Entrare nei social network del partner senza consenso è un reato, a prescindere dalle finalità. Ecco quando c’è responsabilità penale e cosa si rischia a seconda dei casi.
Stupirebbe sapere quante persone ogni giorno accedono ai profili social del partner a insaputa del diretto interessato. Nella stragrande maggioranza dei casi alla ricerca di un tradimento, ma non è raro trovare motivazioni più bizzarre: indizi su un regalo, sapere cosa dicono della relazione agli amici e così via.
Lasciando le considerazioni dal punto di vista etico alla morale personale, l’aspetto giuridico dovrebbe invece essere conosciuto meglio. Quasi chiunque compia questo gesto, non importa se abitualmente o meno, commette un reato senza saperlo. Non conta che il cellulare spiato appartenga al partner, neppure se c’è un matrimonio a legare i due, per superare il bisogno di un consenso all’accesso ai dati personali.
Vediamo quindi quali sono i rischi penali conseguenti a questo comportamento.
Entrare nei social del partner è un reato, quando e perché
Il profilo sui social network e le relative conversazioni attraverso le piattaforme di messaggistica sono un vero e proprio spazio privato, anche se ospitato dal web. Che si tratti di Facebook, Instagram o qualsiasi altro sistema vige la regola per cui soltanto il proprietario del profilo può acconsentire all’accesso di un’altra persona.
Per quanto riguarda le chat, ovviamente, la possibilità di leggerle e condividerle è la stessa per entrambi gli utenti che vi partecipano, lo stesso in caso di gruppi. L’unico principio da tenere a mente per capire quando la condotta è penalmente rilevante è proprio quello del consenso, in mancanza del quale si è di fronte a una violazione.
Come più volte ribadito dalla Corte di Cassazione, non c’è alcuna attenuante per chi entra nel social perché il partner aveva precedentemente comunicato le proprie credenziali, nemmeno se l’accesso autorizzato viene impiegato per motivazioni diverse da quelle originali.
Entrare nel profilo social altrui non è un reato soltanto quando il proprietario autorizza a farlo nel senso più ampio del termine. Per esempio, se il partner ha fornito la propria password per non rischiare di dimenticarla oppure per effettuare l’accesso in una determinata occasione ciò non vuol dire che sia lecito controllargli il profilo altre volte. O ancora, se il partner chiede di controllare la presenza di messaggi e notifiche, magari anche di rispondere a una conversazione perché impossibilitato, non è un passe-partout per curiosare in altro.
In altre parole, è lecito fare soltanto ciò per cui si è stati espressamente autorizzati, se c’è stata una finalità specifica (“Rispondi tu perché sto guidando”, “ti dico la password nel caso in cui la dimentichi”, “aiutami a modificare questo post” e così via). Se le credenziali vengono fornite liberamente senza un limite specifico, nemmeno implicito, l’accesso è da considerarsi lecito, ma bisogna comunque fare attenzione alla propria condotta.
Cosa rischia chi entra nel profilo del partner a sua insaputa
Chi entra nel profilo del partner senza il suo consenso può senza dubbio essere accusato di accesso abusivo a un sistema informatico, punito dall’articolo 615 ter del Codice penale con la reclusione fino a 3 anni. La legge include espressamente la fattispecie di permanere nel sistema per cui era stato autorizzato l’accesso, ma riguardo a tempi inferiori o diversi fini.
Molto spesso, l’accesso ai profili del partner è finalizzato alle conversazioni. Ebbene, in questo caso si commette il reato di violazione della corrispondenza privata previsto dall’articolo 616 del Codice penale e punito con la reclusione fino a 1 anno o la multa da 30 a 516 euro. Rivelando il contenuto senza giusta causa, la reclusione arriva fino a 3 anni.
Entrambi i reati sono punibili a querela della persona offesa (entro 3 mesi dal fatto), ma se si partecipa alle conversazioni fingendosi il partner per ottenere più informazioni si incorre nel reato di sostituzione di persona. Quest’ultimo è procedibile d’ufficio e quindi denunciabile da chiunque e senza limiti di tempo, punito dall’articolo 494 del Codice penale con la reclusione fino a 1 anno.
Infine, è importante sapere che le eventuali prove di tradimento, offesa o altro trovate impropriamente non potranno essere utilizzate in un processo penale (ad esempio per diffamazione), mentre l’ammissione in una causa civile (di separazione o divorzio di norma) è valutata dal giudice, sulla base della presenza o meno di un interesse legittimo.
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