Il taglio del cuneo fiscale è giusto, ma tra lo scalone che penalizza alcuni lavoratori e la soglia massima di 35mila euro, il professore Paolo Balduzzi spiega cosa può essere migliorato per il 2024.
Tagliare il cuneo fiscale è giusto, ma il miglior sistema per aumentare gli stipendi potrebbe essere diverso da quello adottato dai governi Draghi e Meloni. Innanzitutto, perché si va a intervenire solo sui contributi previdenziali e non sulle imposte sul reddito. E poi perché l’intervento attuale rischia di essere parziale e di penalizzare alcune fasce di reddito.
Per esempio, secondo il professore Paolo Balduzzi, docente di Scienze delle finanze dell’università Cattolica, sarebbe giusto estendere l’aumento degli stipendi anche a chi ha un reddito più alto, fino ai 50mila euro. Non solo, perché come spiega in un’intervista a Money.it, è stato un errore non prevedere un elemento di décalage graduale che eviti lo scalone tra chi guadagna 35mila euro e chi ne guadagna pochi di più.
Il taglio del cuneo fiscale, comunque, è corretto e, a giudizio del docente, non comporta il rischio di innescare una spirale tra salari e inflazione che più volte è stata paventata: un taglio del cuneo da parte dello Stato non avrà questi effetti, assicura.
Perché è giusto tagliare il cuneo fiscale
Tagliare il cuneo fiscale è giusto perché in Italia è tra i più alti in Europa, ricorda il docente. Il taglio può avvenire attraverso due diversi canali: uno è il contributo previdenziale (dove sono intervenuti sia Draghi che Meloni), l’altro riguarda le imposte sul reddito.
Balduzzi sottolinea come i contributi previdenziali siano fondamentali perché finanziano le pensioni: “La misura dei governi Draghi e Meloni è una decontribuzione a parità di versamenti, quindi va bene perché non diminuisce l’ammontare per le pensioni”. C’è però un altro versante su cui si può lavorare e il governo - con la volontà di ridurre a tre le aliquote Irpef - sembra volerlo fare.
Secondo il docente ora bisognerebbe trovare “una quadra a livello strutturale sulla parte più fiscale, sull’imposta sul reddito, perché non deve passare l’idea che per avere più soldi in tasca oggi si possa rinunciare al finanziamento delle pensioni: non è quello che accade oggi, ma il messaggio potrebbe confondere”. Quindi meglio ridurre le imposte sul reddito, a suo giudizio.
In ogni caso il taglio del cuneo fiscale è una misura corretta, anche per fronteggiare l’inflazione: “Tutte le misure che mettono più soldi nelle tasche dei cittadini vanno bene”. Inoltre questo aumento di stipendio “compensa l’eliminazione del bonus bolletta, è un po’ una compensazione ma secondo me ha fatto meglio così il governo, lasciando più soldi in tasca ai redditi bassi ed evitando lo sconto in bolletta”, sottolinea Balduzzi.
Stipendi, perché non c’è il rischio spirale salari-inflazione
Il docente spiega che questo taglio del cuneo fiscale non comporta il rischio che si inneschi una spirale tra salari e inflazione: “Il pericolo c’è quando ci sono i rinnovi dei contratti del settore privato e pubblico, per cui aumenta il livello di stipendio nominale. Aumentano i costi per le aziende per aumentare gli stipendi e allora aumentano i prezzi”. In questo caso, invece, questi effetti dovrebbero essere scongiurati.
Un ulteriore aumento del taglio del cuneo fiscale potrebbe, inoltre, essere quasi considerato un sostituto del rinnovo dei contratti. Soprattutto nel caso in cui venisse esteso: “Gran parte del sistema di welfare è sostenuto proprio dalle fasce di reddito che sono generalmente escluse dagli sconti, quelle tra i 30 e i 60mila euro, che non considero redditi particolarmente elevati”. Quindi, anche per una questione di “giustizia sociale rispetto a chi ha sempre sostenuto il welfare, penso che se ci fosse lo spazio sarebbe giusto ampliare il taglio fino a 50mila euro”.
Il taglio del cuneo fiscale nel 2024
Se possibile, comunque, il taglio del andrebbe confermato nel 2024. Ci vorranno almeno 10 miliardi, una spesa ingente. E per questo, secondo Balduzzi, sarebbe meglio dirottare queste risorse su un taglio che riguardi la parte fiscale, la riduzione dell’imposta sul reddito: “Forse è una scelta più politica che tecnica, ma se dipendesse da me quei soldi li metterei altrove, sempre sulla riduzione del cuneo ma su un’altra componente”.
Quindi gli aumenti di stipendio dovrebbero essere confermati ma in modalità diversa. Di certo il taglio è necessario, secondo il docente, al di là dell’inflazione: “Il cuneo è molto elevato in Italia, c’è la necessità di diminuire il carico fiscale per le famiglie, a maggior ragione con il problema dell’inflazione. Spero che sia una misura strutturale e non contingente all’inflazione”.
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Stipendi, come evitare lo scalone a 35mila euro
Il taglio del cuneo fiscale allargato dal governo Meloni introduce uno scalone tra chi guadagna poco meno e chi poco più di 35mila euro: un solo euro di differenza in busta paga può diventare, con lo sgravio del 6%, una differenza di 160 euro al mese in favore di chi, in teoria, ha uno stipendio più basso.
Per il professore inserire in questo modo netto una soglia è stata una “sciocchezza”, bisognava invece “prevedere dei passaggi coerenti oltre la soglia di applicazione dello sconto”. Un sistema di décalage, per usare un termine giornalistico, che portava lo sconto a ridursi gradualmente fino ad annullarsi a una certa soglia, eliminando così lo scalone.
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