La Spd aumenta il vantaggio ma è il quadro macro tedesco a preannunciare un pericoloso stallo economico. E con un nuovo governo in carica non prima del 2022, Weidmann si prepara al ruolo di supplenza
L’allarme è scattato subito. Quando nella prima seduta di mercato della settimana, lo spread fra Btp e Bund è schizzato a 109,5 punti base, qualcuno ha sentito il dovere di difendere la linea Maginot. Più simbolica che pratica ma pur sempre un totem, soprattutto alla luce di continue prospettive sul Pil 2021 che avrebbero dovuto schiacciare il differenziale di rendimento italiano definitivamente in doppia cifra. Invece, il contrario. Il tutto, al netto di un Pepp ancora attivo.
E che a innescare la marcia indietro di lunedì siano stati gli acquisti di Bankitalia su mandato Bce o quelli di banche italiane su «raccomandazione» dello stesso Palazzo Koch, poco cambia. Quel numero, paradossalmente, merita più attenzione oggi con i suoi mutamenti quasi impercettibili che nel pieno delle ondate di panico passate. Perché oggi lo scudo dell’Eurotower è ancora attivo e a forza quattro, a Palazzo Chigi c’è Mario Draghi e, soprattutto, la vulgata parla di un dato di crescita da autunno d’oro. Ma c’è dell’altro. E sono questi tre grafici
Fonte: Bloomberg
Fonte: Bloomberg
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a mostrarlo plasticamente: l’economia tedesca, principalmente l’industria, sta andando in stallo. La crisi della componentistica e soprattutto quella dei microchip sta picchiando durissimo, molto più di quanto ci si attendesse.
E se l’indice generale della manifattura segnala una drastica perdita di smalto dal rimbalzo post-Covid della prima ondata e Volkswagen rischia di segnare in rosso sul calendario l’anno in corso, destinato a segnare un record negativo per le vendite, è il terzo grafico a fare paura: la stragrande maggioranza delle imprese tedesche si dice pronta - giocoforza - a scaricare parte degli aumenti dei costi sulla filiera e sui consumatori finali. Il tutto in un contesto come quello rappresentato da questo altro grafico:
Fonte: Bloomberg
spinta dai costi dell’energia, ad agosto l’inflazione in Germania è salita al massimo dal 2008. E contestualizzando il dato rispetto al grado di resilienza delle due economie, la lettura della Spagna appare addirittura da brividi.
Ma non basta. Perché questo altro grafico
Fonte: Insa/Wahlen
sembra gettare ulteriore benzina sul fuoco dell’autunno. E, in particolare, sul board Bce del 9 settembre. L’ultimo sondaggio Insa, infatti, appare impietoso: la Spd ha guadagnato altri due punti e ora vanta 5 punti di vantaggio su una Cdu che con l’attuale 20% dei consensi ha segnato il suo minimo storico assoluto. E prosegue anche la marcia di avvicinamento dei Liberali ai Verdi, per ora ancora al terzo posto ma in continua emorragia di consensi. Se i sondaggi saranno confermati dai numeri il 26 settembre prossimo, cosa farà la Spd? Una coalizione con Liberali e Verdi, inconciliabili fra loro a livello di ricette economiche interne e di approccio espansivo della Banca centrale europea? O giocherà la carta dell’ennesima Grosse Koalition con una Cdu mai così debole, sfruttando quindi il suo peso politico per imporre l’agenda?
Formalmente, i socialdemocratici sono anti-rigoristi nel senso stretto del termine. Ma il loro candidato Cancelliere, uscito vincente domenica sera dal dibattito elettorale su Rtl, è anche ministro delle Finanze. E di fronte al quadro macro rappresentato dai primi quattro grafici, difficilmente potrà dire addio in toto alle politiche di Angela Merkel rispetto alla sostenibilità di bilancio e all’indebitamento. E, soprattutto, dovrà fare i conti con un’inflazione che, con il passare delle settimane, risulta transitoria solo nei working papers della Bce stessa. Ulteriore criticità: con numeri come quelli mostrati dal sondaggio, le trattative per un nuovo governo rischiano di esondare all’inizio del 2022 prima di avere un esecutivo in carica.
E una sede vacante al Bundestag nel pieno di un momento come quello che sta palesandosi per industria e manifattura è qualcosa che la Germania non può permettersi. Quasi più per impostazione culturale che per contingenza economica. Ecco quindi che in ambienti europei comincia a circolare lo spettro di un governo-ombra della Bundesbank che tenga sotto controllo le dinamiche interne e cerchi di calmierare al massimo gli slanci espansivi della Bce, di fatto vere e proprie dinamo dell’inflazione. In tal senso, si fa notare l’uscita a freddo del governatore della Banque de France e membro del board dell’Eurotower, François Villeroy de Galhau, a detta del quale non solo non esistono rischi di un aumento sostenuto dell’inflazione nell’eurozona ma il Pepp resterà in vigore almeno fino a marzo 2022 e la sua prosecuzione non deve diventare argomento di discussione alla riunione della prossima settimana. Voce del verbo, mettere le mani avanti.
E anche al netto del dato di interscambio e del quasi record assoluto dell’export tedesco nel Paese, a rendere ancora più determinato Jens Weidmann nel suo intento di supplenza da falco della politica ci pensa questo ultimo grafico:
Fonte: Bloomberg
il dato ufficiale Pmi dei servizi (non manifatturiero) cinese appena pubblicato è il secondo peggiore in assoluto da quando viene tracciata la serie storica, un crollo da 53.3 a 47.5 e contro il 52 del consensus di Bloomberg. Generalmente, la Cina anticipa a livello macro il mercato tedesco di tre mesi. E a cascata, Berlino genera fall-out sugli altri membri dell’eurozona, subfornitori come l’Italia in testa.
Il tracollo dell’impulso creditizio cinese di giugno, però, ha accelerato le dinamiche, quasi dimezzandone i tempi. Insomma, l’autunno sarà caldo. Molto caldo. E quella strenua difesa della linea Maginot di quota 110 di spread lo certifica.
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