Dopo il boom del 2018, ottime le prospettive anche per il 2019, a patto di aprire nuovi asset e collaborare con banche ed enti regolatori. Ecco le principali tendenze fintech che influenzeranno il credito, il risparmio e gli investimenti.
Investimenti globali in forte crescita, espansione del business oltre i confini tradizionali, allargamento progressivo dell’offerta commerciale: questo lo scenario della tecnofinanza che emerge da “2019 fintech trends to watch”, report della società di analisi di mercato CB Insights.
Una conferma dell’avanzamento costante del settore, nonostante il rallentamento della congiuntura internazionale, con il focus sulle nuove sfide da raccogliere per radicarsi come soggetti a tutti gli effetti protagonisti del nuovo modo di vivere la finanza.
Fintech: il 2018 anno da record
Le cifre non mentono e confermano che il 2018 è stato un anno molto positivo per il fintech in termini di volume e numero di investimenti: stiamo parlando infatti di oltre 39,57 miliardi di dollari (+120% sull’anno precedente), distribuiti su 1.707 contratti (+15%) e 1.463 startup a livello globale, per un totale di 2.745 investitori, e con ben 52 investimenti superiori ai 100 milioni di dollari di valore.
Si tratta di una crescita esponenziale negli anni: se nel 2014, infatti, gli investimenti complessivi erano pari a 8,35 miliardi di dollari con 885 “deal” e nel 2017 erano calati a 18 miliardi rispetto ai 19,29 del 2016, lo scorso anno sono più che raddoppiati. La portata delle aziende attive nel settore testimonia il consolidamento del fintech: si segnalano già decine di “unicorni” (startup che hanno superato il miliardo di dollari in capitalizzazione) valutati per ben 147,37 miliardi di dollari. Nel 2018 sono nati 16 unicorni, di cui 5 nell’ultimo quadrimestre (Plaid, Brex, Monzo, DevotedHealth e Toss), 2 nel primo mese del primo quadrimestre 2019 (N26 e Confluent).
Nel corso del 2019 la previsione è di un ulteriore consolidamento di questi trend, con gli investitori che si concentreranno sulle aziende presenti da più tempo sul mercato (gli investimenti in startup early-stage sono diminuiti dal 67% del totale nel 2014 al 57% nel 2018).
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Crescita del fintech: non solo Stati Uniti
Il mercato fintech sta evolvendo anche a livello di distribuzione geografica, con accordi al di fuori dei mercati principali (Stati Uniti, Regno Unito e Cina) che rappresentano il 39% delle operazioni: gli hub degli affari Fintech stanno iniziando a emergere a livello globale.
L’Asia è stata protagonista di una vera e propria rincorsa agli Usa come primo mercato grazie a un’impennata degli investimenti iniziali e di mega-round: +38% e un livello record di raccolta di 22,65 miliardi di dollari su 516 accordi. Le tensioni politiche e commerciali potrebbero aver causato un po’ di contrazione nella seconda parte del 2018, ma il 2019 potrebbe vedere l’Asia superare gli Stati Uniti. Gli Usa rimangono comunque il primo mercato con 659 investimenti per un finanziamento di 11,89 miliardi di dollari, entrambi un nuovo massimo annuale.
Anche l’America meridionale ha raggiunto un punto di svolta agli occhi degli investitori nel 2018, nonostante le turbolenze politiche in tutta la regione: il Sud America ha toccato i 540 milioni di dollari in 55 affari, entrambi un nuovo record annuale. Nonostante conflitti sociali, politici e monetari abbiano colpito questa zona, NuBank, con sede in Brasile, è diventato il primo unicorno del Sud America e ha chiuso il 2018 con un investimento di 90 milioni di dollari di Tencent.
E l’Europa? Nonostante nel 2018 si sia registrato un arretramento delle offerte a 367 (dalle 371 del 2017), i finanziamenti hanno però superato i 3,53 miliardi di dollari, un record annuale.
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Startup fintech: dalle proprie banche alla regolamentazione
Il primo dei trend evidenziati per il mondo fintech nel 2019 da CB Insights riguarda le strategie di espansione delle società, impegnate ad allargare i propri approcci alla finanza: una volta consolidata l’offerta iniziale, le startup diventano più aggressive nell’ampliare la propria gamma di servizi per i clienti, grazie anche ad azioni di partnership.
E non solo: le startup fintech che vogliono sostituire la vecchia guardia del settore bancario stanno cercando di creare le proprie banche, richiedendo carte e licenze ai rispettivi enti regolatori. Da parte loro le autorità di regolamentazione a livello globale hanno abbassato le barriere per le startup tecnologiche, in modo da spezzare i monopoli bancari e stimolare la concorrenza. La FCA, ad esempio, è stata tra le prime a pilotare licenze limitate come la «licenza di moneta elettronica» che ha permesso a soggetti come Revolut di lanciare un business di rimesse attraverso la partnership iniziale con una banca noleggiata. Revolut ha ottenuto una carta nel 2018 e ha applicato lo stesso playbook per espandersi a livello globale.
Ma la vera battaglia per la distribuzione comincia dai depositi. Se il denaro di un cliente è già stato depositato in un’app, l’introduzione di nuovi prodotti, come i conti di risparmio e di investimento, può avvenire infatti senza soluzione di continuità. Le carte di debito sono spesso il primo prodotto crossover del fintech, perché il servizio aggiunge un altro prodotto e un flusso di entrate. Le fintech sono anche in grado di ricevere commissioni di interscambio significativamente più elevate rispetto alle banche tradizionali a seguito dell’emendamento Durbin, che limita le commissioni che pagano le banche quando i clienti effettuano acquisti con carte di debito.
Gli enti regolatori stanno in generale abbassato le barriere e aprendo le porte al fintech, ma le startup devono necessariamente prestare grandissima attenzione al proprio operato e dotarsi di team interni dedicati alla regolamentazione.
Liberarsi dai contanti
Le attività di società come WeChat Pay e Alipay rappresentano secondo il report il primo passo verso un’economia sempre più indipendente dal contante in Cina: la fetta dei pagamenti tramite app e mobile si è allargata nel Paese del Dragone passando da transazioni per 1 trilione di dollari nel 2015 a transazioni per 15,5 trilioni nel 2017.
Anche in America Latina si registra questa tendenza, con il leader del commercio elettronico latino americano MercadoLibre in forte espansione nei pagamenti tramite codice QR, dato che i pagamenti avvengono fuori piattaforma. Mercadolibre gestisce inoltre un’attività di prestito ai venditori e ha recentemente annunciato l’intenzione di lanciare un fondo di investimento per gli argentini per titoli a breve scadenza ad alto rendimento. Il fatturato del portafoglio mobile di MercadoLibre è stato valutato in 2 miliardi di dollari.
Questo trend sembra interessare anche il Giappone, ancora così legato al contante. Qui Line, la principale app di messaggistica, sta spingendo i pagamenti mobili in Giappone, con obiettivi ambiziosi, visto il numero di negozi che accettano Line Pay e ha iniziato ad espandersi in altre attività finanziarie, tra cui la gestione patrimoniale (attraverso una partnership con Nomura) e l’assicurazione (attraverso un investimento nella startup JustInCas e una partnership con Sompo).
Nel sud est asiatico, Go-Jek e Grab sono emerse come le principali “super-app”: nel 2017, Go-Jek ha infatti acquisito tre startup fintech e il 60% delle transazioni mensili da 100 milioni nel sistema Go-Jek vengono elaborate tramite Go-Pay. A settembre, Go-Jek ha siglato una partnership con tre startup di prestito P2P per espandersi nel settore del credito. Anche Grab ha annunciato diverse partnership (Chubb, Credit Saison) attraverso il suo braccio Grab Financial per offrire servizi finanziari.
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Democratizzazione degli investimenti, nuovi asset
Storicamente il mondo fintech si è proposto come un’alternativa per tutti rispetto alle offerte elitarie e selettive della finanza tradizionale. Anche nel 2019 il rapporto di CB Insights segnala gli sforzi del mondo delle startup per “democratizzare gli investimenti” e aprire a nuovi asset, attraendo soprattutto una clientela giovane con nuovi modelli di investimento.
Tra i settori interessati alla rivoluzione fintech, nel 2019 si intensificherà la presenza nel real estate. Il 2018 ha visto il panorama tecnologico prendere piede nel settore immobiliare, sia nei mercati commerciali che residenziali, con la creazione di piattaforme e con la digitalizzazione e l’ottimizzazione del portafoglio (Crowdfunding immobiliare: come investire in Italia). Nel 2019 queste società inizieranno a trarre vantaggio dalla domanda dei consumatori e dalla fornitura di immobili residenziali, e dalla domanda degli investitori per l’esposizione e la diversificazione del portafoglio.
Le IPO nel 2019
La previsione di CB Insights riguardo le IPO (Initial Public Offerings) delle startup fintech è che nel 2019 non se ne concretizzeranno. Il motivo risiederebbe nel fatto che ci si è focalizzati più sul potenziamento e sulla creazione di prodotti incentrati sul cliente in termini di profitti. Inoltre, il 2018 è stato un anno poco brillante per le IPO, disincentivando ulteriormente le aziende. Funding Circle e Greensky, ad esempio, hanno faticato nei mercati pubblici in relazione alle loro valutazioni pre-Ipo e alla recente volatilità del mercato. Di conseguenza secondo gli analisti questa tendenza probabilmente continuerà anche nei prossimi mesi, sebbene da noi potrebbe essere già stata invertita da CrowdFundMe, la piattaforma di equity crowdfunding che si è ufficialmente quotata in Borsa, e da Nexi, il colosso dei pagamenti elettronici e digitali che sta andando nella stessa direzione. IPO Nexi: quotazione dietro l’angolo
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