Licenziato per aver fatto pipì nella hall, adesso chiede un risarcimento milionario

Ilena D’Errico

27 Agosto 2024 - 21:46

Un lavoratore licenziato per aver fatto pipì nella hall di un hotel di lusso (dopo una riunione di lavoro) contesta il provvedimento e chiede un risarcimento milionario. Cosa prevede la legge.

Licenziato per aver fatto pipì nella hall, adesso chiede un risarcimento milionario

Ci sono tante vicende legali insolite e curiose, in particolare nelle liti tra vicini di casa e nell’ambiente di lavoro. Proprio da quest’ultimo arriva una notizia apparentemente bizzarra, che nasconde in realtà tematiche molto delicate come la tutela dei diritti dei lavoratori, la discriminazione e i provvedimenti disciplinari. Tutto ruota intorno a un dipendente di un’azienda informatica, licenziato per aver fatto pipì nella hall dell’hotel dopo una riunione di lavoro.

Una condotta considerata irrispettosa e irriverente, soprattutto nei confronti dei colleghi presenti durante l’episodio. Il lavoratore, pur non contestando l’avvenimento in sé, non è però d’accordo con la decisione dell’azienda e adesso chiede un risarcimento milionario per i danni patiti, a detta sua ingiustamente.

Risarcimento milionario al dipendente licenziato per aver fatto pipì nella hall?

Cerchiamo di far chiarezza su questa vicenda, all’apparenza bizzarra e incomprensibile. Bisogna precisare fin dal principio che non è avvenuta in Italia, bensì a New York. Ciò ovviamente non è importante per l’andamento degli avvenimenti, ma è rilevante per le questioni legali che invece differiscono rispetto al nostro ordinamento.

Come anticipato, ci sono due versioni differenti sull’episodio che ha portato al licenziamento del ricorrente. Quest’ultimo racconta di avere un problema di salute che comporta una frequente e impellente minzione, di cui sarebbero stati a conoscenza tanto i colleghi quanto i superiori, tanto che era abitudine scherzare sulla questione in modo amichevole.

Ecco che, dopo una riunione di lavoro a 12 isolati di distanza, di ritorno in un prestigioso hotel newyorkese, l’ex dirigente informatico è stato colto da un’urgenza che lo ha portato a espletare i suoi bisogni nella hall, seppur “discretamente” e costretto dalla patologia vescicale. Di fatto, l’episodio è stato visto da un collega e riportato all’azienda (secondo il lavoratore per fargli un dispetto), portando al licenziamento, senza preavviso né buonuscita.

L’ex dipendente ha fatto ricorso alla Corte suprema di Manhattan allegando la documentazione medica attestante la sua problematica, accusando l’azienda di averlo discriminato a causa di una disabilità riconosciuta dalla legge e conosciuta dal datore di lavoro, che non avrebbe nemmeno inciso sulle prestazioni lavorative o sull’azienda in generale.

Per questo motivo, il ricorrente ha chiesto un risarcimento da ben 1,5 milioni di dollari. Secondo l’azienda, invece, il fatto non sarebbe stato causato dalla disabilità del lavoratore - o comunque non giustificato dalla stessa - anche se non si conosce la sua posizione ufficiale in merito ai motivi del licenziamento. Un impiegato del famigerato hotel, tuttavia, ha rilasciato al New York Post delle dichiarazioni che fanno vacillare la versione del lavoratore.

In particolare, pare che la hall dell’albergo non disponga di nessuno spazio separato e intimo (come invece sostenuto dalla difesa del dipendente), ribadendo la presenza di bagni nei pressi dell’ingresso. Sul punto, si aspetta però la decisione del tribunale, che farà chiarezza sulla vicenda.

Cosa sarebbe successo in Italia

Immaginare un accadimento analogo in Italia aiuta a comprendere quanto previsto dalla normativa del lavoro, indipendentemente dal veritiero svolgimento della vicenda. Bisogna intanto ricordare che la giusta causa di licenziamento può afferire anche a condotte extralavorative, tenendo conto delle specifiche caratteristiche del rapporto di lavoro.

Un gesto di questo tipo può effettivamente compromettere il vincolo fiduciario tra dipendente e datore di lavoro, minando la rispettabilità e la reputazione dell’azienda, tanto più nel contesto di un viaggio di lavoro in un hotel di lusso. Oltretutto, la corte di Cassazione ha ribadito in più occasioni che condotte analoghe integrano l’illecito di atti contro la pubblica decenza, a prescindere dalla necessità fisiologica e dall’effettiva percezione del fatto da altre persone. Il reato in questione è stato depenalizzato nel 2016, ma l’illecito costa comunque una sanzione tra 51 e 309 euro.

L’impellenza dei bisogni fisiologici non è considerata una scriminante nemmeno in presenza di patologie e annessi certificati medici, perciò è ragionevole pensare che anche il licenziamento potrebbe essere giustificato. La discriminazione non viene compiuta, almeno ragionando in modo astratto e generale, perché la disabilità non è la causa del gesto.

Al più si potrebbe rilevare che il danno posto in essere non sempre si riflette sull’immagine dell’azienda, circostanza che appare invece concreta nel caso specifico citato. Bisogna però ricordare che il licenziamento per giusta causa attiene alla sfera dei licenziamenti disciplinari e come tale deve essere proporzionato all’azione.

Per un dipendente che ha sempre tenuto una condotta esemplare e che svolge mansioni non particolarmente delicate rispetto all’illecito (sarebbe diverso, ad esempio, per un insegnante) il provvedimento appare quindi eccessivo. Sarebbe più idoneo, sempre in linea generale, un richiamo o una sanzione, tanto più in presenza di una motivazione medica che non giustifica il fatto ma aiuta a comprendere le ragioni del dipendente.

In ogni caso, la giusta causa di licenziamento comporta la perdita del diritto al preavviso, all’indennità di preavviso e all’indennità di licenziamento.

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