Previsioni sulla prossima mossa della BCE ormai imminente di dopodomani 30 gennaio. Quinto taglio dei tassi in vista? Il momento più difficile del 2025 per Lagarde.
Quinto taglio dei tassi di interesse in arrivo in Eurozona firmato dalla BCE di Christine Lagarde?
Mancano meno di 48 ore alla risposta che arriverà direttamente da Francoforte, sede della Banca centrale europea, dopodomani giovedì 30 gennaio 2025, quando i mercati finanziari globali staranno ancora digerendo l’annuncio cruciale della vigilia: quello della Fed di Jerome Powell.
Si profilano dunque giorni intensi per gli investitori, in attesa di conoscere i verdetti che saranno snocciolati con il primo BCE Day e il primo Fed Day del 2025. Verdetti che, inevitabilmente, saranno condizionati dal grande market mover che, nelle prossime settimane e nei prossimi mesi, in generale almeno nei prossimi quattro anni, plasmerà il destino dell’economia, della politica, della geopolitica non solo degli Stati Uniti, ma di tutto il mondo: la seconda amministrazione di Donald Trump, che ha appena preso ufficialmente il via, e che, già da un po’, ha portato non solo la Fed ma anche la BCE e le banche centrali del mondo a prendere in considerazione le possibili conseguenze delle scelte che il tycoon farà sulle rispettive economie e sull’economia globale.
La Fed di Jerome Powell sembra essere già destinata a dare ai tassi sui fed funds USA una direzione che, almeno nel breve, non piacerà affatto a Wall Street, proprio a causa della nuova presidenza di Trump.
BCE, Trump spada di Damocle sulla testa di Lagarde, previsioni su riunione 30 gennaio
In sostanza, Donald Trump si confermerà spada di Damocle che penderà anche sulla testa di Christine Lagarde, presidente della BCE, così come sulle teste degli altri banchieri centrali.
Per questo primo atto del 2025 della BCE previsto per la giornata di dopodomani, i mercati e gli economisti danno praticamente per certo l’annuncio di un quinto taglio dei tassi.
Al momento, va ricordato, dopo le quattro sforbiciate che la Banca centrale europea ha varato nel corso del 2024 i tassi sui depositi, i tassi sulle operazioni di rifinanziamento principali e i tassi sulle operazioni di rifinanziamento marginale viaggiano rispettivamente al 3%, al 3,15% e al 3,40%.
La BCE si è decisa a tagliare i tassi per la prima volta il 6 giugno scorso, per poi procedere a una seconda sforbiciata il 12 settembre.
I tassi di interesse sono stati ridotti da Lagarde per la terza volta a seguito della riunione del Consiglio direttivo del 17 ottobre.
L’ultimo atto è stato annunciato dall’Eurotower lo scorso 12 dicembre. La strada per ora sembra tracciata, e ulteriori tagli dei tassi sono attesi anche per il 2025. A quanto pare, tuttavia, tutti mini, ovvero di 25 punti base, a meno che non si presentino eventi improvvisi. Per la prima riunione imminente del 2025, il verdetto è di un’altra riduzione di 1/4 di punto percentuale.
Lagarde alle prese con la solita paura dell’inflazione, in vista schiaffo dazi Trump
Tuttavia la paura di Christine Lagarde - che, secondo molti esperti ha già impiegato molto, se non troppo tempo, a decidere in primis di fermare le strette monetarie incessanti che ha lanciato a partire dal luglio del 2022 fino al settembre del 2023, poi a decidere di iniziare a tagliare i tassi - rimane lo spettro dell’inflazione: che, al momento, e questo lo ammette lei stessa, è rientrato.
L’inflazione dell’area euro è, infatti, sulla buona strada per tornare a centrare l’obiettivo del 2% nel corso di questo anno, sebbene l’ultimo dato abbia confermato la sua accelerazione. Tuttavia, sia per la minaccia costante rappresentata dalle tensioni geopolitiche mondiali, in un pianeta lacerato da ferite permanenti e/o destinate a riaprirsi in modo più doloroso, sia ora soprattutto a causa della presidenza di Trump, Lagarde teme che il trend dei prezzi possa tornare a rafforzarsi in qualsiasi momento. Osservati speciali sono, nello specifico, l’inflazione dei servizi e il trend dei salari.
E così, ostaggio di una politica monetaria che continua a dipendere sempre dai dati macro di turno, senza un percorso predeterminato, come ha tenuto a ricordare più volte Lagarde, l’Europa rimane in balìa dell’incertezza sulla direzione dei tassi.
Per dopodomani, mercati, economisti e strategist sono concordi nello stimare un taglio dei tassi della stessa entità dei precedenti, pari dunque a 25 punti base.
A presentare il possibile outlook su quanto accadrà nelle riunioni successive è stata la stessa Lagarde che, parlando da Davos, in occasione dei lavori del World Economic Forum della scorsa settimana, ha fatto riferimento a una “direzione molto chiara” dei tassi di interesse. Direzione molto chiara che sarà però comunque condizionata, come al solito, da alcuni fattori. “I ritmi (dei tagli) dipenderanno dai dati, ma una mossa graduale è sicuramente ciò che viene in mente in questo momento”, ha precisato l’ex direttrice dell’FMI, rilasciando anche commenti, più in generale, sul destino dell’Europa.
D’altronde, il danno dei dazi che Trump ha intenzione di imporre sui prodotti che gli Stati Uniti importano dal resto del mondo, UE inclusa, non è stato ancora calcolato. Qualche consolazione c’è, ed è stata messa in evidenza dalla numero uno della Banca centrale europea che, sempre da Davos, ha definito l’approccio di Donald Trump perfino “molto intelligente”, riferendosi alle tariffe contro l’UE.
Vero però che Trump ha accusato l’Europa di “trattare molto male e ingiustamente” l’America, riferendosi alle “centinaia di miliardi di dollari” di disavanzo commerciale USA nei confronti del Continente.
Di conseguenza, la minaccia dei dazi c’è, anche se “amo l’Europa e voglio essere costruttivo”, ha affermato il presidente degli Stati Uniti.
Le aspettative sono di una BCE che rimarrà dunque prudente nel portare avanti il suo ciclo di tagli dei tassi iniziato l’anno scorso, soprattutto in attesa di capire quanto male farà lo schiaffo dazi di Trump all’Europa. Peccato per le colombe, i cui appelli a quanto pare continuano a essere tuttora ignorati.
Rischio di inflazione importata dagli USA?
Lagarde dovrà capire nel corso dei prossimi mesi anche se l’area euro si ritroverà costretta a importare l’inflazione dagli Stati Uniti.
Si torna sempre al solito discorso. A fronte di una inflazione prevista rimanere persistente in America, sulla scia della politica fiscale espansiva di Trump, in teoria la BCE potrebbe anche cercare di smarcarsi dall’approccio cauto sui tassi che la Fed di Powell, a quanto pare, sarà costretta ad adottare (c’è qualcuno che paventa anche il ritorno, negli States, delle strette monetarie).
In quel caso, tuttavia, nello scontare l’ampliamento della divergenza tra la politica monetaria degli Stati Uniti e quella dell’area euro, il dollaro potrebbe/dovrebbe in teoria segnare nuovi rialzi, e l’euro soffrire nuovi cali.
Risultato: le merci americane, e comunque le materie prime denominate in dollari, avrebbero un costo più salato per l’Europa e per l’Eurozona nello specifico, presentando a Lagarde il problema dell’inflazione importata.
BCE, le previsioni di Goldman Sachs: fino a dove scenderanno i tassi sui depositi nel 2025
Detto questo, guardando avanti, in particolare gli economisti di Goldman Sachs ritengono che, dopo un taglio dei tassi di 25 punti di dopodomani, la BCE taglierà i tassi, sempre di 25 punti base, anche nel prossimo meeting di marzo, considerando l’eventualità “molto probabile”: mossa che porterà il tasso sui depositi a scendere al 2,5%.
Goldman Sachs ha scritto tuttavia nella sua preview che “ quanto e quanto velocemente la BCE taglierà dopo il mese di marzo dipenderà dai dati in arrivo”.
“Il nostro scenario di base”, si legge nell’analisi, “rimane di ulteriori tagli consecutivi di 25 punti base fino a portare (il tasso sui depositi) all’1,75% a luglio”.
Gli esperti hanno a tal proposito ricordato che “gli ultimi commenti della stessa BCE suggeriscono che la maggior parte degli esponenti del Consiglio direttivo è a suo agio nel tagliare i tassi fino al 2% nell’estate, stando alle proiezioni dello staff della Banca centrale”, ovvero fermo restando che le previsioni sul PIL e sull’inflazione elaborate dagli economisti di Francoforte si rivelino fondate.
Ma i tagli decreteranno dunque la grande svolta di Lagarde? (ovvero il passaggio dal territorio restrittivo dei tassi a quello neutrale)?
Goldman Sachs risponde con queste parole:
“Sebbene le nostre stime sull’inflazione siano simili, intravediamo una crescita (del PIL) più debole, a causa della crescita delle tensioni commerciali (dunque pari a +0,8% per il blocco, nel corso del 2025, rispetto alla precedente stima pari a +1,1%”, il che significa che, “alle prese con una crescita più bassa secondo le nostre attese, riteniamo che sia probabile che i tagli di Lagarde portino i tassi verso la parte finale del territorio neutrale”. Che, da Davos, Lagarde ha identificato in un range compreso tra l’1,75% e il 2,25%.
Su tagli fino all’1,75% crede anche Konstantin Veit, gestore di portafogli di Pimco, che ha avvertito anche che, una volta che i tassi saranno scesi fino al 2,5%, la BCE “dovrà pensare in modo più deciso il da farsi”.
Detto questo, vista la debolezza dell’economia, “il rischio è di tassi che scendano fino all’1,75%”.
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Ma cosa succederebbe nel caso in cui la Fed di Jerome Powell decidesse di mettere il punto al percorso dei tagli dei tassi?
Reuters riporta per esempio le view di Bank of America e di BNP Paribas di una Fed che opterà per il nulla di fatto nel corso del 2025:
“Se la Fed non taglierà in quanto l’economia è solida negli USA, sarà una buona notizia anche per l’Europa...e la BCE potrebbe essere davvero tentata da tagliare i tassi un po’ meno ”, ha commentato Frederik Ducrozet, responsabile della divisione di ricerca macroeconomica di Pictet Wealth Management.
C’è poi chi è più dovish, ritenendo che i tassi potrebbero essere tagliati addirittura fino all’1,5%.
Nel prevedere che dopodomani “la BCE taglierà il tasso di deposito al 2,75%” e nel ricordare che “le previsioni più recenti indicano che la banca centrale centrerà il suo obiettivo di inflazione del 2% quest’anno”, Tomasz Wieladek, responsabile economista della divisione per l’Europa di T. Rowe Price, ha detto di credere che “è molto probabile che la BCE tagli i tassi questa settimana e a marzo”.
Così come nel caso di Pimco, Wieladek ha spiegato tuttavia che “dopo la riunione di marzo, i mercati finanziari sono meno sicuri sul percorso dei tagli della BCE” e che “il timore è che l’istituzione sia meno determinata a tagliare i tassi di interesse quanto più il tasso di deposito si avvicina al 2%, il tasso neutrale, al quale la politica monetaria non limita né stimola l’economia”.
Così come nel caso di Pimco, anche T. Rowe Price ritiene che il momento più difficile per Lagarde di questo 2025 inizierà dopo il meeting di marzo.
“La nostra opinione è che i dati economici continueranno a spingere la BCE a tagliare ad ogni riunione fino a quando il tasso di deposito non raggiungerà l’1,5%. L’incertezza sulla politica commerciale rimane molto alta, soprattutto con l’approccio risoluto della nuova amministrazione statunitense in materia di dazi. Molte aziende aspetteranno a prendere decisioni sugli investimenti fino a quando non saranno risolti questi importanti cambiamenti nella politica commerciale”.
Per il capo economista di T. Rowe Price, “il clima di incertezza manterrà deboli gli investimenti e, quindi, l’attività nel prossimo futuro”.
“Per quanto riguarda l’inflazione, i dazi statunitensi sulla Cina potrebbero aumentare ulteriormente la capacità produttiva inutilizzata a livello globale a livello di beni scambiati. La disinflazione dei beni provenienti dalla Cina porterà probabilmente a un’inflazione di base IPC più debole del previsto nell’area euro nella seconda metà dell’anno. Il rischio è che l’inflazione non raggiunga l’obiettivo della BCE nella seconda metà dell’anno” - ha fatto notare ancora Wieladek - “L’insieme di questi due fattori, attività debole e disinflazione, probabilmente sorprenderà la BCE, che continuerà probabilmente a tagliare i tassi d’interesse ad ogni riunione di quest’anno, fino a quando il tasso di deposito non raggiungerà l’1,5% ”. Un commento, questo, che fa sorgere il dubbio che l’economia dell’area euro stia peggio di quanto pensi Lagarde e che, più che di inflazione, come affermano diversi critici, la presidente dell’Eurotower dovrebbe concentrarsi, soprattutto con Trump, a dare una sferzata più importante ai fondamentali del blocco.
Continuano nel frattempo a fioccare le previsioni sulla direzione che i tassi dell’Eurozona prenderanno nel 2025, mentre c’è chi ha già presentato le proprie stime sui tassi anche per il 2026 e il 2027.
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