Quanto dura secondo la legge l’obbligo di mantenimento dei figli e su chi ricade a seconda delle circostanze: ecco fino a che età vanno mantenuti per la giurisprudenza.
Il dovere di mantenimento cui sono chiamati i genitori è una questione spesso complessa, soprattutto quando la prole ha ormai raggiunto la maggiore età. L’obbligo di mantenere i figli maggiorenni apre controversie su vari profili, non soltanto quello giuridico, ma anche quello economico, sociale ed educativo. La crisi del mercato lavorativo e la crescita dei costi rende sempre più difficile raggiungere l’autonomia e lasciare il nido familiare.
Anche per questo, tanti figli adulti vivono ancora con i genitori, con un peso alleggerito. C’è però differenza tra la collaborazione, l’aiuto e il vero e proprio obbligo di legge che impone ai genitori di provvedere a tutte le esigenze dei figli. Senza dimenticare delle ulteriori complicazioni che intervengono quando i genitori non sono in accordo in proposito, specialmente se divorziati o con redditi molto differenti. Cerchiamo dunque di definire chi deve mantenere i figli e fino a che età.
Chi deve mantenere i figli
Il mantenimento dei figli spetta sempre ai loro genitori, naturali o adottivi che siano, oppure ai loro tutori. Nonostante il tema del mantenimento sia spesso tirato in causa quando i genitori si separano oppure i figli diventano maggiorenni (e si cerca di capire se l’obbligo sia cessato), in realtà si tratta di un dovere sempre presente, anche se i genitori non sono sposati.
I genitori, infatti, sono sempre obbligati a mantenere i figli in modo proporzionale alle loro possibilità. L’unica differenza è che con la separazione, il genitore non collocatario versa mensilmente l’assegno di mantenimento al genitore che vive con i figli e che, invece, provvede direttamente alle loro esigenze.
Quando i genitori non sono separati, invece, succede che entrambi provvedono ai bisogni dei figli in modo diretto senza inviarsi soldi fra loro oppure ai figli stessi. In ogni caso, l’obbligo ricade sempre su entrambi i genitori e su nessun altro al di fuori di loro.
È vero che in determinati casi, anche altri familiari sono chiamati a contribuire, per esempio i nonni in caso di impossibilità dei genitori. Si tratta però di eccezioni che si basano non solo sull’effettivo impedimento dei genitori, ma anche su un obbligo di tipo differente.
Ciò che varia da caso a caso è invece il modo in cui l’obbligo di mantenimento è distribuito tra i due genitori, che varia a seconda delle disponibilità economiche individuali e deve comunque garantire nel loro rispetto il soddisfacimento di tutte le esigenze dei figli. Il mantenimento, infatti, va ben oltre le necessità primarie come le spese mediche, vitto e alloggio, ma comprende anche le esigenze sociali, d’istruzione, intrattenimento e così via.
Le spese straordinarie
Quando i genitori si separano e viene determinato un assegno di mantenimento si citano anche le spese straordinarie, esigenze impreviste (e imprevedibili per natura) che non rientrano nel mantenimento ordinario. Queste spese, ovviamente, si presentano anche quando i genitori non sono separati o divorziati ma sono gestite di comune accodo nel ménage familiare.
Con la separazione, invece, è il giudice a stabilire la ripartizione delle spese straordinarie tra i coniugi. Molto spesso queste spese sono divise al 50%, ma non si tratta di una regola; perciò, se le finanze dei genitori sono molto sbilanciate anche la divisione delle spese straordinarie le rispecchia.
Bisogna poi distinguere tra le spese straordinarie necessarie, ad esempio di tipo medico o scolastico, che devono essere sempre ripartite tra i genitori nel modo stabilito e le spese voluttuarie, che non rispondono a esigenze inderogabili (ad esempio una vacanza) e sono divise tra i genitori soltanto se concordate di comune accordo.
Questi principi applicati per le separazioni e i divorzi con figli sono in realtà del tutto applicabili anche in caso di genitori che formano una coppia, solo che di rado vengono indagati perché si ricorre a scelte di comune accordo.
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Fino a quando bisogna mantenere i figli
Compreso su chi e in quale misura ricade l’obbligo di mantenimento dei figli, di norma i genitori si chiedono fino a quando devono mantenerli. Anche in questo caso non c’è un limite fissato dalla legge, ma ci sono diverse regole a seconda della situazione. In particolare, devono sempre essere mantenuti i figli:
- Minorenni;
- maggiorenni portatori di handicap grave;
- maggiorenni fino all’autosufficienza economica, purché la mancata indipendenza non sia attribuibile alla loro negligenza.
Non ci sono quindi dubbi sui figli minorenni e su quelli portatori di handicap, che devono sempre essere mantenuti dai genitori. In questo caso è bene ricordare che l’obbligo senza limiti di età fa riferimento esclusivamente ai figli con handicap grave, tale da impedirne l’autosufficienza lavorativa.
Altre patologie, invece, non danno diritto al mantenimento a vita, ma prorogano l’obbligo finché i figli non abbiano le condizioni di salute per iniziare a lavorare e rendersi indipendenti. In genere, i figli maggiorenni hanno diritto al mantenimento finché non raggiungono l’indipendenza economica, purché stiano attivamente cercando un’occupazione oppure stiano studiando (applicandosi) in vista del futuro inserimento lavorativo.
In sintesi, i figli maggiorenni devono comunque essere supportati, purché (e finché) la mancata indipendenza non sia attribuibile a una loro colpa o mancanza di volontà. Bisogna infine sapere che la cessazione dell’obbligo di mantenimento – che se l’assegno è stato imposto dal giudice deve sempre essere certificata dal tribunale – impedisce qualsiasi futuro ritorno dell’obbligo.
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Fino a che età vanno mantenuti i figli
Come premesso, non è possibile stabilire a priori una soglia di età oltre la quale non è più dovuto il mantenimento nei confronti dei figli maggiorenni. Questi ultimi hanno infatti diritto al mantenimento finché non raggiungono l’indipendenza economica o quanto meno la possibilità di ottenerla. Ciò non significa che il mantenimento sia dovuto vita natural durante, poiché oltre la maggiore età (e in assenza di gravi disabilità) il mancato raggiungimento dell’indipendenza deve essere giustificato.
Frequentare un percorso di studi e tentare di realizzare le proprie aspirazioni è un vero e proprio diritto dei figli, che tuttavia non possono procrastinare per sempre. A un certo punto, la maturità richiede senso di responsabilità e impegno, anche sacrificando obiettivi evidentemente non raggiungibili. Non è possibile inseguire un sogno per tutta la vita, anche se non ci sono vere e proprie negligenze, bisogna comunque ottenere l’autonomia, se serve accettando lavori differenti da quelli preventivati.
In questo senso, l’età è un fattore estremamente rilevante. Più aumenta, più diminuiscono le probabilità che ai figli spetti il mantenimento. Il mantenimento non deve inoltre collidere con la funzione educativa che spetta ai genitori. Pur non essendoci un numero prestabilito dalla legge, la Corte di Cassazione ha spesso considerato il compimento dei 30 anni come la soglia limite di riferimento. Oltre il trentesimo anno di vita, quando si è più che adulti, si dovrebbe essere in grado di diventare autonomi, a prescindere da interessi, formazione e obiettivi professionali. Ciò non toglie che l’obbligo di mantenimento possa decadere prima o, in casi assolutamente particolari, durare di più.
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