Massima attenzione alla Francia, arriva l’ultimatum di Marine Le Pen e del suo delfino Bardella. Che dà un tempo massimo preciso indicando anche l’ora.
Nessuno sconto da Marine Le Pen al governo francese. La leader del partito di estrema destra Rassemblement National (RN) è tornata a minacciare di far cadere il governo, dando un ultimatum all’esecutivo guidato da Michel Barnier: un governo nato secondo diversi esperti già morto, dopo la decisione del presidente Emmanuel Macron di assegnare all’ex commissario dell’Unione europea il compito di guidare la Francia, a seguito delle elezioni presidenziali, che si sono tenute in due turni, tra la fine di giugno e gli inizi di luglio di quest’anno.
“Il Rassemblement National attiverà il meccanismo del voto di censura, a meno che, ovviamente, non ci sia un miracolo dell’ultimo minuto, ovvero se Barnier modificherà il suo testo (legge di bilancio) tra ora e le ore 15 (di oggi, lunedì 2 dicembre). Ma ho poche speranze che lui veda la luce , visto che siamo stati ignorati e presi in giro per diversi mesi ”, ha tuonato il delfino di Marine Le Pen, presidente del Rassemblement National.
Marine Le Pen e l’ultimatum al primo ministro Barnier. Cronaca di un governo nato già morto
Già Marine Le Pen, la scorsa settimana, aveva minacciato di far cadere il governo. Testuali parole: “Il y a encore des difficultés. Nous sommes jeudi. Il a jusqu’à lundi [2 décembre]”. Tradotto: “Ci sono ancora alcune difficoltà. Siamo a giovedì. Lui ha tempo fino a lunedì (2 dicembre)”.
Una crisi implacabile, quella d’Oltralpe, che sta facendo riesplodere l’avversione al rischio in tutto il blocco dell’Eurozona e che affonda le sue radici nella decisione del Presidente francese Emmanuel Macron, subito dopo l’esito delle elezioni europee di quest’anno, di indire le elezioni anticipate nel Paese, facendo tornare i francesi alle urne. Elezioni contrassegnate da continui colpi di scena, visto che il Rassemblement National di Marine Le Pen è uscito trionfante al primo turno del voto, per poi ritrovarsi costretto a cedere lo scettro della vittoria alla sinistra radicale del Nuovo Fronte Popolare (Nouveau Front Populaire, NFP), l’alleanza nata dal desiderio dei partiti, tra cui La France Insoumise e Les Écologistes, di unire le loro forze per impedire la vittoria dell’estrema destra.
A ostacolare tuttavia sia l’estrema destra che l’estrema sinistra ci ha pensato la regia del Presidente francese Emmanuel Macron, che ha lanciato una chiamata alle armi ai moderati del suo partito Renaissance e all’altro partito di centrodestra dei Repubblicani.
Risultato: alla fine Macron ha nominato primo ministro Michel Barnier, esponente dei Repubblicani, che erano arrivati quarti alle elezioni anticipate di luglio.
Uno schiaffo in faccia in particolare all’estrema sinistra, che aveva vinto, ma senza assicurarsi la maggioranza assoluta.
Inizialmente, la mancata bocciatura dell’estrema destra alla nomina di Barnier aveva fatto pensare anche a una sorta di patto tra Le Pen e il centrodestra di Macron per neutralizzare il Nuovo Fronte Popolare.
Proprio l’NFP era infatti scattato minacciando una mozione di sfiducia contro il nuovo governo.
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Manovra da 60 miliardi di euro, Le Pen minaccia Barnier
Nelle ultime settimane, a fronte di una legge di bilancio presentata da Barnier fatta di tagli alla spesa pubblica, patrimoniale per i super ricchi e in generale di aumenti delle tasse, Marine Le Pen è tornata a brandire l’arma della mozione di sfiducia per staccare la spina al governo, tornando a indossare le vesti di paladina del popolo francese.
Quella manovra che vale 60 miliardi di euro ha fatto accapponare subito la pelle a diversi francesi e anche ai mercati finanziari che, nelle ultime sessioni, sono tornati a punire gli asset made in France, in primis i bond sovrani, come conferma la grande notizia dello spread Francia-Grecia, che si è praticamente azzerato la scorsa settimana.
Le ragioni della paura che ha attanagliato sia il popolo francese che chi investe in Francia sono state tuttavia diverse e diametralmente opposte: se i cittadini francesi che hanno votato Le Pen hanno gridato allo scandalo alla manovra di Barnier, accogliendo con ira la prospettiva di ulteriori tagli alla spesa pubblica e aumenti delle tasse da parte di un Paese che ha dato sempre tanto ai suoi cittadini in termini di welfare, i mercati hanno guardato con timore proprio alla minaccia che i populisti di Le Pen o dell’estrema sinistra tornassero a far sentire la loro voce per far cadere il governo: governo considerato necessario, per riportare Parigi a imboccare la strada dell’aggiustamento dei conti pubblici.
Anche i conti di Parigi sono diventati infatti oggetto d’ansia, in quanto erosi da livelli elevati del deficit e del debito pubblico che sembravano tipici, in Europa, soprattutto di economie come quelle dell’Italia e della Grecia.
Di conseguenza, per qualche ora la scorsa settimana gli investitori di tutto il mondo hanno considerato i titoli di stato emessi dalla Grecia ex PIIGS addirittura più sicuri di quelli emessi da Parigi.
Il fenomeno si ripresenta oggi, visto che i rendimenti dei bond di Parigi OAT al momento salgono al 2,90%, confermandosi superiori, sebbene di poco, rispetto ai rendimenti dei titoli di Stato ellenici, pari al 2,89%.
Il fatto che siano superiori indica che, secondo il mercato, al momento i bond sovrani della Grecia sono più sicuri rispetto a quelli francesi.
Occhio oggi anche ai BTP, che rimangono blindati, con i rendimenti che scendono di 3 punti base al 3,25%, livello inferiore di ben 44 punti base nell’ultimo mese e in forte ritirata, di ben 85 punti base, nell’ultimo anno.
Soltanto nel corso dell’ultimo mese, i rendimenti dei BTP a 10 anni sono scesi di 44 punti base, a fronte di tassi dei titoli di Stato francesi OAT in calo di 27 punti base, prima di tornare a infiammarsi la scorsa settimana, riportando lo spread Francia-Germania ad allargarsi al record dalla crisi dei debiti sovrani del 2012.
Sotto controllo, invece, lo spread BTP-Bund.
A questo punto, se il primo ministro Michel Barnier non riuscirà a dare una risposta soddisfacente a Marine Le Pen entro la giornata di oggi, un voto di sfiducia da parte del Rassemblement National di Le Pen, che è di fatto il principale partito dell’Assemblea Nazionale, potrebbe presentarsi già dopodomani, mercoledì 4 dicembre.
Focus anche sull’euro, che cade sotto l’attacco dei sell, scendendo fino a $1,0510, in perdita fino a oltre mezzo punto percentuale, prima di ridurre lievemente i cali.
Così ha commentato a Bloomberg Rodrigo Catril, strategist at National Australia Bank, parlando da Sidney:
“Sicuramente, il terremoto politico francese non aiuta l’euro. Un vero collasso del governo attraverso una mozione di sfiducia che avesse successo aggiungerebbe ulteriore incertezza (all’area)”.
La rivincita della Grecia
Nel frattempo, la Grecia si riprende la rivincita, anche se diversi sono i dubbi degli esperti sulla durata di questo momento quasi di gloria degli ex PIIGS che si stanno prendendo la rivincita.
Sembra essere il momento di riscatto, per Atene nello specifico ma anche per l’Italia di Meloni, contro quelli che oggi sono diventati ex Paesi virtuosi: ovvero la Francia, alle prese con la drammatica crisi politica che va avanti ormai da sei mesi (in via ufficiale, in quanto il malcontento serpeggiava da parecchio), e la stessa Germania, che oggi è decisamente diversa da quella del passato, ergo della crisi dei debiti sovrani, quando l’ex cancelliera Angela Merkel impartiva lezioni ai Paesi periferici, Italia compresa.
Anche Berlino è finita vittima del caos politico, dal momento che con la caduta del governo Scholz, stremato da una crisi che è diventata anche economica, la Germania - che da locomotiva dell’Europa sembra essere diventata ultima ruota del carro - si avvia alle elezioni anticipate.
Intanto, il governo francese di Michel Barnier sembra avere addirittura i giorni, se non le ore, contate.
In ogni caso, anche se dovesse sopravvivere, monta il timore che, in ogni caso, le finanze pubbliche francesi continueranno a soffrire.
Scettico sulla capacità di Parigi di rimettere a posto i suoi conti l’analista di Goldman Sachs Alexandre Scotte, che ha definito l’ambizione del governo Barnier di far scendere il rapporto deficit-PIL della Francia dal 6,1% al 5% una “asticella alta”.
Stott ha aggiunto tra l’altro di prevedere per il rapporto debito-PIL della Francia un rialzo al 118% entro il 2027.
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