La Cina è il centro della produzione mondiale di terre rare. Investire in questo mercato esporrebbe anche a un rischio geopolitico e per questo molti analisti guardano verso altre opportunità
Le terre rare sono un gruppo di 17 elementi chimici metallici che si trovano in natura e sono chiamati «rari» perché si trovano spesso in concentrazioni molto basse rispetto ad altri elementi. Negli ultimi anni hanno acquistato particolare importanza nell’industria occidentale in quanto le terre rare sono utilizzate in molte applicazioni tecnologiche moderne, specialmente le tecnologie rinnovabili come le turbine eoliche, i pannelli solari e le batterie.
Per tale ragione l’investimento nelle terre rare è spesso visto come una scelta interessante per diversificare il proprio portafoglio e sfruttare le opportunità offerte da queste risorse naturali. Allo stesso modo, gli investimenti nelle terre rare sono generalmente considerati ad alto rischio, poiché il mercato è volatile e influenzato da fattori come la domanda globale, la produzione, le politiche governative e le fluttuazioni dei prezzi. Questo perché nonostante i giacimenti minerali siano presenti in tutto il mondo, sono più comuni in Australia, Cina, Stati Uniti e Russia e per tale ragione l’investimento in terre rare presenta un alto rischio geopolitico.
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Tre modi per investire in azioni di terre rare
Il controllo del mercato delle terre rare della Cina spaventa gli investitori
La Cina è attualmente il maggiore produttore di terre rare al mondo, rappresentando circa il 60% della produzione mondiale. Le complicazioni del rapporto con Taiwan rischiano di sconvolgere ulteriormente le dinamiche politiche globali, influenzando naturalmente anche il mercato delle terre rare.
Investire in questo settore per molti significa infatti acquistare azioni di aziende attive nella produzione. Essendo però la maggior parte del business concentrato in Cina, investire nelle terre rare significa quindi esporsi indirettamente anche a un rischio geopolitico.
Inoltre, acquistare azioni di società quotate sulle borse cinesi implica anche l’accettazione di ulteriori pericoli, come gli scarsi controlli in materia di bilancio e l’imposizione governativa nelle scelte imprenditoriali.
Le politiche cinesi riguardanti le terre rare, infine, sono state al centro di controversie e tensioni commerciali per anni a causa della posizione dominante della Cina. Le politiche di protezione e mantenimento del controllo sulle risorse messe in atto dal Paese asiatico hanno infatti creato preoccupazione tra i Paesi che dipendono dalle importazioni di terre rare dalla Cina.
È opportuno ricordare però che la società produttrice di terre rare più grande al mondo, che controlla la maggior parte delle riserve mondiali di questi elementi, resta situata in Cina ed è la a China Northern Rare Earth Group (SHE: 600111).
L’Australia, una possibile soluzione
Gli analisti guardano con molto interesse le azioni dei Paesi «concorrenti». L’Australia, ad esempio, ha un ruolo significativo nel commercio delle terre rare a livello globale, essendo il secondo produttore più grande di terre rare al mondo dopo la Cina, producendo circa il 13% degli elementi disponibili.
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Chi vincerà la corsa alle terre rare?
Il Paese ha infatti importanti riserve di minerali come la miniera di Mount Weld nella parte occidentale, gestita da Lynas Corporation. L’Australia è inoltre un importante esportatore di terre rare mantenendo rapporti commerciali con i Paesi di tutto il mondo, tra cui Giappone, Corea del Sud, Europa e in parte Stati Uniti.
In vista di un aumento della domanda da parte dei Paesi importatori di terre rare in Australia a seguito delle recenti turbolenze geopolitiche, il Paese sta anche lavorando per sviluppare ulteriormente la sua industria. Ciò include il supporto allo sviluppo di nuovi progetti minerari di terre rare e l’investimento in tecnologie innovative per la produzione delle stesse.
Fra le società più grosse vi è la Lynas Corporation (ASX: LYC), il più grande produttore non cinese di terre rare al mondo. Negli ultimi anni ha presentato bilanci aziendali in costante miglioramento con margini operativi positivi e leverage contenuto. Sebbene abbia diluito molto il capitale da dopo la pandemia e le azioni non abbiano registrato crescite anomale, risulta essere un’azienda solida con forti prospettive di crescita nell’utile e nel fatturato.
Allo stesso modo, negli anni la società ha incontrato diversi problemi tra cui controversie ambientali, nonostante le terre rare contribuiscano direttamente nel processo di transizione energetica. Il prezzo inoltre ha risentito delle complicazioni macroeconomiche dovute al covid e poi nel 2022 all’aumento del tasso d’interesse da parte della banca centrale, senza considerare le forti fluttuazioni dei prezzi delle terre rare degli ultimi anni.
Il business delle terre rare nel resto del mondo
Anche gli Stati Uniti sono attivi nella produzione e commercializzazione delle terre rare e persino nel Paese a stelle e strisce sono presenti colossi nel campo minerario. MP Materials Corp (MP) ad esempio è la più grande società mineraria di terre rare del Paese, con la miniera di Mountain Pass in California. La società presenta un rendimento in linea con le performance delle concorrenti globali, con financials molto buoni e promettenti.
Non a caso è una delle società scelte dall’ETF più rinomato per l’investimento nel business delle terre rare: il VanEck Vectors Rare Earth/Strategic Metals ETF (REMX). Lo strumento ha un costo di gestione dello 0,59% annuo e propone un’esposizione globale alle azioni delle principali società operanti nel settore di riferimento.
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