La scorsa settimana il ministero degli Esteri greco ha inviato una lettera con cui metteva in guardia da scenari di tipo ucraino per la disputa nell’Egeo. E le opzioni paiono prezzare un evento shock
La guerra in Europa. Una formula retorica che dal 24 febbraio scorso è stata spesso utilizzata unicamente come giustificazione per misure emergenziali che, alla luce dei fatti, nulla hanno portato alla causa di una risoluzione negoziale del conflitto in Ucraina. Sanzioni, forniture di armamenti, interventi di sostegno ai comparti più colpiti fino alla telenovela infinita del price cap sul gas russo. Di fatto, zero diplomazia a cercare di tamponare quella ferita.
Stranamente, un rischio di guerra realmente nel cuore d’Europa è invece passato totalmente sotto silenzio. L’Associated Press ha infatti rilanciato la notizia in base alla quale il ministero degli Esteri greco, a nome del governo di Atene, ha inviato una lettera ai vertici Nato, alla partner europei e alla presidenza dell’Onu per chiedere ferma condanna delle continue provocazioni turche nel Mar Egeo. E, soprattutto, mettendo in guardia dal sempre più probabile scenario di tipo ucraino che potrebbe concretizzarsi, se le tensioni bilaterali continuassero come nelle ultime settimane.
E i toni usati di Nikos Dendias nella sua missiva ufficiale sono tutt’altro che improntanti alla mera cautela precauzionale. Chiedendo alle tre istituzioni destinatarie dell’appello di prendere posizione ufficialmente sulla disputa, il titolare degli Esteri ellenico sottolinea come non intervenendo in tal senso con rapidità o sottostimando la serietà della vicenda, rischiamo di divenire testimoni di una situazione simile a quella già in atto in altre parti del nostro Continente. E questo rappresenta un qualcosa a cui nessuno di noi si augura di dover mai assistere.
Il drammatico sviluppo sarebbe avvenuto fra il 5 e il 6 settembre scorsi, quando Atene ha ritenuto necessario informare i partner dell’Alleanza atlantica - di cui anche la Turchia fa paradossalmente parte - della minaccia diretta indirizzata da Recep Erdogan in persona nel corso di un comizio pubblico: Potremmo arrivare all’improvviso, da una notte con l’altra. E la storia insegna che se andrete avanti con questo comportamento, il prezzo da pagare sarà alto, le parole pronunciate dal Sultano il 4 settembre. Insomma, qualcosa più delle ormai note scaramucce relative alla presenza militare ellenica lungo le coste dell’Egeo.
Ma c’è di più. In primis, lo status di Cipro Nord, riconosciuta unicamente da Ankara e di fatto vulnus nel vulnus, poiché la Repubblica che fa capo a Nicosia - e che è storicamente legata alla Grecia - è membro dell’Ue. Secondo, la questione legata ai giacimenti di gas scoperti proprio al largo di Cipro e del loro sfruttamento, argomento che in questo momento diviene giocoforza il corrispettivo geopolitico dell’El Dorado.
E se la disputa rispetto a quelle acque e quelle isole è vecchia di 200 anni, nell’ultimo periodo a rendere ancora più stridente l’ambivalenza politica della Turchia è stato l’attacco frontale di Ankara contro la Germania e il suo ministro degli Esteri, Annalena Barrbock, a detta della quale nessuno ha il diritto di contestare la sovranità greca sulle isole dell’Egeo. Pronta replica del ministro turco agli Affari esteri, Mevlut Cavusoglu: La Germania non dovrebbe essere uno strumento di provocazione e propaganda della Grecia. E con 1,5 milioni di turchi residenti nei suoi confini, Berlino scherza col fuoco.
Nel mezzo, il ruolo della Russia nel Mediterraneo e il profilo da diavolo tentatore che Mosca ha da tempo assunto nei confronti di una Turchia in preda a un’inflazione al 70% e con una lira ai minimi storici assoluti, quindi alla disperata ricerca di alleati. E di armi di ricatto, vera e propria specialità della casa, come dimostra storicamente il continuo gioco al rialzo sulle politiche migratorie e sul potenziale devastante di un’apertura ai flussi della rotta balcanica. Inoltre, proprio Recep Erdogan è stato finora l’unico mediatore riconosciuto da Mosca e Kiev, visto che Istanbul è stata sede dell’accordo di tregua poi stracciato a inizio marzo e in luglio di quello sul grano.
Insomma, una situazione di convivenza decisamente forzata. Che ora quella lettera ha trasformato in qualcosa di più serio. E proprio sabato scorso, Ankara ha accusato ufficialmente la guardia costiera greca di aver sparato contro una nave in acque internazionali. Il problema è che questa volta le unità elleniche avrebbero forzato decisamente la mano, poiché i colpi sarebbero stati esplosi a sole 11 miglia nautiche dall’isola turca di Bozcaada e a 20 miglia dalla terraferma sovrana di Ankara. Insomma, un quasi casus belli, risoltosi solo con l’arrivo nell’area di due scafi della guardia costiera turca che hanno spinto i corrispettivi greci al dietrofront.
Solo schermaglie? Questi due grafici
sembrano mostrare come il mercato delle opzioni sembri prezzare un evento shock in arrivo, tale è la richiesta di copertura in atto e l’aumento del prezzo corrispondente. Da un lato viene da chiedersi come mai l’Europa stia così serenamente ignorando una situazione che potrebbe precipitare nel corso di una singola notte, come minacciato dal presidente Erdogan. Ma dall’altro, l’idea che Bruxelles prezzi la tensione crescente come l’ennesimo bluff lascia aperta un’ipotesi ancora più inquietante a giustificazione di quella corsa all’hedging apparentemente immotivata, stante mercati fra il placido e l’annoiato: la ritirata russa è prodromo a un’escalation non convenzionale in Ucraina?
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