Estradizione, come funziona e perché Mohammad Abedini è stato scarcerato

Ilena D’Errico

13 Gennaio 2025 - 00:15

Ecco come funziona l’estradizione, quando viene concessa e perché è stato revocato l’arresto di Abedini.

Estradizione, come funziona e perché Mohammad Abedini è stato scarcerato

L’estradizione è uno degli istituti giuridici più nominati, per quanto in pochi ne conoscano davvero il funzionamento e le condizioni. In questi giorni se ne parla soprattutto in merito alla vicenda di Mohammad Abedini, in quanto il ministro Nordio l’ha negata predisponendo la revoca dell’arresto e il ritorno dell’informatico in Iran. Le connotazioni politiche della vicenda e il ritorno in patria di Cecilia Sala non fanno che alimentare la confusione sul tema, dimenticando che ci sono procedure e regole precise da rispettare che vanno al di là dei rapporti diplomatici internazionali.

Al di là di questo specifico caso, si sente spesso nominare l’estradizione in film e libri in riferimento alla fuga in Stati esteri considerati tolleranti, un rifugio sicuro per evitare la punibilità. Anche in questo caso, la questione è raramente semplice come viene presentata. C’è da dire che esistono diversi tipi di estradizione e che le differenti norme nazionali possono creare dibattiti rilevanti, perciò la materia non è affatto semplice. Ci sono però principi importanti di cui viene tenuto conto, soprattutto in Italia.

Come funziona l’estradizione e perché Abedini è stato scarcerato

L’estradizione è quel meccanismo per cui uno Stato consegna all’altro il soggetto presente sul proprio territorio al fine di consentire il processo o l’esecuzione della pena. Si distingue in tal proposito tra estradizione processuale o esecutiva. Un’ulteriore distinzione è tra estradizione passiva o attiva. La prima riguarda lo Stato che riceve la richiesta, la seconda quello che la mette in atto. Il procedimento cambia a seconda dei casi, ma la concessione si basa su principi simili.

L’Italia in riferimento alla vicenda di Mohammad Abedini ha dovuto interrogarsi sull’estradizione passiva processuale, per esempio, richiesta nello specifico dagli Stati Uniti. Una delle prime norme che regola l’estradizione nel nostro ordinamento è la Costituzione, il cui articolo 26 la limita alle ipotesi previste espressamente dalle convenzioni internazionali, vietandola sempre per i reati politici.

Conoscere queste disposizioni è tutto fuorché un’indicazione esaustiva, poiché di fatto l’estradizione può essere concessa anche in ipotesi non menzionate espressamente nelle convenzioni internazionali (purché non vietate) e discusse tra le parti oltre che per alcuni delitti politici. Bisogna infatti guardare ai principi costituzionali e alla ragione che guida la norma. I delitti di carattere politico che contrastano con questi principi, come il genocidio, il terrorismo e contro l’umanità non sono infatti esclusi dall’estradizione. Si tratta di reati che minano la libertà e i diritti degli esseri umani, valori fortemente tutelati nel nostro ordinamento.

Al contrario, per tutti gli altri delitti politici l’estradizione è esclusa, proprio perché contrastante con i diritti e le libertà. Altrimenti dovremmo permettere a un Paese estero di perseguire l’ideologia politica o il suo dissenso in modo discriminatorio, andando contro ai pilastri fondamentali del diritto italiano (e europeo peraltro). Proprio perché non ci sono ordinamenti penali uniformi in tutto il mondo e non potendo avere potere decisionale sulle norme nazionali altrui, l’estradizione si basa sul principio di doppia incriminazione.

Ciò significa che l’Italia concede l’estradizione soltanto quando il cittadino è condannato o accusato di un reato considerato tale in entrambi gli Stati. Difatti, le convenzioni Italia-USA subordinano l’estradizione proprio a questa condizione e questo è stato il requisito mancante nella vicenda Abedini. Il reato contestato all’informatico iraniano di associazione a delinquere per violare l’IEEPA non trova infatti alcuna corrispondenza nel nostro Codice penale.

Anche in caso di doppia incriminazione, peraltro, l’estradizione può essere negata, Ciò avviene in preservazione del diritto alla vita, quindi qualora il reato può (anche solo potenzialmente) dar luogo alla pena di morte in base alle leggi vigenti nello Stato richiedente. Quest’ultimo deve inoltre garantire un equo e giusto processo, perché altrimenti l’Italia dovrebbe contrariare i principi cardine su cui si fonda il proprio diritto.

Questi sono i principi fondamentali che guidano il diritto italiano e ispirano le convenzioni internazionali di cui fa parte l’Italia, ma non i soli. Bisogna infatti tenere conto della limitatezza della materia, secondo il principio di specialità lo Stato che ottiene l’estradizione deve procedere per i reati che hanno dato luogo al trasferimento e non per fatti anteriori non contemplati, altrimenti potrebbe ovviare alle regole. Il cittadino già condannato con sentenza irrevocabile non può inoltre essere estradato per un giudizio sullo stesso fatto.

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