Ferie e permessi hanno una funzione identica ma in quali casi è meglio chiedere una causale di assenza anziché l’altra? Cambia qualcosa a livello retributivo? Ecco una guida per fare la scelta giusta.
Il rapporto di lavoro subordinato è un esempio di contratto a prestazioni corrispettive, dove il datore di lavoro si impegna a corrispondere la retribuzione al dipendente, a fronte dell’esecuzione, da parte di quest’ultimo, della prestazione lavorativa manuale o intellettuale, assegnata in sede di assunzione o nelle intese successivamente intercorse.
Lo svolgimento della prestazione lavorativa comporta per il dipendente un certo dispendio di energie psico-fisiche, tale da rendere necessari periodi di riposo e conseguente assenza dal lavoro.
Per garantire l’effettiva astensione dal lavoro, i periodi di non attività sono retribuiti nella stessa misura di quelli in cui l’interessato rende la prestazione. Gli istituti che hanno lo scopo di ristorare le energie spese dal lavoratore sono:
- ferie, la cui disciplina è rimessa sia alla legge che ai contratti collettivi nazionali di lavoro;
- permessi, soggetti esclusivamente alla disciplina dei contratti collettivi nazionali di lavoro.
Mentre esiste un solo tipo di ferie, i permessi si dividono, di norma, in:
- permessi cosiddetti «ex-festività», in sostituzione delle festività abolite per legge;
- permessi per riduzione dell’orario di lavoro o «Rol», il cui scopo è abbattere il numero di ore lavorate dai dipendenti.
Attenzione tuttavia a non confondere i permessi citati, richiesti per motivazioni analoghe a quelle delle ferie, con quelli legati a:
- motivazioni sanitarie, come permessi per lavoratori disabili o loro familiari;
- motivazioni personali, ad esempio i permessi per lutto o grave infermità;
- cariche pubbliche;
- cariche sindacali;
- partecipazione alle operazioni elettorali;
- volontariato presso la Protezione Civile;
- motivi di studio.
Per le ipotesi appena citate non c’è nemmeno il dubbio se chiedere al loro posto le ferie. Dal momento che le ferie hanno motivazioni diverse, le stesse non possono in alcun modo sostituire i permessi retribuiti sopra elencati, diversi da quelli «ex-festività» o «Rol». Fatta questa utile premessa veniamo ora alla domanda principale: meglio chiedere ferie o permessi?
Meglio chiedere un giorno di ferie o di permesso?
Meglio chiedere ferie o permessi?
Diciamolo subito chiaramente, non c’è una risposta univoca alla domanda se sia meglio chiedere ferie o permessi. La risposta migliore, in questo caso, sarebbe «dipende». La preferenza tra l’una o l’altra causale di assenza è strettamente legata alla situazione «personale» del lavoratore, in termini soprattutto di ore di ferie e permessi maturate e non godute.
Vediamo quindi in dettaglio, a seconda delle particolarità del lavoratore, quale tipo di assenza chiedere.
Hai un residuo elevato di ferie?
La normativa (decreto legislativo 8 aprile 2003 numero 66) riconosce un periodo minimo di ferie, spettante a qualsiasi dipendente per ogni anno in forza in azienda. Il periodo in parola è pari a 4 settimane. Queste ultime, devono essere obbligatoriamente fruite dal lavoratore:
- per due settimane nell’anno di maturazione;
- per le restanti due settimane nei 18 mesi successivi la fine del periodo di maturazione.
L’inosservanza delle prescrizioni descritte, espone l’azienda a conseguenze legali ed economiche. Pertanto, è interesse del datore di lavoro che i dipendenti esauriscano le ferie alle scadenze di legge.
In tal senso, è nella facoltà dell’azienda porre unilateralmente il dipendente in ferie, pur senza un’esplicita richiesta o volontà dello stesso, al fine non solo di evitare conseguenze sgradevoli per l’azienda in sé ma altresì per tutelare la salute e l’integrità psico-fisica del dipendente.
In queste situazioni il lavoratore si assenta non nei periodi che preferisce ma in quelli decisi dal datore di lavoro. Si pensi a chi, genitore con figli, è costretto a «sprecare» giorni di ferie nei mesi in cui non ci sono vacanze scolastiche.
Per questo motivo, è consigliabile, in presenza di un saldo elevato di ferie e con il rischio di non rispettare le scadenze di legge, chiedere ferie piuttosto che permessi. In questo modo, il lavoratore potrà esaurire il saldo ferie e non essere costretto dall’azienda ad assentarsi in periodi sgraditi.
Hai un residuo elevato di permessi?
Il lavoratore che ha un residuo elevato di ore o giorni di permesso non goduti dovrebbe dare la precedenza a questi ultimi. La ragione? Esistono contratti collettivi nazionali di lavoro che prevedono la liquidazione in busta paga dei permessi maturati e non goduti dal lavoratore entro una certa data di scadenza.
In queste ipotesi il lavoratore ha sì un aumento del netto in busta paga ma perde al tempo stesso la possibilità di usufruire di periodi di assenza peraltro retribuiti.
L’assenza è per singoli giorni o settimane?
La fruizione delle ferie, a differenza dei permessi, è di norma prevista per assenze di lunga durata, che interessano:
- tre o più giorni consecutivi;
- una o più settimane intere;
- uno o più mesi.
Al contrario, i permessi si limitano a singole ore o giorni di assenza o, al massimo, due giorni consecutivi. Questa differenza di trattamento è senza dubbio giustificata dal fatto che le ferie sono soggette a scadenze che, se non rispettate, espongono l’azienda, ad esempio, al pagamento anticipato dei contributi Inps o a possibili richieste di risarcimento danni da parte del lavoratore.
Esiste quindi la naturale esigenza di utilizzare le ferie per periodi di assenza di lunga durata, così da permettere al dipendente di esaurire le ferie stesse nel rispetto delle scadenze di legge.
Al contrario, l’eventuale presenza di permessi non goduti avrebbe il solo effetto di doverne liquidare i corrispondenti importi in busta paga.
La preferenza per le ferie, con riguardo ad assenze di lunga durata, è determinata anche dal fatto che il dipendente, per legge, non può maturare, per un anno di presenza in azienda, un monte ore - giorni di ferie inferiore a 4 settimane.
Tale monte ore è di frequente superiore a quello del totale delle ore di permesso «ex-festività» o «Rol» (anch’esse maturate nell’anno) e, pertanto, meglio si presta a essere sfruttato per assenze di considerevole durata.
Cambia la retribuzione tra ferie e permessi?
Tra ferie e permessi non c’è alcuna differenza in merito alla retribuzione per i periodi di assenza. In entrambi i casi, infatti, spetta il compenso che il dipendente avrebbe percepito in caso di svolgimento della prestazione lavorativa intellettuale e / o manuale. I compensi per le ore / giorni di ferie, sono peraltro imponibili a livello contributivo e fiscale, al pari delle somme riconosciute per le assenze in permesso «ex-festività» o «Rol».
Pertanto, la scelta tra ferie o permessi non può essere in alcun modo dettata da una valutazione economica.
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