Scuole a rischio chiusura per il caro bollette: i comuni chiedono risorse aggiuntive al governo per fronteggiare gli aumenti di luce e gas, altrimenti si dicono costretti a tagliare i servizi.
Il caro bollette non riguarda solamente i cittadini e le imprese, ma anche gli enti locali. I comuni e le province sono in difficoltà a causa degli aumenti delle tariffe di luce e gas e temono che a rimetterci possano essere le scuole: gli istituti italiani, infatti, vanno incontro a un aumento dei prezzi per l’utilizzo dell’energia elettrica e dei riscaldamenti e il rischio è che siano costretti a ridurre le attività e gli orari.
Secondo quanto sottolineato dai comuni, servirà circa un miliardo e mezzo di euro in più rispetto al 2021 per fronteggiare le spese aggiuntive. Soldi che gli enti locali chiedono al governo Meloni, che si è appena insediato a Palazzo Chigi. Ricordiamo che le spese per la scuola vengono gestite dai comuni per infanzia, elementari e medie e dalle ex province per le superiori.
L’aumento delle bollette rispetto all’anno precedente può mettere in difficoltà gli enti locali che, per questo motivo, si rivolgono al governo e chiedono risorse aggiuntive per evitare di tagliare i servizi, soprattutto quelli relativi agli studenti e alle famiglie.
Bollette, le spese degli enti locali per la scuola
I 40mila istituti gestiti dai comuni finora, per le bollette di luce e gas, hanno speso mediamente 1,8 miliardi di euro l’anno. Un altro miliardo di euro viene invece speso per le scuole superiori, per un totale che si avvicina ai 3 miliardi. Ma con gli aumenti di spesa dovuti al caro energia il conto sembra poter salire fino a 4,5 miliardi.
Aumenti in bolletta: quanto costano alle scuole
A fare i conti sugli aumenti per il 2022 è il comune di Novara, calcolando un incremento del 32% sul gas e del 54% sulla luce. Applicando questi rialzi a tutte le spese delle bollette per le scuole si arriverebbe alla cifra di 4 miliardi e mezzo. Già l’Anci aveva chiesto almeno un miliardo di euro in più rispetto all’anno scorso.
Il sindaco di Novara, Alessandro Canelli, ricorda che l’aumento di spesa per i comuni non riguarda solo la scuola e che non basta aver rinviato l’accensione dei riscaldamenti. Che, comunque, dovranno presto essere accesi, anche se finora la stagione è stata più calda del previsto. In inverno, in ogni caso, le temperature a scuola dovranno essere tra i 18 e i 22 gradi, con un grado di tolleranza.
Cosa può succedere per le scuole
Nel caso in cui non arrivino i soldi dal governo, il rischio per i comuni è di dover tagliare dei servizi. O quelli scolastici o anche altri per garantire la didattica negli istituti (pensiamo a monumenti e illuminazioni spente, per esempio). In alternativa i comuni potrebbero trovarsi costretti ad aumentare la pressione fiscale a livello locale. Tra i possibili servizi da tagliare c’è anche la possibilità di ridurre l’attività scolastica e chiudere gli istituti nel pomeriggio.
Il riscaldamento nelle scuole italiane
In Italia il 99% degli istituti ha un impianto di riscaldamento: il 12,6% utilizza il gasolio, il 75,2% il metano (meno inquinante), il resto ricorre a gpl, teleriscaldamento o piastre elettriche. Ma solo il 2% utilizza un impianto solare-termico. Quindi quasi sempre le spese aumentano a causa dei prezzi record per i combustibili.
Se i prezzi delle bollette non dovessero scendere nei prossimi mesi (un calo è però atteso) e se non dovessero arrivare gli aiuti del governo, è possibile che si arrivi a una riduzione delle attività scolastiche. Ipotesi di cui si era parlato anche a inizio dell’anno scolastico, con l’ipotesi della riduzione della settimana che sembra però essere stata ormai accantonata.
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