Gas, petrolio e rublo: perché (e quanto) le sanzioni alla Russia stanno facendo male a Putin

Stefano Rizzuti

30/03/2023

L’ha ammesso anche Vladimir Putin: le sanzioni stanno indebolendo l’economia russa. Tra gas, petrolio e rublo, cosa è successo a Mosca?

Gas, petrolio e rublo: perché (e quanto) le sanzioni alla Russia stanno facendo male a Putin

Alla fine anche Vladimir Putin l’ha dovuto ammettere: le sanzioni occidentali possono avere conseguenze molto negative sull’economia russa. Un’analisi del Wall Street Journal sostiene che l’economia di Mosca sta per crollare. E i funzionari europei e americani studiano cifre e tabelle sulla tenuta a medio termine del Cremlino, riportate in parte dal Corriere della Sera.

Centrali, per l’economia russa, sono da sempre il gas e il petrolio: dal gennaio del 2022 al gennaio del 2023 le esportazioni di gas si sono quasi dimezzate (-46%) e gli introiti derivanti dalla vendita del petrolio sono scesi del 60% rispetto a marzo del 2022.

Non sembra bastare, quindi, il tentativo di Mosca di sostituire l’Ue con la Cina e l’India. La Russia nel 2022 sembrava essere riuscita, almeno in parte, a contenere il tracollo, con il Pil sceso del 2,1%: meno del previsto. Putin si è salvato anche grazie all’industria bellica, ma in cambio di un deficit alle stelle: parliamo, per esempio, di 34 miliardi di dollari solo nei primi due mesi del 2023.

La crisi del petrolio russo

Tra le sanzioni che stanno avendo più effetti ci sono sicuramente quelle sul petrolio: dal 5 dicembre 2022 l’Ue ha vietato l’importazione del greggio via nave e dal 5 febbraio ha vietato l’acquisto di prodotti derivati dal petrolio. A febbraio le quotazioni del greggio russo sono crollate a 52,5 dollari al barile, ovvero 30 dollari in meno della media del mercato globale.

Putin ha perso la scommessa sul gas

Putin aveva scommesso molto sul gas, ritenendo che l’Ue non potesse farne a meno: la sua previsione, però, si è rivelata sbagliata. È vero che sul gas l’Ue si è dimostrata meno incisiva, non imponendo blocchi ma limitandosi a ridurre le importazioni. Alla fine, però, è arrivato il price cap.

Il tetto al prezzo del gas, va detto, non ha cambiato più di tanto gli equilibri in tavola, considerando l’alto prezzo fissato. Ma è stato un importante segnale politico. Che si accompagna alla netta discesa del prezzo dovuta soprattutto alle temperature miti e alla riduzione dei consumi.

Russia, il problema dei semiconduttori

Lato importazioni, invece, uno dei problemi principali riguarda i semiconduttori, fondamentali per i prodotti elettronici sia per uso civile che militare. Prima dell’invasione dell’Ucraina, il fabbisogno russo veniva coperto al 90% dalle forniture occidentali. Poi le sanzioni hanno cambiato tutto e Mosca si è rivolta alla Cina. Ma non basta, se pensiamo che l’import è crollato del 74% in un anno. Un problema non di poco conto.

Il rublo e le riserve monetarie

I guai per Mosca non sono finiti qua. Il rublo è sceso di oltre il 20% rispetto al dollaro da novembre. Si è ridotta la forza lavoro, con tanti giovani spediti al fronte o in fuga per non essere arruolati. Poi c’è il capitolo delle riserve monetarie, ovvero le risorse statali messe da parte per fronteggiare eventuali crisi.

Prima della guerra erano pari a 640 miliardi di dollari, sono scese a 580. Ma di questi 300 sono stati congelati dalle autorità straniere. Ne restano 280: un terzo è costituito da oro, un terzo è in valuta cinese e solamente circa 100 miliardi sono facili da spendere subito sui mercati globali.

La guerra delle sanzioni: la Russia ha perso?

La Russia ha perso la guerra delle sanzioni quindi? Sicuramente gli investimenti sono diminuiti e diversi analisti, tra cui anche ex funzionari russi, vedono il rischio di una regressione a lungo termine. C’è anche chi avverte che potrebbero non esserci abbastanza contanti l’anno prossimo, in mancanza di investitori stranieri.

È comunque ancora presto per dire che la Russia ha perso la guerra delle sanzioni, anche se si può dire che sicuramente non l’ha vinta. Intanto però ci sono diverse accuse, negli ultimi giorni, ad alcuni Paesi che avrebbero comprato beni da aziende occidentali per rivenderli a Mosca.

Di mira vengono presi Paesi come Turchia, Armenia ed Emirati Arabi. Che negano le accuse. Su dei mezzi militari russi, però, sono state trovate componenti di fabbricazione europea e il dubbio rimane. Questo fattore potrebbe rallentare il crollo dell’economia di Mosca, anche se al momento una via d’uscita sembra proprio non esserci per il Cremlino.

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