Stando alle autorità, 11 province stanno registrando un continuo aumento di infezioni. Immediate le restrizioni a trasporti e turismo, test a tappeto e lockdown mirati. Nuovo Qe salva-Pil in vista?
Nel giorno in cui Evegrande annunciava la ripresa dei lavori relativi a 10 progetti infrastrutturali messi in stand-by a causa della crisi di liquidità, la Cina lanciava un altro allarme. Decisamente più serio: stando a quanto dichiarato in conferenza stampa dal portavoce della Commissione nazionale per la Sanità, Mi Feng, dal 17 ottobre a oggi nuovi focolai di Covid si sono diffusi in 11 province del Paese, fra cui Gansu e la Mongolia interna, dove l’allarme sarebbe così serio da aver spinto le autorità locali a bloccare immediatamente l’attività di bus e taxi.
Solo nella giornata di ieri, la Cina ha registrato 26 nuovi casi tutti di variante Delta e apparentemente di origine estera, tanto da aver subito bloccato la possibilità di collegamento fra la città epicentro di Lanzhou e Pechino e aver ripristinato la quarantena e i controlli per tutti i turisti. Chiuse le principali attività di attrazione, vietato l’arrivo di nuovi visitatori e, di fatto, imposizione di una sorta di coprifuoco mirato permanente, al fine di minimizzare al massimo la diffusione del virus.
E che l’allarme paia decisamente serio lo conferma anche la decisione di cancellare la maratona di Pechino in programma per il 31 ottobre, visto che a detta di Mi Feng il numero di nuovi contagi continua a salire e una sua espansione su larga scala non è affatto escludibile a priori, nonostante gli interventi tempestivi delle autorità. Insomma, un incubo apparentemente senza fine.
O, forse, un paradossale quanto ciclico ricorso all’unico moltiplicatore del Pil risultato finora efficace. Questi grafici parlano chiaro.
Il primo mostra come, stando a un’analisi di Citigroup, non solo il Pil cinese di quest’anno rischia di risultare decisamente più basso dell’8,2% stimato dal consensus degli economisti ma che la contrazione del Dragone potrebbe prolungarsi anche l’anno prossimo, portando quel dato al di sotto addirittura del 5%. Se così fosse, si tratterebbe del dato peggiore da 30 anni questa parte, fatto salvo il 2,3% del 2020. Mentre il secondo grafico mostra come questo nuovo focolaio potrebbe andare a combinarsi con un altro picco, quello della congestione di containers ancorati al largo del porto di Hong Kong-Shenzhen, il cui numero ha appena sfondato un nuovo record anche a causa dei danni arrecati alla filiera logistica dalla tempesta tropicale Kompasu che nelle scorse settimane ha colpito duramente le Filippine.
Il tutto alla luce di quanto mostrato da questo altro grafico,
dal quale si evince che il numero di container ancorati al largo del principale porto commerciale degli Stati Uniti, Los Angeles-Long Beach, abbia a sua volta raggiunto il numero record di 79, superando i 73 registrati lo scorso 19 settembre e che si credeva essere il livello di picco massimo da cui si potesse solo scendere verso una normalizzazione. Se per caso, come già accaduto nel mese di settembre, il nuovo focolaio di Covid dovesse ulteriormente paralizzare l’attività degli hub marittimi cinesi, la crisi sulla supply chain globale diventerebbe sostanzialmente ingestibile.
E desinata a perdurare - con il suo carico di conseguente inflazione e contrazione della crescita - almeno fino al secondo trimestre del 2022. Cosa accadrebbe al Pil globale, a fronte di un indebitamento pubblico/privato anch’esso da record assoluto, appare sufficientemente intuitivo. Sarà davvero nuova emergenza in Cina oppure l’allarme fatto squillare in maniera così roboante e ufficiale dalla Commissione sanitaria va interpretato come il più classico dei segnali bullish di mercato, confermando implicitamente l’ennesimo stand-by per le varie operazioni di taper da parte delle Banche centrali?
Una cosa è certa, sia che si guardi a quanto sta accadendo dal punto di vista sanitario che economico: l’endemia ormai è una realtà cui non si può sfuggire, pena un redde rationem con le distorsioni emerse e incancrenitesi nell’arco dell’anno e mezzo di emergenza espansiva da Covid. Spalle al muro, insomma. E terza dose che pare destinata a essere seguita da una quarta. Forse da una quinta. Chissà come reagiranno fra poche ore i mercati a questa ennesima rimonta del virus, proprio in quella madrepatria-epicentro già in fase di rallentamento economico e delevarage forzato su qualche trilione di controvalore di assets immobiliari e cartolarizzazioni allegre?
Un bel proxy, non c’è che dire. Turchia permettendo, perché con la lira che ha aperto sotto quota 10 sul dollaro nelle contrattazioni domenicali, l’incidente valutario tanto cercato da Recep Erdogan potrebbe essere alle porte.
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