In economia, il concetto di «sunk cost» rappresenta le risorse già spese e non recuperabili. Spesso, queste influenzano le nostre decisioni più di quanto dovrebbero. Ecco come limitare i danni.
Vi siete mai chiesti: «Il titolo X è sceso. Perché non mediamo il prezzo?» Dietro questa domanda apparentemente innocua si nasconde uno dei tranelli emotivi più insidiosi per un investitore: l’orgoglio. L’incapacità di ammettere un errore o accettare una perdita può portare a scelte che, invece di limitare i danni, li amplificano.
In economia, il concetto di «sunk cost» rappresenta le risorse già spese e non recuperabili. Spesso, queste influenzano le nostre decisioni più di quanto dovrebbero. Ad esempio, mantenere una posizione in perdita non perché ci siano segnali oggettivi di una futura ripresa, ma perché è difficile accettare la sconfitta. Questo meccanismo psicologico è noto come «escalation of commitment» e riflette il desiderio irrazionale di giustificare il passato, anche a costo di sacrificare il futuro.
Quando mediamo una posizione in perdita, l’intento razionale dovrebbe essere acquistare un asset sottovalutato. Tuttavia, nella pratica, questa scelta è spesso guidata da una speranza più che da un’analisi oggettiva. L’obiettivo implicito non è tanto massimizzare il profitto, quanto evitare di “perdere la faccia” con noi stessi o con i nostri referenti. In questo modo, il capitale viene immobilizzato in un investimento subottimale, quando potrebbe essere meglio impiegato altrove. [...]
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