È giunto il momento per i lavoratori di scegliere se nel 2023 percepire o meno il bonus Irpef. In quali casi è opportuno rinunciarvi e che conseguenze ci sono in caso di scelta sbagliata?
Il bonus Irpef, introdotto con il decreto legge 5 febbraio 2020 numero 3, rappresenta una somma netta anticipata dal datore di lavoro in busta paga salvo conguaglio da effettuarsi alla fine dell’anno, alla cessazione del rapporto e/o in sede di dichiarazione dei redditi quando sarà noto il reddito effettivo generato dal contribuente.
La misura è diretta infatti a quanti si collocano all’interno di determinate soglie di reddito.
Il problema nasce dal fatto che l’azienda anticipa, nel corso dell’anno, il bonus, simulando quelle che saranno le somme complessivamente totalizzate dal contribuente. Una volta conclusosi il periodo d’imposta, si verifica il reddito reale del lavoratore e, sulla base di questo, si determina l’ammontare effettivamente spettante del bonus.
Possono verificarsi due ipotesi:
- il bonus anticipato è inferiore a quello spettante, in tal caso il contribuente avrà diritto a un rimborso;
- il bonus anticipato è superiore a quello spettante e il lavoratore dovrà subire una trattenuta in busta paga o in dichiarazione dei redditi.
Per evitare ipotesi come quella appena citata, è opportuno valutare, all’inizio di ogni anno, se rinunciare al bonus.
Analizziamo la questione in dettaglio.
A chi spetta il bonus Irpef?
Hanno diritto al bonus Irpef quanti producono redditi da lavoro dipendente (articolo 49 del Tuir) e taluni redditi assimilati come:
- collaborazioni coordinate e continuative;
- compensi corrisposti a soci di cooperative;
- compensi corrisposti da terzi;
- borse di studio;
- capitali e rendite corrisposte dai fondi pensione;
- compensi a soggetti impegnati in lavori socialmente utili;
- remunerazioni dei sacerdoti.
La normativa richiede altresì che l’Irpef lorda, calcolata sui redditi sopra citati, sia di importo superiore alla detrazione da lavoro dipendente (disciplinata dal precedente articolo 13, sempre del Tuir).
Reddito fino a 15 mila euro
Hanno diritto al bonus Irpef «pieno» pari a 1.200 euro annui quanti, nel periodo d’imposta, generano un reddito complessivo, al netto del reddito dell’abitazione principale e delle relative pertinenze, nonché dei premi di risultato soggetti all’imposta sostitutiva, non superiore a 15 mila euro.
Al contrario, vengono considerate nel conteggio del reddito le somme provenienti dall’affitto di immobili soggetti a cedolare secca, oltre ai redditi esenti percepiti dai lavoratori cosiddetti «impatriati» e quelli dei lavoratori autonomi in regime forfetario.
Redditi nella fascia 15-28 mila euro
La normativa contempla altresì un’altra categoria di beneficiari, in possesso di un reddito complessivo superiore a 15 mila, ma non eccedente i 28 mila euro.
Per questi contribuenti il bonus spetta a condizione che l’Irpef lorda, determinata sul reddito complessivo, sia di ammontare superiore alla somma di:
- detrazioni per carichi di famiglia;
- detrazioni per redditi da lavoro dipendente;
- detrazioni per interessi su mutui contratti fino al 31 dicembre 2021;
- rate delle detrazioni per spese sanitarie e detrazioni edilizie, per oneri sostenuti fino al 31 dicembre 2021.
In caso positivo, il bonus spetta (comunque in misura non superiore a 1.200 euro annui) secondo un ammontare pari alla differenza tra la somma delle detrazioni sopra citate e l’imposta lorda.
Come si comporta il datore di lavoro?
La regola principale è quella per cui il bonus Irpef, in presenza di tutte le condizioni di legge, debba essere riconosciuto in automatico dal datore di lavoro, salvo conguaglio da effettuare a fine anno/fine rapporto o comunque in sede di dichiarazione dei redditi quando sarà noto il reddito complessivo reale del contribuente, relativo all’interno periodo d’imposta.
L’azienda quindi, in ciascun periodo di paga (di norma mensile), simula quello che sarà il reddito complessivo dell’anno (in base alle somme dalla stesso corrisposte) e, se pari o inferiore a 15 mila euro, riconosce il bonus riparametrato su base mensile. In questo caso, il calcolo avviene dividendo 1.200 euro per 365 e successivamente moltiplicando il risultato per i giorni del mese in cui è stato prodotto il reddito (di norma coincidenti con quelli di calendario).
Ipotizziamo che il dipendente generi a gennaio 2023 un reddito imponibile ai fini fiscali (su cui viene calcolata l’Irpef) pari a 1.150,00 euro. A questo punto, il datore di lavoro simula quello che sarà il reddito complessivo 2023 moltiplicando 1.150,00 euro per le mensilità di retribuzione complessivamente spettanti (nel nostro caso dodici più la tredicesima).
Il risultato di 1.150,00 * 13 è 14.950,00 euro.
Appurato che il lavoratore ha teoricamente diritto al bonus, l’azienda verifica che l’Irpef lorda sia di ammontare superiore alle detrazioni da lavoro dipendente.
Se è questo il caso, viene riconosciuta una somma pari a (1.200,00/365) * giorni detrazione di gennaio 2023 corrispondenti a 31. Il bonus in busta paga sarà pertanto pari a 101,99 euro.
Resta da aggiungere che, in generale, i datori di lavoro corrispondono il bonus soltanto se il reddito complessivo risulta pari o inferiore a 15 mila euro. Nulla viene corrisposto se ci si colloca nella fascia 15-28 mila euro, dal momento che il calcolo tiene conto di elementi che non sono nella disponibilità dell’azienda (come i dati sulle detrazioni per spese sanitarie o gli interessi sui mutui). Di conseguenza, il contribuente beneficerà del bonus direttamente in dichiarazione dei redditi.
Cosa può fare il lavoratore?
In deroga all’erogazione automatica, il lavoratore può esprimere all’azienda la scelta di:
- rinunciare al bonus Irpef;
- percepire il bonus Irpef direttamente in sede di conguaglio di fine anno o di fine rapporto;
- comunicare redditi ulteriori a quelli erogati dalla stessa azienda, da considerare per il calcolo del reddito complessivo ai fini del bonus.
In tal caso si evita il rischio di percepire la somma in questione per alcuni mesi, salvo poi subire il recupero della stessa, in un’unica soluzione, in sede di conguaglio di fine anno o di fine rapporto (se non addirittura in dichiarazione dei redditi), quando sarà noto il reddito effettivo del periodo.
Si ricorda infatti che il diritto al bonus si basa sul reddito complessivo del contribuente. Mentre l’azienda, nell’erogare la misura, ha soltanto una visione parziale di quella che è la situazione del lavoratore, avendo a disposizione (di default) i dati riguardanti i soli redditi dalla stessa riconosciuti.
Vediamo di seguito in quali casi conviene rinunciare al bonus.
Rinuncia al bonus per imposta incapiente
Il lavoratore che prevede di ottenere un’Irpef lorda inferiore a quelle che sono le detrazioni da lavoro dipendente può valutare l’opportunità di rinunciare al bonus.
È il caso ad esempio di chi, già nel 2022, ha dovuto subire una trattenuta per bonus Irpef non spettante, in sede di conguaglio o in dichiarazione dei redditi. In assenza di aumenti di stipendio o di orario (come nelle ipotesi di contratto part-time) o di altre voci di paga eccezionali (tali da aumentare il reddito) chi prevede di percepire gli stessi redditi nel 2023, può rinunciare sin da subito al bonus.
Rinuncia al bonus per redditi da lavoro eccedenti i 15 mila euro
Come anticipato, le aziende riconoscono in busta paga il bonus Irpef soltanto ai contribuenti che generano un reddito pari o inferiore a 15 mila euro.
Per evitare di dover restituire parte del bonus erroneamente percepito nell’anno, a fronte di un reddito eccedente i 15 mila euro, è opportuno rinunciarvi sin da subito.
In queste ipotesi ci si può basare sul reddito totalizzato negli anni precedenti, soprattutto se all’orizzonte non ci sono elementi tali da poter giustificare una diminuzione delle spettanze nel 2023.
Rinuncia al bonus per redditi diversi da quelli da lavoro dipendente
Abbiamo detto che il datore di lavoro, in assenza di decisioni diverse del dipendente, è tenuto a erogare il bonus in base ai redditi dallo stesso riconosciuti.
Per questo motivo, potrebbe verificarsi l’ipotesi di chi è tenuto a restituire le somme in parola dal momento che, al reddito da lavoro dipendente (inferiore alla soglia di 15 mila euro) si sono aggiunti redditi tali da far oltrepassare il limite di spettanza e determinare pertanto un recupero del bonus non spettante.
Di conseguenza, è bene valutare quali altri redditi saranno percepiti nel 2023, tali da far aumentare il reddito complessivo, portandolo a un livello in grado di determinare l’esclusione dal bonus.
Rinuncia al bonus per compensi da co.co.co
Può accadere che il lavoratore riceva il bonus considerando i soli redditi da lavoro dipendente e, a fine anno, gli venga liquidato un compenso da amministratore tale da determinare il superamento delle soglie di spettanza e la restituzione del bonus percepito.
Per il 2023, i lavoratori in situazioni simili dovrebbero valutare a quanto ammonterà il reddito aggiuntivo, derivante da rapporti di collaborazione coordinata e continuativa o compensi per gli amministratori e, sulla base di questo, decidere se percepire o meno il bonus in busta paga.
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