Cina protagonista dei mercati oggi con i dati che confermano la deflazione e, quindi, la crisi economica del dragone. Di quanto sono diminuiti i prezzi e perché è un problema?
In Cina i guai della deflazione non sono finiti, ma gli indici del dragone chiudono la sessione sopra la parità sostenuti dall’ottimismo su maggiori interventi a favore dei mercati da parte del Governo. Nel dettaglio, la notizia della sostituzione a sorpresa del capo dell’autorità di regolamentazione dei titoli ha fatto prefigurare passi più energici per sostenere il mercato azionario.
La potenza asiatica vive intanto una crisi su diversi fronti: la svendita azionaria di inizio anno ha evidenziato la sfiducia degli investitori nella ripresa del dragone, mentre la debolezza della ripresa economica e le insolvenze immobiliari hanno continuano a minare il percorso di rilancio della seconda economia del mondo.
I dati sull’inflazione che sono stati aggiornati oggi erano molto attesi proprio per capire se ci fossero segnali di un rilancio della domanda e, quindi, della crescita dei consumi e della fiducia generale. La conferma della deflazione, invece, ha rimarcato che la Cina fatica ancora a riprendersi in un contesto globale poco favorevole tra tensioni geopolitiche, rivoluzione commerciale, domanda mondiale fragile.
I mercati asiatici, comunque, hanno archiviato la seduta di oggi con una performance positiva. Nota negativa dall’Hang Seng di Hong Kong in calo dell′1,08% dopo che le azioni di Alibaba sono scese del 6,5% quando il gigante cinese ha deluso le attese sui ricavi nel trimestre di dicembre.
Cina, la crisi continua e la deflazione peggiora
A gennaio i prezzi al consumo in Cina hanno subito il calo più marcato degli ultimi 14 anni, mentre anche i prezzi alla produzione sono scesi, sottolineando i persistenti rischi deflazionistici a cui va incontro la seconda economia mondiale mentre fatica a riprendersi.
Nel dettaglio, l’indice dei prezzi al consumo (CPI) è sceso dello 0,8% a gennaio rispetto all’anno precedente, dopo un calo dello 0,3% a dicembre, come hanno mostrato giovedì i dati dell’Ufficio nazionale di statistica (NBS). L’indice dei prezzi al consumo è aumentato dello 0,3% su base mensile rispetto allo 0,1% del mese precedente.
Gli economisti intervistati da Reuters avevano previsto una diminuzione dello 0,5% su base annua e un guadagno dello 0,4% su base mensile. Il calo annuale dell’indice dei prezzi al consumo di gennaio è stato il maggiore da settembre 2009.
“I dati CPI di oggi mostrano che la Cina si trova ad affrontare una persistente pressione deflazionistica. La Cina deve agire in modo rapido e aggressivo per evitare il rischio che le aspettative deflazionistiche si radichino tra i consumatori”, ha affermato Zhiwei Zhang, capo economista di Pinpoint Asset Management.
Le valutazioni delle azioni cinesi sono basse, ma per “gettare le basi per un trend rialzista pluriennale, abbiamo davvero bisogno di vedere i dati sull’inflazione migliorare in modo abbastanza significativo, tornando in territorio positivo”, ha affermato Steve Brice, responsabile degli investimenti per la gestione patrimoniale presso Standard Chartered, su Bloomberg Television.
Anche l’indice dei prezzi alla produzione (PPI) è sceso del 2,5% rispetto all’anno precedente, dopo un -2,7% nel mese precedente, rispetto a una previsione di calo del 2,6% nel sondaggio Reuters. I prezzi alla fabbrica sono scesi dello 0,2% rispetto al mese precedente, dopo essere diminuiti dello 0,3% a dicembre.
La prolungata deflazione delle fabbriche sta minacciando la sopravvivenza dei piccoli esportatori cinesi, bloccati per il calo degli affari.
La Cina è alle prese con il rallentamento dei prezzi dall’inizio dello scorso anno, costringendo i politici a tagliare i tassi di interesse per stimolare la crescita, il contrario di quello che avveniva nelle economie sviluppate, concentrate sul contenimento dell’inflazione ostinatamente elevata.
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