunque un rialzo significativo - è solo perchè gli investitori stanno scaricando in queste ore anche gli altri principali titoli di Stato europei, Bund inclusi.

Gli attacchi contro i BTP & Co. sono iniziati in realtà già due giorni fa, quando la prospettiva di una Unione europea costretta a spendere di più per blindare l’Ucraina dalla Russia ha riacceso subito la paura di una valanga di emissioni di bond, da parte dei singoli Paesi o - se l’Europa riuscisse a farsi Stati Uniti d’Europa - di eurobond di guerra.

Un ulteriore schiaffo è arrivato oggi direttamente dalla BCE di Christine Lagarde, per la precisione dall’esponente tedesca del Comitato esecutivo della Banca centrale europea Isabel Schnabel.

BCE, Schnabel: dobbiamo iniziare a discutere di quando sospenderemo i tagli dei tassi

Dobbiamo iniziare a discutere del momento in cui sospenderemo i tagli dei tassi di interesse in Eurozona”, ha detto Schnabel, in una intervista rilasciata al Financial Times.

L’ansia è esplosa subito, portando i rendimenti dei BTP a 10 anni a volare di 10 punti base, schizzando al 3,64% rispetto al 3,54% della vigilia.

Lo spread BTP-Bund si è allargato a quota 109 punti base, rispetto ai 105 pb a cui aveva aperto stamattina.

A essere scaricati anche gli altri titoli di Stato dell’area euro che, oltre alle preoccupazioni di un’UE destinata a fare più debito emettendo nuovi bond per finanziare la spesa per la difesa, hanno pagato chiaramente l’effetto Schnabel, con l’economista che ha sollevato addirittura dubbi sulla restrizione monetaria in atto.

I dati stanno dimostrando che il grado di restrizione (monetaria) è sceso in modo significativo, arrivando a un punto in cui non possiamo più dire con sicurezza che la nostra politica monetaria è ancora restrittiva”, ha detto l’esponente della Banca centrale europea, nota per aver lanciato più volte, in passato, attenti vari sul trend dell’inflazione in Eurozona, da tenere a suo avviso ancora sotto stretta osservazione nonostante quel processo disinflazionistico che secondo alcuni esperti è ormai conclamato (escludendo, tuttavia, l’incognita Trump).

Il dubbio del falco tedesco: i tassi viaggiano ancora in territorio restrittivo?

A sollevare questo dubbio, nuova croce per i mercati, è stato secondo Schnabel quanto emerso dall’ultimo sondaggio relativo ai prestiti erogati dalle banche dell’area euro:

Per quanto riguarda i prestiti alle aziende, il 90% ha riferito che il livello generale dei tassi di interesse non sta avendo un impatto sulla richiesta dei prestiti, mentre l’8% ha parlato anche di un aumento della domanda di credito”. Situazione ben diversa da quella dell’ “anno scorso, quando un terzo delle banche aveva detto che i tassi di interesse stavano pesando sulla domanda dei prestiti”.

La differenza, ha continuato l’economista tedesca, “è ancora più chiara se si guarda ai mutui. Quasi la metà delle banche (interpellate dall’ultimo sondaggio) ha riferito che il livello generale dei tassi di interesse sta sostenendo la domanda dei prestiti. Un anno fa, più del 40% (delle banche) aveva detto che (il livello dei tassi) stava frenando la domanda dei prestiti”.

Numeri alla mano, Schnabel ha ricordato gli ultimi dati relativi alla crescita dei prestiti da parte delle banche: “I prestiti alle aziende sono saliti dell’1,5% a dicembre, i mutui dell’1,1%”.

A suo avviso, dunque, il dubbio è più che giustificato: come si può essere sicuri che la politica monetaria della BCE, soprattutto dopo i cinque tagli dei tassi avviati a partire dal 6 giugno del 2024, si trovi ancora in territorio restrittivo?

Tra l’altro “l’allentamento (della restrizione monetaria) si sta trasmettendo all’economia reale”, con “ i consumi che sono aumentati nel terzo trimestre più di quanto ci aspettassimo”, a fronte di “un tasso di risparmio che ha iniziato a scendere dal suo livello molto alto”.

Per non parlare del fatto che il processo di trasmissione monetaria richiede sempre del tempo per dispiegare i suoi effetti, il che significa che parte dell’allentamento già avviato, per Schnabel, deve ancora presentarsi.

Ancora, l’esponente del Comitato esecutivo della BCE ha sminuito la presunta importanza del tasso di interesse neutrale, che è stato appena pubblicato dallo staff della Banca centrale europea. “Non possiamo dipendere soltanto dall’R*”, ha ammonito: “Dobbiamo guardare ai dati in arrivo per capire fino a che punto la nostra politica monetaria sia restrittiva. E più numerose saranno le prove che dimostreranno che la nostra politica monetaria non è più restrittiva, più cauti dovremo essere, in quanto è probabile che ulteriori tagli dei tassi non siano più appropriati ”.

In sostanza, “ci stiamo avvicinando a quella situazione in cui potremmo dover fare una pausa o smettere di tagliare i tassi ”.

BCE, Schnabel VS Panetta: evidenti le contraddizioni tra i due commenti

Ci mancava solo questa frase di Isabel Schnabel ad acuire l’incertezza presente sui mercati, che si era rispecchiata già l’altro ieri proprio nel trend dei titoli di Stato, finiti di nuovo sotto pressione, in particolare a causa delle preoccupazioni legate al processo di pace per l’Ucraina avviato dall’amministrazione USA di Donald Trump che, per ora, ha estromesso praticamente le dirette interessate, ovvero in primis l’Ucraina e l’intera Europa.

Va detto allo stesso tempo che le dichiarazioni di Schnabel cozzano non poco con quelle che sono state proferite oggi dal governatore di Bankitalia Fabio Panetta che, più che di punti di forza dell’area euro, ha affermato come la ripresa della congiuntura sia stata a dir poco deludente:

Abbiamo segni di debolezza dell’economia europea più persistenti di quelli che ci aspettavamo, ci si attendeva una ripresa trainata dai consumi che non c’è stata ”. A soffrire è “soprattutto l’industria, per problemi che sono solo in parte congiunturali e in parte strutturali, in alcuni settori c’è un calo della domanda”. Panetta non ha nascosto di nutrire qualche timore anche per le condizioni del mercato del lavoro. Tutto questo, mentre un attenti, in questo caso al paradosso della politica monetaria della BCE era arrivato anche da Piero Cipollone, esponente anche lui, come Schnabel, del Comitato esecutivo della banca centrale.

Cipollone aveva affrontato in particolare quel fenomeno a cui si sta assistendo - che interessa tra l’altro direttamente i BTP e i bond dell’area euro - e che non si era mai manifestato, in precedenza, nella storia di Francoforte.

La grande svolta della politica monetaria della Banca centrale europea ha preso il via il 6 giugno 2024, quando Lagarde ha iniziato a tagliare il costo del denaro dell’area euro, dopo averlo alzato in modo incessante dal luglio del 2022 al settembre del 2023.

Il secondo taglio dei tassi è arrivato il 12 settembre, seguito dal terzo, in data 17 ottobre e dall’ultimo atto del 2024 del 12 dicembre, prima della nuova riduzione del 2025, che ha visto comunque Lagarde pronta a sottolineare che di quel taglio tanto invocato dai mercati e dalla politica, pari a -50 punti base, non si era neanche parlato.

Fattore Ucraina, in vista valanga di emissioni di (euro)bond dall’Europa per blindare l’Ucraina?

In questo clima di alta tensione e di diverse incognite su come potranno evolvere le relazioni diplomatiche tra l’Unione europea e gli Stati Uniti di Trump, a far salire i rendimenti in queste ultime sessioni è stata la prospettiva di spese militari, sostenute dall’Europa, più alte, per aiutare l’Ucraina: “A prescindere dalla direzione che prenderà il processo di pace (pilotato da Trump), è chiaro che l’Europa dovrà incrementare le sue spese per la difesa per garantire la sicurezza dell’Ucraina”, ha commentato Mohit Kumar, economista di Jefferies.

Il mercato sta iniziando a realizzare ...che la difesa è una priorità per l’Europa e che qualsiasi eventuale spesa per la difesa aggiuntiva sarà probabilmenyte finanziata da una maggiore emissione di bond” - ha fatto notare Emmanouil Karimalis, strategist macro della divisione tassi di UBS. - “Ceteris paribus, questo implica tassi più alti, premi più alti e una curva (dei rendimenti) più ripida”.

Risultato: il cocktail esplosivo bond di guerra, dunque più emissione di debito, che sia a livello comune o no, + parole di Isabel Schnabel ha scatenato smobilizzi significativi contro i bond dell’area euro.

Oltre ai rendimenti dei BTP, saliti fino a +10 punti base, i rendimenti degli OAT francesi, dei Bonos e dei titoli di Stato del Belgio avanzano tutti i 6 punti base, mentre i rendimenti dei Bund tedeschi mettono a segno un rialzo di 5 punti base, al 2,54%.

Per quanto riguarda gli eurobond di guerra, questi per ora rimangono sulla carta. Vero tuttavia è che aveva fatto scattare subito grande attenzione e diversi dibattiti la notizia relativa al quel sì che la presidente del Consiglio Giorgia Meloni aveva dato al piano UE volto a finanziare la spesa per la difesa con l’emissione di quelli che erano stati ribattezzati subito eurobond di guerra.

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