Ecco cosa prevede la legge sulla rinuncia all’assegno di mantenimento: in quali casi è possibile e quando, invece, non è permessa.
Non è sempre ben chiara la natura dell’assegno di mantenimento, soprattutto di quello dovuto nei confronti dei figli. Si ritiene erroneamente che corrisponda a un diritto dell’altro genitore, ritenendo il versamento superfluo e immeritato quando ha floride condizioni economiche. In alcuni casi è proprio lo stesso genitore collocatario a pensarla così, ritenendo più corretto rinunciare all’assegno di mantenimento. Ciò non è sempre possibile. Ecco cosa stabilisce la legge.
Posso rinunciare all’assegno di mantenimento per i figli?
I figli hanno diritto a essere mantenuti da entrambi i genitori al meglio delle loro possibilità. Si tratta di un dovere inderogabile, direttamente dovuto dalla genitorialità stessa, indipendentemente da separazione, divorzio e collocamento dei minori. Anche i genitori sposati sono obbligati a mantenere i figli, per esempio, soltanto che vivendo con la prole provvedono direttamente a quest’onere. Lo stesso deve fare il genitore collocatario, ovvero quello presso il quale i figli risiedono stabilmente, che pagherà direttamente per garantire loro il soddisfacimento di tutte le loro esigenze.
Il genitore non collocatario dovrà invece provvedere al versamento di un assegno di mantenimento periodico, necessario per contribuire al mantenimento dei figli, collaborando insieme all’altro genitore. È infatti quest’ultimo a ricevere materialmente il mantenimento quando i figli sono minorenni, non potendo però disporre liberamente del denaro, vincolato appunto alla sua finalità di mantenimento del minore. Tutte le azioni del genitore relative al diritto dei figli a essere mantenuti non sono corrispondenti a un diritto del genitore stesso. Per questo motivo, non può rinunciare all’assegno di mantenimento, né compensarlo con eventuali debiti nei confronti del genitore obbligato.
Non rileva nemmeno l’ipotesi di un’importante disparità economica tra i due genitori, dovendo entrambi provvedere al mantenimento dei figli al meglio che possono. Senza dubbio i due potrebbero essere chiamati a un impegno economico differente, dipendente dalle proprie possibilità, ma nessuno può esservi esonerato. L’assegno di mantenimento dei figli è infatti:
- indisponibile (non ammette rinuncia);
- irripetibile (non può essere rimborsato);
- impignorabile;
- non compensabile.
Trattandosi di un diritto indisponibile, nemmeno il figlio maggiorenne può rinunciare discrezionalmente al mantenimento: la questione deve sempre essere rimessa al giudice in fase di revisione. Tutti gli accordi tra i genitori che derogano a questi principi possono dunque essere revisionati dal giudice, affinché venga tutelato l’interesse preminente della prole. Tendenzialmente, quando c’è un collocamento prevalente - dunque nella stragrande maggioranza dei casi - è sempre previsto un assegno periodico, che consenta all’altro genitore di collaborare al mantenimento.
È bene ricordare che il diritto al mantenimento non dipende dalla capacità economica del genitore collocatario e cessa soltanto con il raggiungimento dell’indipendenza dei figli (o il mancato raggiungimento della stessa in modo colpevole da parte dei figli maggiorenni).
Di conseguenza, esiste soltanto un’ipotesi in cui nessuno dei due genitori è chiamato dal giudice al versamento di un assegno periodico: il collocamento paritario dei figli. Quando il collocamento è diviso parimenti, cioè i figli trascorrono metà del tempo presso un genitore e metà presso l’altro, entrambi possono provvedere direttamente alle loro esigenze e non è necessario l’assegno.
Rinunciare al mantenimento dall’ex coniuge
L’assegno di mantenimento dovuto dall’ex coniuge dopo la separazione (come anche quello divorzile seguente appunto al divorzio) è molto diverso dal mantenimento spettante ai figli, per natura stessa dell’obbligo. L’ex coniuge può rinunciare al mantenimento in fase di separazione o divorzio, comunicando al giudice la sua volontà o accordandosi nella procedura consensuale. In tal proposito, la Corte di Cassazione ritiene indipendenti i due benefici, pertanto la rinuncia all’assegno dopo la separazione non comporta anche la perdita di quello divorzile.
Ad avvenuto divorzio, l’ex coniuge può rivolgersi al giudice per ottenere l’assegno in seguito alla propria rinuncia soltanto se le sue condizioni economiche sono notevolmente e irreparabilmente cambiate rispetto a prima. L’ex coniuge che percepisce il mantenimento può esprimere la rinuncia anche in un momento successivo, formalizzando la propria decisione a seconda delle modalità con cui l’assegno è stato stabilito in primo luogo. Di norma è sufficiente la consegna della dichiarazione al soggetto obbligato. Non è invece possibile rinunciare preventivamente all’assegno, in quanto i patti prematrimoniali sono vietati nell’ordinamento italiano.
© RIPRODUZIONE RISERVATA