Meloni conferma l’intenzione del governo di proseguire con le misure che aumentano gli stipendi netti dei lavoratori. Le soluzioni che verranno adottate nel 2024 si possono sintetizzare in 3 punti.
Ci sono almeno tre ragioni per cui nel 2024 gli stipendi potrebbero essere più alti rispetto a oggi. Ne ha parlato Giorgia Meloni nell’ultimo confronto con i sindacati che si è tenuto a Palazzo Chigi il 30 maggio scorso, quando la presidente del Consiglio ha svelato i piani del governo per il prossimo anno.
La buona notizia è che il governo intende proseguire con il percorso già tracciato nel 2023, continuando a intervenire su imposte e contributi che gravano sugli stipendi così da aumentarne l’importo netto.
Un aiuto arriverà dalla riforma del fisco, ma nel frattempo il governo ha intenzione di confermare lo sgravio contributivo introdotto nel 2023 (da capire se quello in vigore nella prima metà dell’anno oppure quello che sarà applicato dal prossimo luglio).
A oggi, quindi, sembrano esserci almeno tre ragioni per cui le buste paga sono destinate nuovamente ad aumentare dal prossimo anno, con la speranza che nel frattempo anche il livello generale delle retribuzioni torni a salire dopo anni di stallo in cui l’inflazione corre e corrode sempre più il potere d’acquisto degli stipendi.
Riforma Irpef
Come anticipato, la riforma fiscale sarà d’aiuto per l’aumento degli stipendi. Infatti, come confermato da Giorgia Meloni ai sindacati, ci sarà una revisione delle aliquote Irpef da cui ne scaturirà un risparmio sulle imposte per tutti i lavoratori (e non solo).
Nel dettaglio, la presidente del Consiglio ha annunciato che verrà “ampliato sensibilmente” lo scaglione più basso dell’Irpef, quello che oggi arriva fino a 15 mila euro con un’aliquota del 23%. L’ipotesi più accreditata è di accorparlo alla seconda fascia di reddito, quella che comprende i redditi fino a 28 mila euro, con un risparmio massimo di 260 euro l’anno.
Le altre novità della riforma fiscale
La seconda ragione per cui le buste paga potrebbero aumentare nel 2024 è da individuare nelle altre misure che verranno approvate a margine della riforma fiscale.
Come annunciato da Meloni, intanto per i lavoratori dipendenti potrebbero esserci delle deduzioni al pari di quelle oggi previste per i lavoratori autonomi. La più accreditata riguarda le spese sostenute per i trasporti, le quali potrebbero così ridurre la base imponibile su cui si calcolano contributi e imposte, aumentando di conseguenza l’importo dello stipendio netto.
E ancora, il governo punta a incentivare i datori di lavoro a farsi carico degli aumenti di stipendio riconoscendo delle misure a zero tasse. Ad esempio, si vuole puntare ancora sui fringe benefit, rendendo strutturale il limite di 3.000 euro l’anno per i lavoratori con figli a carico. Avere un figlio a carico potrebbe essere determinante anche per l’accesso di un’altra misura: Meloni ha infatti annunciato di voler rendere strutturale anche il contributo che i datori di lavoro - a loro scelta - possono riconoscere ai lavoratori a cui nasce un figlio.
D’altronde il tema della denatalità è un problema che va affrontato al più presto: come spiegato da Meloni, e come tra l’altro confermato dai massimi esperti in ambito demografico, “la denatalità è un’altra grande questione economica, che se non affrontata per tempo renderà molto meno efficaci tutti gli altri provvedimenti”, d’altronde “è inutile pensare a come ottimizzare il sistema previdenziale, se abbiamo sempre meno persone in età lavorativa”.
Sgravio contributivo
Giorgia Meloni ritiene che lo sgravio contributivo sia migliore del salario minimo ed è per questo che anche nel 2024 punterà sulla misura che già il governo Draghi introdusse per sostenere il potere d’acquisto delle retribuzioni.
La presidente del Consiglio ha assicurato che lo sgravio contributivo verrà confermato anche nel 2024, non scendendo però nei dettagli della misura. Le ipotesi sono due:
- confermare lo sgravio del 2% e 3% (per gli stipendi rispettivamente fino a 1.923 e 2.692 euro) in vigore tra gennaio e giugno 2023;
- estendere a tutto il 2024 lo sgravio del 6% e 7% (per gli stessi stipendi di cui sopra) che sarà in vigore tra giugno e dicembre 2023.
Se nel primo caso saranno sufficienti appena 4,5 miliardi di euro, per il secondo ne serviranno almeno 10 miliardi. Ma la differenza in busta paga sarebbe tangibile: con lo sgravio del 2% o 3%, infatti, il risparmio in busta paga può essere di massimo 41 euro al mese (circa), mentre arrivando al 6% o 7% il guadagno può arrivare fino a 100 euro (come potete notare dalla seguente tabella).
Retribuzione lorda | Aumento netto mensile con sgravio del 2% o 3% | Aumento netto mensile con sgravio del 6% o 7% |
---|---|---|
10.000 euro | 19,25 euro | 44,92 euro |
12.500 euro | 24,06 euro | 56,15 euro |
15.000 euro | 28,88 euro | 67,38 euro |
17.500 euro | 28,81 euro | 67,22 euro |
20.000 euro | 32,95 euro | 76,82 euro |
22.500 euro | 37,04 euro | 86,42 euro |
25.000 euro | 41,15 euro | 96,03 euro |
27.500 euro | 30,18 euro | 90,54 euro |
30.000 euro | 32,95 euro | 90,49 euro |
32.500 euro | 30,51 euro | 91,52 euro |
35.000 euro | 32,85 euro | 98,56 euro |
Elaborazione dello studio De Fusco Labour & Legal
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