La Corte Costituzionale ha ammesso i quattro referendum sul lavoro promossi dalla Cgil: la data del voto, i quesiti spiegati e come fare per votare.
Referendum lavoro 2025: la Corte Costituzionale ha dichiarato ammissibili i quattro quesiti referendari promossi dalla Cgil, con il disco verde che ha riguardato anche quello sulla Cittadinanza voluto da +Europa mentre è stato bocciato, sempre dalla consulta, quello relativo all’Autonomia.
I referendum 2025 così saranno cinque, con il governo che a breve andrà a ufficializzare la data mentre non ci sarà un accorpamento con la tornata delle elezioni regionali (si voterà in autunno) e delle amministrative (voto slittato al 2026).
Lo slogan della campagna referendaria lanciata dalla Cgil è “Per il lavoro stabile, dignitoso, tutelato e sicuro ci metto la firma”, con il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, che ha spiegato l’intento dei quattro referendum: “Vogliamo cancellare la precarietà e affermare la libertà nel lavoro. Il lavoro deve essere tutelato perché è un diritto costituzionale. Deve essere sicuro perché di lavoro si deve vivere e non morire. Deve essere dignitoso e perciò ben retribuito. Deve essere stabile perché la precarietà è una perdita di libertà”.
In sostanza il sindacato guidato da Landini vorrebbe “rottamare” il Jobs Act, la riforma del mondo del lavoro simbolo del periodo in cui era Matteo Renzi di stanza a Palazzo Chigi. I referendum però andranno a modificare anche molti aspetti del mondo del lavoro in Italia, dalla sicurezza ai licenziamenti fino ai contratti a termine.
Vediamo allora nel dettaglio i quesiti dei quattro referendum sul lavoro promossi dalla Cgil, la loro spiegazione e la data del voto.
Referendum lavoro 2025: data e come votare
Al momento non è stata stabilita ancora la data dei referendum 2025 che, per legge, devono tenersi in una domenica compresa tra il 15 aprile e il 15 giugno 2025, con la scelta che spetterà al governo.
Ai referendum 2025 hanno diritto di partecipare tutti i cittadini chiamati a eleggere la Camera dei Deputati, ovvero tutte le persone in possesso della citadinanza italiana che hanno compiuto diciotto anni.
Per la validità della consultazione referendaria popolare è necessario che si rechino alle urne metà degli aventi diritto al voto più uno, pena la non validità del referendum a prescindere dall’esito.
Referendum Lavoro 2025: quesito 1 e spiegazione
Il primo quesito riguarda l’abrogazione delle norme che impediscono il reintegro al lavoro in caso di licenziamenti illegittimi: si chiede di abrogare il Decreto Legislativo n. 23/2015, cioè uno dei decreti attuativi del cosiddetto Jobs Act, per abolire il contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti.
Volete voi l’abrogazione del d.lgs. 4 marzo 2015, n. 23, recante “Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183” nella sua interezza?
L’obiettivo del referendum è quello di cancellare le norme sui licenziamenti del Jobs Act che consentono alle imprese di non reintegrare una lavoratrice o un lavoratore licenziata/o in modo illegittimo nel caso in cui sia stato assunto dopo il 2015.
Referendum Lavoro 2025: quesito 2 e spiegazione
Il secondo quesito riguarda l’abrogazione delle norme che facilitano i licenziamenti illegittimi nelle piccole imprese: si chiede di abrogare le norme che pongono un tetto massimo all’indennizzo in caso di licenziamento illegittimo per i lavoratori delle piccole imprese.
Volete voi l’abrogazione dell’articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604, recante “Norme sui licenziamenti individuali”, come sostituito dall’art. 2, comma 3, della legge 11 maggio 1990, n. 108, limitatamente alle parole: “compreso tra un”, alle parole “ed un massimo di 6” e alle parole “La misura massima della predetta indennità può essere maggiorata fino a 10 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai dieci anni e fino a 14 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai venti anni, se dipendenti da datore di lavoro che occupa più di quindici prestatori di lavoro.”?
Lo scopo è quello di cancellare il tetto massimo all’indennizzo in caso di licenziamento ingiustificato nelle piccole aziende, affinché sia il giudice a determinare il giusto risarcimento senza alcun limite.
Referendum Lavoro 2025: quesito 3 e spiegazione
Il terzo quesito riguarda l’abrogazione delle norme che hanno liberalizzato l’utilizzo del lavoro a termine: si chiede di porre un limite all’uso dei contratti a termine, abrogando alcune parti dell’articolo 19 del Decreto Legislativo 81/2015 (anche questo è uno dei decreti attuativi del Jobs Act) e un articolo del Decreto Lavoro varato nel 2023 dal governo Meloni.
Volete voi l’abrogazione dell’articolo 19 del d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81 recante “Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell’articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183”, comma 1, limitatamente alle parole “non superiore a dodici mesi. Il contratto può avere una durata superiore, ma comunque”, alle parole “in presenza di almeno una delle seguenti condizioni”, alle parole “in assenza delle previsioni di cui alla lettera a), nei contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il 31 dicembre 2024, per esigenze di natura tecnica, organizzativa e produttiva individuate dalle parti;” e alle parole “b bis)”; comma 1 -bis , limitatamente alle parole “di durata superiore a dodici mesi” e alle parole “dalla data di superamento del termine di dodici mesi”; comma 4, limitatamente alle parole “,in caso di rinnovo,” e alle parole “solo quando il termine complessivo eccede i dodici mesi”; articolo 21, comma 01, limitatamente alle parole “liberamente nei primi dodici mesi e, successivamente,”?
Se il referendum dovesse passare verrebbe cancellata la liberalizzazione dei contratti a termine per limitare l’utilizzo a causali specifiche e temporanee.
Referendum Lavoro 2025: quesito 4 e spiegazione
Il quarto quesito riguarda l’abrogazione delle norme che impediscono, in caso di infortunio sul lavoro negli appalti, di estendere la responsabilità all’impresa appaltante: si chiede di eliminare la norma che, in presenza di appalti o subappalti, esclude la responsabilità solidale dell’impresa committente in caso di infortunio o malattia della lavoratrice o del lavoratore.
Volete voi l’abrogazione dell’art. 26, comma 4, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, recante “Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro” come modificato dall’art. 16 del decreto legislativo 3 agosto 2009 n. 106, dall’art. 32 del decreto legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modifiche dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, nonché dall’art. 13 del decreto legge 21 ottobre 2021, n. 146, convertito con modifiche dalla legge 17 dicembre 2021, n. 215, limitatamente alle parole “Le disposizioni del presente comma non si applicano ai danni conseguenza dei rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici.”?
La volontà dei promotori è quella di superare la norma che esclude la responsabilità solidale delle aziende committenti nell’appalto e nel subappalto, in caso di infortunio e malattia professionale della lavoratrice o del lavoratore
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