La fine del governo Draghi mette a rischio molte misure economiche ritenute urgenti: cosa succederà su salario minimo, aumento degli stipendi, sconti in bolletta e taglio delle accise?
Dal salario minimo agli aumenti degli stipendi per combattere il caro energia e l’inflazione, dal taglio delle accise sulla benzina agli sconti in bolletta: il lavoro del governo Draghi su una serie di misure economiche, alcune ritenute urgenti e necessarie, si interrompe. Ma su alcuni temi qualche speranza di poter proseguire sulla strada già intrapresa c’è.
Le dimissioni del presidente del Consiglio, Mario Draghi, porteranno a nuove elezioni. Fino alla data del voto - non se ne parlerà prima di metà/fine settembre - il governo resterà in carica per il disbrigo degli affari correnti. Ovvero sarà in carica solamente per portare avanti un ruolo di rappresentanza e per decisioni non strettamente politiche.
Cosa vorrà dire questo dal punto di vista delle riforme economiche? Money.it, parlando con diverse fonti parlamentari e governative, ha provato a capire cosa succederà a una serie di misure tanto attese: vediamo quali potrebbero essere portate avanti dal governo dimissionario e quali no.
I tavoli sindacali
Nelle settimane precedenti il presidente del Consiglio aveva fissato una serie di incontri con le sigle sindacali su diversi temi che sarebbero dovuti rientrare in parte in un decreto atteso a fine luglio e in altra parte nella legge di Bilancio. I tavoli, al momento, non sono stati sconvocati, quindi non è detto che almeno alcune di queste riunioni si possano tenere lo stesso. Soprattutto su alcuni temi.
Il salario minimo
Il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, aveva comunicato il suo piano per provare ad applicare una versione del salario minimo basata sui contratti collettivi. Orlando punta sul Tec, il Trattamento economico complessivo: l’idea è quella di applicare in ogni settore il contratto collettivo più rappresentativo, cercando così di mettere fuori gioco i cosiddetti contratti pirata.
Come confermano fonti vicine al dossier a Money.it, questa trattativa con i sindacati potrebbe andare avanti anche con la crisi di governo e senza una vera maggioranza coesa. Questo per due motivi: da una parte perché si tratterebbe di applicare una decisione della Commissione europea a cui il nostro Paese si dovrebbe adeguare (per quanto, in realtà, i tanti contratti collettivi potrebbero essere sufficienti per l’Ue).
Dall’altra perché non servirebbe alcun provvedimento, ma basterebbe semplicemente un accordo con i sindacati che dovrebbero poi applicare il meccanismo del Tec. Il salario minimo pensato da Orlando, quindi, potrebbe anche restare in piedi con la caduta del governo.
Addio al taglio del cuneo fiscale
All’opposto una certezza c’è sul taglio del cuneo fiscale di cui Draghi aveva parlato in conferenza stampa dopo l’incontro coi sindacati: non si farà. In questo caso, come confermano fonti parlamentari, la ragione è semplice: si tratterebbe di un provvedimento da finanziare, per farlo diventare strutturale, con la legge di Bilancio. Manovra che verrà approvata da una maggioranza che uscirà dalle urne e che potrebbe anche non confermare la misura.
Quindi, semplicemente, è impossibile mettere in campo una misura che dovrebbe poi essere finanziata da un’altra maggioranza ancora da scoprire con il voto. Stesso discorso dovrebbe valere per l’ipotesi di rinnovo del bonus 200 euro, ormai accantonata. Il bonus resterà una tantum e verrà erogato tra luglio e settembre, ma non ci saranno rinnovi per altre mensilità.
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Il taglio delle bollette e delle accise sul carburante
Ancora più criptica la situazione sul taglio delle bollette e delle accise. Per quanto riguarda le bollette, come aveva spiegato in un’intervista a Money.it il presidente di Arera, Stefano Besseghini, il rischio è che la misura non venga rifinanziata per l’ultimo trimestre dell’anno: il meccanismo è ormai in vigore, ma un governo dimissionario può prorogarlo con altri fondi? Anche se sembra probabile che un rinnovo di una misura del genere possa trovare l’accoglimento di tutte le forze politiche potendo portare a uno strappo alla regola.
Stesso discorso che varrebbe per il taglio delle accise sul carburante: in questo caso basterebbe un decreto interministeriale per proseguire con lo sconto su benzina e diesel dopo il 20 agosto, ma anche stavolta potrebbe non bastare l’accordo tra tutti i partiti per rinnovarlo. Come ricordano alcuni parlamentari, si tratta - sia per le bollette che per le accise - di misure non rinnovabili da un governo in carica solo per gli affari correnti. Ma per una situazione d’emergenza come questa un’eccezione non è da escludere.
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