Tassi BCE e inflazione euro, ultimo verdetto per Lagarde. Ora alle prese anche con ansia tedesca

Laura Naka Antonelli

19 Marzo 2025 - 12:39

L’Eurostat ha annunciato il dato relativo all’inflazione dell’area euro di febbraio. Ma sui tassi la BCE guarda già avanti e teme ora la Germania.

Tassi BCE e inflazione euro, ultimo verdetto per Lagarde. Ora alle prese anche con ansia tedesca

Nel giorno del secondo Fed Day del 2025, arriva in Eurozona il dato clou sull’inflazione, tra i market mover che dettano più legge alla BCE di Christine Lagarde su come impostare la propria politica monetaria: dunque, in sostanza, sulle decisioni da prendere sui tassi di interesse dell’area euro.

Continuare a tagliare? Fare una pausa a partire dalla prossima riunione del Consiglio direttivo di aprile?

Inflazione euro e UE a febbraio 2025, l’annuncio dell’Eurostat

L’Eurostat ha annunciato oggi che, nel mese di febbraio 2025, il tasso di inflazione dell’area euro è sceso dal 2,5% di gennaio al 2,3% e rispetto al 2,4% del mese di febbraio del 2024.

In calo rispetto a gennaio anche le pressioni inflazionistiche dell’Unione europea, con il tasso di inflazione UE che si è indebolito a febbraio al 2,7%, rispetto al 2,8% di gennaio e al 2,8% di febbraio del 2024.

Nessuna revisione al ribasso, tuttavia, per quanto riguarda l’inflazione core dell’area euro, ovvero per l’inflazione headline depurata dai prezzi dei beni energetici e alimentari che, sempre a febbraio, è salita al ritmo annuo del 2,7%, come a gennaio, e come riportato con la lettura preliminare.

Occhio al recente dato relativo all’inflazione dell’Italia, diffuso qualche giorno fa.

Inflazione euro rivista al ribasso, ma oltre ai dazi ora la BCE di Lagarde ha due sfide in più sui tassi

La buona notizia, per la BCE e l’area euro nello specifico, è che il ritmo di crescita dell’inflazione all’interno del blocco è stato rivisto al ribasso, dal +2,4% inizialmente annunciato con la lettura preliminare a un aumento pari a +2,3%.

Detto questo, le decisioni sui tassi della BCE si sono fatte ancora più difficili da prendere, e non “solo” per i dazi annunciati dall’amministrazione Trump.

Ora, ad angustiare Lagarde - memore di quello storico errore che commise alla fine del 2021 e agli inizi del 2022, quando sottovalutò la minaccia dell’inflazione - c’è anche il potenziale effetto che il bazooka fiscale da 500 miliardi di euro lanciato dalla Germania di Friedrich Merz - che ieri ha avuto il benestare del Bundestag - avrà sull’inflazione tedesca e, di conseguenza, su quella europea. Per non parlare del grande piano made in UE con cui Bruxelles intende dotarsi di un sistema di difesa comune.

Si tratta, in entrambi i casi, di rivoluzioni fiscali che, nel sostenere la crescita del PIL dell’Eurozona, potrebbero rimettere in moto anche l’inflazione, facendola puntare verso l’alto. Potrebbero, insomma, riaccendere le pressioni inflazionistiche.

Se si considera che un alert sull’inflazione e sulla necessità di iniziare a discutere della possibilità di uno stop ai tagli dei tassi dell’area euro era stato già lanciato nelle ultime settimane dal noto falco della BCE prima dell’annuncio del bazooka fiscale tedesco e dell’intenzione di avviare in Germania la riforma storica sulla regola costituzionale del freno al debito, si comprende come il timore dell’Eurotower di allentare forse troppo la guardia contro l’inflazione sia più che giustificato.

A suonare più volte un campanello d’allarme sulla nuova Germania sono stati d’altronde più volte, negli ultimi giorni, gli stessi rendimenti dei Bund e di altri titoli di Stato dell’area euro, BTP inclusi (prima di ritracciare).

Inflazione e rivoluzione fiscale in Germania, la BCE guarda già avanti

Detto questo, una rassicurazione sul trend specifico dell’inflazione della stessa Germania è arrivato qualche giorno fa, con la pubblicazione della seconda lettura dell’indice dei prezzi al consumo relativo al mese di febbraio, che ha rivisto al ribasso la crescita inizialmente riportata con i numeri preliminari, che aveva scosso i nervi di Berlino.

Il dato ha riportato infatti un rialzo inferiore rispetto a quanto annunciato in precedenza, salendo a febbraio del 2,6%.

Certo, si tratta di un valore ancora troppo elevato rispetto al target del 2% della BCE che, unito agli effetti inflazionistici del bazooka di Berlino e del piano europeo per una difesa comune, non avrà sedato l’ansia di Francoforte.

Nel breve, le indicazioni che sono arrivate oggi dall’Eurostat smorzano la paura di uno stop ai tagli dei tassi, che sono arrivati lo scorso 6 marzo alla loro sesta edizione, dal giugno del 2024.

Ma la BCE e i mercati guardano avanti, non indietro. E le conseguenze del bazooka di Berlino devono essere ancora calcolate.

Inflazione euro, dove cresce di più e dove cresce di meno

Detto questo, tornando all’annuncio dell’Eurostat, vale la pena considerare il trend dell’inflazione dei singoli Paesi dell’Eurozona.

La crescita più bassa dell’inflazione è stata registrata in Francia (tasso pari allo 0,9%), in Irlanda (1,4%) e in Finlandia (1,5%). I tassi più alti hanno visto invece protagonisti l’Ungheria (5,7%), la Romania (5,2%) e l’Estonia (5,1%).

Rispetto al gennaio del 2025, il tasso di inflazione è sceso su base annua in 14 Paesi membri UE, rimanendo stabile in sei Paesi e salendo in sette economie.

Il contributo più alto alla crescita dell’inflazione su base annua è arrivato dai prezzi dei servizi (+1,66 punti percentuali), dai prezzi dei beni alimentari, alcol e tabacchi (+0,52 pp) , da quelli dei beni industriali non energetici (+0,14 pp) e dai prezzi dell’energia (+0,01 pp).

Oggi però l’attenzione è tutta rivolta all’annuncio sui tassi sui fed funds che arriverà dalla Fed di Jerome Powell: la trepidazione è alta, non tanto per la decisione odierna, che i mercati finanziari di tutto il mondo hanno già scontato, ma per le dichiarazioni che il presidente Powell rilascerà nel corso della conferenza stampa che segue la notizia sui tassi. Così come anche, e anche molto in questo caso, per il dot plot, da cui emergeranno le previsioni di ogni singolo esponente del FOMC, il braccio di politica monetaria, su cosa accadrà nei prossimi mesi e anche anni. In questo contesto, attenzione alle indicazioni che arrivano dal mercato monetario.

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