L’uso della rete internet non dev’essere pensato come qualcosa di assolutamente libero e indiscriminato. Oltre alle responsabilità disciplinari, il lavoratore rischia conseguenze penali e multe
L’avvento delle nuove tecnologie, come l’utilizzo dei personal computer e della rete internet da parte dei dipendenti, ha posto il problema dei controlli esercitati dall’azienda, al fine di evitare comportamenti dannosi per l’attività economica-produttiva.
Nel rispetto della normativa di cui all’articolo 4 della legge 20 maggio 1970 numero 300, il controllo dei lavoratori può avvenire anche attraverso la tracciabilità della navigazione in internet, utilizzando appositi programmi informatici.
Resta comunque vietato effettuare controlli destinati esclusivamente a monitorare la prestazione lavorativa, mentre è consentito l’utilizzo di programmi con finalità diverse, che incidentalmente permettano anche il controllo della navigazione.
Installare quest’ultima tipologia di infrastrutture necessita di un accordo con le rappresentanze sindacali in azienda (Rsa/Rsu) ovvero, in mancanza, di un’autorizzazione rilasciata dall’Ispettorato Territoriale del Lavoro (Itl).
Il Garante della Privacy, dal canto suo, nelle «Linee Guida per posta elettronica e internet nel rapporto» del 1° marzo 2007, ha escluso la possibilità di controlli informatici all’insaputa dei lavoratori interessati.
L’azienda, in particolare, è tenuta a indicare in maniera chiara e particolareggiata, l’utilizzo corretto della rete internet e se, in che misura e con quali modalità, vengono effettuati i controlli.
Lo stesso Garante consiglia l’adozione di un disciplinare interno da pubblicizzare adeguatamente e sottoporre ad aggiornamento periodico.
Nella policy interna e altresì nel regolamento disciplinare, devono essere riportate le conseguenze per il lavoratore che si rende responsabile di un uso eccessivo di internet.
Analizziamo in dettaglio cosa rischia il dipendente in questi casi.
Provvedimenti disciplinari
A seconda della gravità del fatto compiuto e di quanto previsto dalla policy aziendale e dal regolamento disciplinare interno, l’azienda può adottare una serie di provvedimenti disciplinari:
- rimprovero verbale;
- ammonizione scritta;
- multa, fino a un massimo di 4 ore di retribuzione base;
- sospensione, dal lavoro e dalla retribuzione, per un massimo di 10 giorni;
- trasferimento ad altra sede o reparto;
- licenziamento per giusta causa (senza preavviso) o giustificato motivo soggettivo (con preavviso).
Eccezion fatta per il rimprovero verbale, l’azienda, prima di adottare la sanzione disciplinare, è tenuta a contestare il fatto al lavoratore, in forma scritta.
Entro 5 giorni dalla ricezione della contestazione, l’interessato ha il diritto di replicare producendo le proprie difese in forma scritta od orale.
Nel corso del procedimento è comunque ammessa l’assistenza di un rappresentante dell’associazione sindacale, cui il lavoratore aderisce o conferisce mandato.
Conclusa la procedura disciplinare, l’azienda può:
- accogliere le eventuali giustificazioni del lavoratore e rinunciare all’adozione del provvedimento disciplinare;
- rinunciare all’adozione del provvedimento disciplinare;
- adottare il provvedimento disciplinare.
In tutte e tre le ipotesi è necessario trasmettere un’apposita comunicazione scritta al dipendente.
Risarcimento danni
In ragione dell’entità del danno e di quanto previsto dal regolamento interno, l’azienda ha la possibilità di chiedere un risarcimento economico al lavoratore.
In tal caso, la decisione e la quantificazione del danno devono essere comunicati all’interessato per iscritto.
Nella missiva il datore di lavoro dovrà riportare il tipo di danno provocato e i criteri utilizzati per quantificarlo in termini economici.
L’ammontare sarà esposto in busta paga, utilizzando una voce che diminuisca il netto.
Può accadere che la trattenuta venga effettuata nel cedolino relativo all’ultimo mese di lavoro. In tal caso, se il netto non è capiente a esaurire la trattenuta, l’ammontare residuo sarà recuperato nella busta paga di liquidazione del Tfr.
Responsabilità penale
L’utilizzo della rete internet può esporre il lavoratore a responsabilità penali, quali:
- accesso abusivo a un sistema informatico o telematico (articolo 615-ter Codice penale), punito con la reclusione fino a tre anni;
- danneggiamento di informazioni, dati e programmi informatici (articolo 635-bis Codice penale), punito con la reclusione da sei mesi a tre anni;
- detenzione di materiale pornografico realizzato utilizzando minori di anni diciotto (articoli 600-quater del Codice penale), punito con la reclusione fino a tre anni o la multa non inferiore a 1.549,00 euro;
- detenzione di immagini virtuali realizzate utilizzando immagini di minori di anni diciotto o parti di esse (articolo 600-quater 1 del Codice penale) con pena ridotta di un terzo, rispetto alle disposizioni di cui agli articoli 600-ter e 600-quater.
Cosa deve fare l’azienda?
Il datore di lavoro è tenuto a precisare in un documento-policy aziendale consegnato al lavoratore:
- le modalità di utilizzo degli strumenti messi a disposizione;
- come vengono effettuati i controlli.
In termini pratici, l’informativa al dipendente può essere resa tramite un documento:
- affisso nei locali aziendali;
- pubblicato online nella sezione del portale aziendale, pubblica o privata;
- consegnato a mano al lavoratore.
Al di là della modalità di trasmissione, è necessario che il documento sia effettivamente portato a conoscenza del lavoratore e che ciò sia dimostrabile.
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Cosa deve contenere la policy aziendale?
La policy aziendale dovrà riportare:
- i comportamenti non tollerati riguardanti la navigazione in internet, si pensi, ad esempio, al download di software, film o file musicali o ancora alla tenuta di documenti nella rete interna;
- in quale misura è consentito utilizzare, per ragioni personali, i servizi di posta elettronica o internet, eventualmente da determinate postazioni di lavoro o caselle ovvero ricorrendo a sistemi di webmail, riportando altresì le modalità e l’arco temporale di utilizzo (per esempio, fuori dall’orario di lavoro o durante le pause);
- quali informazioni devono essere conservate per un periodo più lungo, in forma centralizzata o meno, grazie ad esempio a copie di back up, alla gestione tecnica della rete o a file di log;
- quali controlli si riserva di effettuare l’azienda, nel rispetto delle norme di legge, indicando in dettaglio le ragioni per cui sono effettuati e le relative modalità (se trattasi, ad esempio, di controlli nominativi o meno, riguardanti singoli dispositivi e postazioni);
- quali avvisi vengono inoltrati ai dipendenti in caso di abusi singoli o reiterati, in particolare se l’azienda trasmette comunicazioni individuali o collettive;
- le azioni, anche di tipo disciplinare, che l’azienda si riserva di adottare se rileva che la posta elettronica e la rete internet sono utilizzate indebitamente;
- le soluzioni pensate per garantire, con la collaborazione del lavoratore, la continuità dell’attività lavorativa in caso di assenza dell’interessato (ad esempio l’attivazione di sistemi di risposta automatica alle e-mail ricevute);
- se sono utilizzabili modalità di uso personale di mezzi con pagamento o fatturazione a carico dell’interessato;
- quali misure sono adottate per particolari realtà lavorative in cui è necessario rispettare l’eventuale segreto professionale.
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