Petrolio: la ricetta del G7 per fissare un tetto al prezzo ed evitare la recessione globale

Claudia Cervi

2 Settembre 2022 - 11:13

Colpire i ricavi della Russia con un tetto al prezzo del petrolio. Questa la ricetta del G7 per allentare le tensioni sui prezzi dell’energia. Chi sono i favorevoli e contrari.

Petrolio: la ricetta del G7 per fissare un tetto al prezzo ed evitare la recessione globale

Il petrolio è sceso lievemente negli ultimi giorni, ma il WTI non riesce a sfondare il pavimento di 85 dollari al barile. Un prezzo ancora troppo alto e suscettibile di nuovi rincari che rischiano di aggravare la gravissima crisi energetica che attanaglia il globo e particolarmente l’Europa.

L’idea del G7 è dunque quella di fissare un tetto al prezzo del petrolio russo in modo che anche gli altri esportatori di petrolio siano incentivati a praticare uno scontro per essere competitivi.

Ecco chi sono i Paesi favorevoli e quali i contrari.

Petrolio in calo ma non basta

La discesa degli ultimi giorni è stata alimentata dalle nuove restrizioni adottate dalla Cina per frenare la nuova ondata di contagi da Covid-19. Non è l’unico fattore che preme al ribasso le quotazioni del petrolio: incidono anche un atteggiamento più aggressivo delle banche centrali nel perseguire il percorso di rialzo dei tassi di interesse e la generalizzata contrazione della domanda. Forze contrapposte arrivano dalle decisioni dell’Opec+ che può decidere arbitrariamente i livelli di estrazione e stoccaggio.
Nel momento in cui si scrive, il petrolio Wti si attesta a 88,70 dollari al barile (dai 97 dollari del 29 agosto) e il Brent a 94,40 dollari (il 29 agosto era arrivato a 105,40 dollari).

Tetto al prezzo del petrolio: la proposta americana

Da qualche tempo nei corridoi del Dipartimento del tesoro degli Stati Uniti non si fa altro che parlare dell’ipotesi di mettere un tetto al prezzo del petrolio: secondo Janet Yellen, segretario al Tesoro, è convinta che una «eccezione sui prezzi rafforzerebbe le restrizioni energetiche proposte da Europa, Stati Uniti, Regno Unito e altri», ma soprattutto «spingere verso il basso il prezzo del petrolio russo permetterebbe di deprimere le entrate di Putin, consentendo al contempo una maggiore fornitura di petrolio sul mercato globale».

Per molti questa mossa va oltre il tentativo di raffreddare un’inflazione persistente e va letta in un contesto di guerra geopolitica. Obiettivo dichiarato dallo stesso segretario stampa della Casa Bianca, Karine Jean Pierre, secondo cui il tetto al prezzo del petrolio «rappresenta il modo più efficacie per colpire duramente le entrare di Putin».

«Senza un limite di prezzo, affrontiamo la minaccia di un aumento globale dei prezzi dell’energia», ha rincarato la dose Yellen durante un recente incontro con la sua controparte britannica, Nadhim Zahawi.

La minaccia si farebbe ancora più concreta se la Russia dovesse chiudere la maggior parte della produzione energetica.

Tetto al prezzo del petrolio: quale sarà il limite?

Chiarito che fissare un tetto al prezzo del petrolio rappresenta più che altro un’azione punitiva contro Putin per l’invasione della Russia in Ucraina, resta da capire quale possa essere il limite di prezzo da imporre sulle nuove esportazioni da Mosca.

Questo sarà l’oggetto di discussione del G7, di cui fanno parte l’Italia, la Francia, la Germania, già al lavoro sul fronte della definizione a livello comunitario di un tetto al prezzo del gas e di strategie per diversificare le forniture così da eliminare gradualmente la dipendenza dalla Russia.

Favorevoli e contrari a fissare un tetto al prezzo del petrolio

Il Regno Unito ha già concordato con gli Stati Uniti di voler appoggiare la ricetta americana per fissare un tetto al prezzo del petrolio. Se i calcoli della Yellen sono corretti, un limite di prezzo limiterebbe anche l’impatto dell’aumento dei prezzi del petrolio sull’inflazione nei paesi consumatori, soprattutto in Europa dove la pressione è maggiore.

Gli altri paesi del G7 (praticamente le nazioni europee) dovrebbero dunque accodarsi senza obiezioni, sebbene alcuni temono nuove rappresaglie dalla Russia, con ulteriori limitazioni alle forniture di energia che provocherebbero nuovi rialzi dei prezzi.

Per funzionare, l’accordo dovrà essere su scala globale: dovranno salire a bordo anche la Cina e l’India, due paesi che hanno tenacemente resistito alla firma delle sanzioni contro il Cremlino e hanno mantenuto rapporti d’affari con la Russia durante la guerra. Difficile però che aderiscano dato che comprano petrolio russo pagandolo 30 dollari in meno rispetto al prezzo del Brent.

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