Confermato nel decreto Omnibus il condono 2025 con uno scudo fiscale per gli anni 2018-2022. Controlli estesi per chi non aderisce. Istruzioni per il calcolo della base imponibile della sanatoria.
Nel concordato preventivo biennale, spunta il condono 2025: un vero e proprio scudo fiscale per gli anni 2018-2022, ma non aderire alla sanatoria potrebbe costare caro.
Approvato l’emendamento al decreto Omnibus con il condono tombale sui redditi non dichiarati negli anni di imposta dal 2018 al 2022. Il decreto passa ora all’esame del Senato e dovrà essere convertito in legge entro l’8 ottobre 2024. Posta la questione di fiducia.
La novità fiscale più importante per il 2024 è il concordato preventivo biennale (Cpb). Giunti ormai a ottobre ancora non si riesce a definire bene come funzionerà e i reali vantaggi per i contribuenti che decidono di aderire. L’ultima novità introdotta, o meglio, che si sta per introdurre, è la possibilità per chi aderisce di ottenere una sorta di rottamazione, da molti definita un vero condono tombale, per gli anni di imposta 2018-2022.
Per chi aderisce, vi sarebbe la possibilità di evitare i controlli su tali anni di imposta e pagare una piccolissima somma per sanare le “dimenticanze”, cioè i redditi non dichiarati e le operazioni non fatturate. Non solo, l’ultima modifica apportata all’emendamento al decreto Omnibus prevede l’estensione di un anno dei termini per i controlli fiscali per chi non aderisce. Insomma chi non aderisce alla sanatoria vedrà i termini per i controlli sulle dichiarazioni presentate dal 2018 al 2022 dilatarsi notevolmente.
La sanatoria non si estende agli illeciti penale.
Vediamo però come dovrebbe funzionare il nuovo condono fiscale accessibile solo con il concordato preventivo biennale.
Condono 2025 per chi aderisce al concordato preventivo biennale, nuovo scudo fiscale
Ricordiamo che il concordato preventivo biennale si applica ai redditi 2024-2025, nella proposta di modifica è prevista una sanatoria per i redditi prodotti nel quadriennio precedente 2018-2022 con particolare attenzione agli anni 2020-2021 caratterizzati dal Covid.
L’emendamento è firmato da Fausto Orsomarso (FdI), Massimo Garavaglia (Lega) e Dario Damiani (FI).
Ai contribuenti che decidono di aderire al concordato preventivo biennale entro il 31 ottobre 2024, viene offerta la possibilità di evitare controlli fiscali per gli anni di imposta precedenti e sanare i debiti pregressi con il versamento di un’imposta sostitutiva sull’incremento del reddito dichiarato, parametrata al proprio livello di affidabilità fiscale.
La percentuale di rivalutazione aumenta al diminuire del punteggio Isa, mentre l’aliquota dell’imposta sostitutiva diminuisce al crescere dello stesso punteggio, con un trattamento fiscale privilegiato riservato ai contribuenti ritenuti più affidabili.
Per gli anni di imposta 2020 e 2021 (Covid) l’imposta dovuta seguendo il metodo di calcolo viene ulteriormente abbattuta del 30%.
Scegliendo tale imposta sostitutiva, si viene liberati dal rischio di controlli per gli anni 2018-2022.
C’è un altro elemento però da considerare perché chi non aderirà, con molta probabilità, sarà sottoposto a controlli proprio per quegli anni di imposta e per chi ha un Isa basso questo potrebbe essere un rischio elevato. Da queste prime indiscrezioni trapelate sul meccanismo sembrano di nuovo premiati i contribuenti per i quali gli Isa non si applicano.
Come si calcola la base imponibile per la sanatoria e aliquota
Qual è la base imponibile della nuova imposta sostitutiva, o scudo fiscale? Si ipotizza sul reddito non dichiarato negli anni 2018-2022 una flat tax con aliquota dal 10% al 15%.
Il testo dell’emendamento approvato conferma:
la base imponibile dell’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e delle relative addizionali è costituita dalla differenza tra il reddito d’impresa o di lavoro autonomo già dichiarato, alla data di entrata in vigore della presente disposizione, in ciascuna annualità e l’incremento dello stesso calcolato nella misura del
- 5% per chi ha un indice di affidabilità fiscale pari a 10;
- 10% per chi ha un indice tra 8 e 10 ed è quindi ritenuto “affidabile” dalle Entrate;
- 20% in caso di Isa pari o superiore a 6 e inferiore a 8;
- 30% per Isa tra 4 e 6;
- 40 se l’Isa è inferiore a 4;
- 50% con Isa sotto il 3.
Si tratterebbe quindi di un incremento forfettario che aumenta nel momento in cui l’Isa si riduce e quindi si riduce l’affidabilità fiscale. In ogni caso, il valore complessivo dell’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e delle relative addizionali da versare per ciascuna annualità oggetto dell’opzione non può essere inferiore a mille euro.
Ad esempio, se un contribuente con indice Isa 7 ha dichiarato 30.000 euro, avrebbe dovuto dichiararne il 20% in più, quindi 36.000, su tale differenza si applica l’aliquota sostitutiva. Le interpretazioni in rete sul calcolo sono diverse e non mancano dubbi, ma questa sembra la più rispondente alla lettera dell’emendamento 2.0.3 approvato nelle Commissioni Bilancio e Finanze del Senato.
A questo incremento di reddito, per le imposte sui redditi si applica poi un’aliquota tra il 10% e il 15% in base all’Indice di affidabilità fiscale.
L’aliquota del 15% troverebbe applicazione per un’affidabilità fiscale inferiore a 6, 12% per Isa compreso tra 6 e 8, 10% per i punteggi Isa più alti di 8.
Nel caso precedente, a 6.000 euro (base imponibile) si applica un’aliquota del 12%.
Per l’Irap, invece, alla base imponibile si applica un’aliquota del 3,9%.
Le somme potranno essere pagate in unica soluzione entro il 31 marzo 2025 o in 24 rate. Chi non paga in modo regolare, decade dal beneficio.
Perché questa svolta epocale nel concordato preventivo biennale? Il relatore del provvedimento in Commissione Finanze al Senato, Giorgio Salvitti, aveva già anticipato che l’obiettivo è rendere più attrattivo il concordato preventivo biennale, di fatto l’obiettivo è aumentare le entrate fiscali.
Quanto costa alle casse dello Stato il nuovo condono 2025?
Nell’ultima modifica apportata al testo dell’emendamento sono indicate anche le potenziali entrate perse con questa sanatoria, cioè il costo di questa sanatoria. In breve, se l’Agenzia delle Entrate facesse controlli su tali anni di imposta a caccia di evasori probabilmente recupererebbe circa un miliardo in più rispetto a quanto si recupera con il condono.
Si tratta di poco meno di 1 miliardo di euro, con la precisione, 986 milioni di euro in 5 anni così suddivisi:
- 212 milioni di euro per il 2025;
- 267 milioni per il 2026;
- 223 milioni di euro per il 2027;
- 176 milioni per il 2028;
- 108 milioni per il 2029.
Dubbi sulla legittimità costituzionale dell’emendamento con condono 2025
L’emendamento in oggetto è stato oggetto di modifiche perché fin da subito le opposizioni hanno sollevato dubbi, infatti si ipotizza una differenza di trattamento eccessiva rispetto ai contribuenti non titolari di partita Iva, in particolare lavoratori dipendenti.
I tecnici che analizzano le norme, hanno sottolineato che ci sono due diversi profili che ostacolano questa sanatoria.
Sotto un primo profilo si deve ricordare che la normativa dell’Unione Europea vieta sanatorie sull’Iva, imposta sul valore aggiunto, e questa è considerata un’imposta comunitaria.
Il secondo profilo è tutto interno, infatti si ritiene la norma incostituzionale in quanto si tratterebbe del primo caso in cui una sanatoria fiscale viene applicata solo a una parte dei contribuenti, cioè solo ai titolari di partita Iva. Si crea in questo modo disparità di trattamento.
Nonostante tali rilievi vi sono state poche modifiche sostanziali rispetto alla formulazione iniziale. Infatti, nella prima stesura il concordato si applicava dal 2018 al 2023 è stato poi tagliato un anno, il 2023, anno per il quale la campagna dichiarativa è ancora in corso.
Ricordiamo che se anche il decreto dovesse essere convertito con tale emendamento, sono possibili controlli successivi, tra cui quello del Presidente della Repubblica ed eventualmente quello della Corte Costituzionale.
Come funziona il concordato preventivo biennale
Il concordato preventivo biennale è stato presentato come una vera rivoluzione volta a semplificare i rapporti tra Fisco e contribuente. Si tratta di un accordo biennale che consente di determinare in anticipo il reddito prodotto e quindi la tassazione applicata.
Il vantaggio dovrebbe essere rappresentato dal fatto che nel caso in cui l’ammontare di redditi e ricavi prodotti dovesse essere superiore, comunque si verserebbero le imposte concordate.
Se all’inizio di questo lungo viaggio non erano ben chiari i criteri con i quali sarebbe stato calcolato il reddito e la conseguente tassazione proposta per due anni ai contribuenti, subito è stato, invece, chiaro che non potevano accedere coloro che avevano già problemi con il Fisco. L’articolo 4 del decreto legislativo 108 del 2024 ribadisce
Possono accedere al concordato preventivo biennale i contribuenti che, con riferimento al periodo d’imposta precedente a quelli cui si riferisce la proposta, non hanno debiti per tributi amministrati dall’Agenzia delle entrate o debiti contributivi.
Nel momento in cui inizia a delinearsi il metodo di calcolo e i componenti del reddito, iniziano anche i malumori perché di fatto per tutti i titolari di partita Iva vi è un aumento del reddito rispetto a quello dichiarato negli anni precedenti. Particolare rilevanza assumono gli indici Isa (Indici sintetici di affidabilità fiscale), laddove il punteggio è basso vi è un più elevato discostamento tra il reddito proposto dal Fisco al contribuente e il reddito dichiarato negli anni precedenti.
Questo elemento ha portato molti contribuenti a essere poco entusiasti dello strumento, proprio per questo si sta pensando ora a una piccola sanatoria che possa indurre i contribuenti ad aderire. Deve essere ribadito che la manovra fiscale per il 2025 sarà in gran parte determinata proprio dall’andamento del concordato preventivo biennale.
Acconto concordato preventivo biennale, si applica la maggiorazione
Per il primo anno di applicazione del concordato preventivo biennale cambiano anche gli importi dell’acconto da versare per le imposte.
Ricordiamo che al concordato si deve aderire entro il 31 ottobre 2024, quando l’anno di imposta è ormai già avviato. Il decreto legislativo 108 del 2024 apporta modifiche e da un lato stabilisce che
L’acconto delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive relativo ai periodi d’imposta oggetto del concordato è determinato secondo le regole ordinarie tenendo conto dei redditi e del valore della produzione netta concordati.
Ma subito dopo detta le regole valide per il solo 2024. Applica una maggiorazione:
- se l’acconto delle imposte sui redditi è determinato sulla base dell’imposta relativa al periodo precedente, è dovuta una maggiorazione di importo pari al 10% della differenza, se positiva, tra il reddito concordato e quello di impresa o di lavoro autonomo dichiarato per il periodo precedente;
- se l’acconto dell’Imposta regionale sulle attività produttive, Irap, è determinato sulla base dell’imposta relativa al periodo precedente, è dovuta una maggiorazione di importo pari al 3% della differenza, se positiva, tra il valore della produzione netta concordato e quello dichiarato per il periodo precedente;
- se l’acconto è determinato sulla base dell’imposta relativa al periodo in corso, la seconda rata di acconto è calcolata come differenza tra l’acconto complessivamente dovuto in base al reddito e al valore della produzione netta concordato e quanto versato con la prima rata calcolata secondo le regole ordinarie.
Gli acconti con le relative maggiorazioni devono essere versati entro il termine previsto per il secondo acconto o acconto unico, cioè entro il 30 novembre.
Ricordiamo però che su tali differenze tra il reddito prodotto negli anni precedenti e il reddito oggetto di concordato, si applica una flat tax al 15%. Per quel che riguarda i forfettari, la maggiorazione dovuta vedrà l’applicazione di un’aliquota pari al 12%, soglia che scende al 4% per i forfettari che applicano la flat tax per le startup.
Ricordiamo che il decreto deve essere convertito in legge entro l’8 ottobre 2024
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