La Banca centrale di Auckland era attesa al primo rialzo dallo 0,25% allo 0,50%. Casualmente, 24 ore prima è scattata la nuova emergenza Covid. Subito incorporata nella scelta di politica monetaria
La sabbia nella clessidra sta scendendo sempre più velocemente. E per quanto le Banche centrali abbiano finora dimostrato una straordinaria abilità nel calciare sempre in avanti il barattolo del redde rationem con la realtà, stavolta qualcosa rischia davvero di innescare un brutto effetto domino. Quantomeno, a livello di percezione. E in un mondo che finora ha creduto che il Qe potesse risolvere tutti i problemi, ciò che conta è la narrativa imperante e non i fatti al netto delle interpretazioni.
Arrivano segnali, uno dopo l’altro. Possiamo definirli collaterali. Nel senso che non riguardano direttamente i mercati, i quali proseguono placidi la loro navigazione sui massimi storici. Bensì ciò che dovrebbe muoverli, quindi i fondamentali. E ciò che dovrebbe regolarne, settarne gli equilibri come un enorme valore di VaR del buon senso: la politica monetaria, appunto . Partiamo dal Giappone. E’ di oggi la notizia dell’annullamento del GP di automobilismo di Suzuka, causa Covid. Come mai le Olimpiadi invece sono proseguite imperterrite, nonostante l’impennarsi di casi e le misure emergenziali che - di giorno in giorno - venivano estese a sempre più distretti del Paese? Lo mostra questa tabella:
Fonte: Statista
il rischio Grecia 2004. I Giochi olimpici appena conclusi, infatti, sono stati i più costosi di sempre. E al netto di un disimpegno di molti sponsor, in primis quella Toyota che era la capofila degli investitori in immagine. Quindi occorreva portare a termine e massimizzare tutto il possibile, diritti televisivi in testa.
Altrimenti, i costi sostenuti avrebbero rischiato di travolgere un Paese che già vede la Banca centrale controllare l’intero mercato obbligazionario sovrano e risultare primo investitore in gran parte delle aziende quotate al Nikkei attraverso le sue detenzioni di Etf. Insomma, il Covid fa paura e impone limitazioni a targhe alterne. Ma eccoci all’evento spartiacque, tanto insignificante nel mare magnum di 10 trilioni di ampliamento di bilancio degli Istituti centrali del G4 (Fed, Bce. bank of Japan e Bank of England) dal marzo 2020 a oggi,
Fonte: Bloomberg
quanto simbolico di un segreto di Pulcinella che perde smalto di mitomania ogni giorno di più. Ieri la Nuova Zelanda ha dichiarato un nuovo lockdown a livello nazionale, il più duro mai messo in campo e comunicato con toni decisamente gravi dalla primo ministro, Jacinda Ardern. Per quale motivo, un’impennata di casi? No, solo uno. Uno in sei mesi.
Ma, a quanto pare, gravissimo. Nel senso che la capo del governo ha sottolineato come la possibilità che questo contagio sia riconducibile alla variante Delta impone massima cautela preventiva. Paese chiuso. La terra dei Maori e della loro danza di guerra, quella Haka che gli imbattibili All Blacks di rugby utilizzano prima delle partite per terrorizzare gli avversari, si scopre fragile, spaventata e rapidissima nel ricorrere addirittura al massimo livello di restrizione, il level 4. Il quale impone la chiusura di tutte le scuole, uffici e negozi, lasciando in attività soltanto i servizi essenziali. Di più, addirittura il programma di vaccinazioni è stato sospeso per 48 ore e riprenderà solo domani, al fine di garantire che le somministrazioni avvengano tutte in ambienti sanificati e sicuro. Tutto questo per un singolo caso a Auckland. Il primo (e finora, unico) in sei mesi.
Ma ecco che il dubbio emerge. E con esso, il coperchio del vaso di Pandora a forte rischio di esposizione al pubblico ludibrio. Poco istanti fa, la Reserve Bank of New Zealand ha comunicato il mantenimento del tasso di interesse benchmark allo 0,25%. Peccato che fino all’altro giorno, l’Istituto centrale kiwi fosse atteso a compiere il grande passo: la prima fra le maggiori Banche centrali a rompere gli indugi e alzare i tassi. Per l’esattezza, dallo 0,25% allo 0,50%. Invece no. E la motivazione contenuta nel comunicato appena diffuso parla chiarissimo: La decisione di mantenere fermo il tasso di riferimento è stata presa nel contesto dell’imposizione da parte del governo del level 4 di restrizioni delle attività in tutto il Paese a causa del Covid. Tu guarda le combinazioni. Fortuite, ovviamente.
Peccato che stiano diventando un po’ troppo diffuse nell’emisfero australe, visto che proprio a causa del lockdown imposto in tutto il Paese da quasi un mese, il 6 agosto anche la Reserve Bank of Australia ha deluso le aspettative dei rate viglantes di tutto il mondo e si è vista costretta a tenere fermo il costo del denaro allo 0,10%. E, ovviamente, a non ritoccare verso un graduale taper il programma di acquisto. E riferendoci alla Nuova Zelanda, parliamo di uno dei Paesi che ha sofferto meno al mondo la prima, devastante ondata di pandemia, avendo registrato al picco solo 2.500 contagi e 26 decessi. E il fatto che la Banca centrale di Auckland abbia fatto diretto riferimento alla possibile scoperta di 6 nuovi casi nel Paese - come diffuso in mattinata da Reuters - per giustificare ulteriormente la sua scelta, non cambia di molto il quadro: la stragrande maggioranza dei 32 economisti interpellati la scorsa settimana da Bloomberg si diceva certa di un aumento dei tassi, quantomeno di 20 punti base.
Il tutto in un contesto che vede la Cina applicare lockdown locali sempre più stringenti e chiudere un terminal vitale del suo porto commerciale più grande per tonnellaggio: guarda caso, la PBOC ha sentito il bisogno di iniettare nel sistema più fondi di quanto ci si aspettasse, a fronte del rallentamento della produzione industriale e delle necessità di finanziamento.
Fonte: Bloomberg
E qualcuno parla di un nuovo taglio dei requisiti di riserva, se non addirittura del tasso di riferimento, prima della fine dell’anno. L’America, si sa, sta correndo ai ripari contro la variante Delta, esplosa in Florida ma che proprio oggi ha visto il sindaco di Chicago imporre nuovamente l’obbligo di mascherina al chiuso.
L’Europa, poi, va in ordine sparso. Ma verso un’unica meta: il prolungamento del Pepp, magari sotto altro nome o formula. Parafrasando lo spot della Nutella, che mondo sarebbe senza Qe? Pare esserselo chiesto anche il management di Palantir Technologies, il quale questo mese ha deciso per una diversificazione molto rivelatrice dei suoi investimenti: 50,7 milioni di dollari in barre di oro fisico. Di più, offrendo anche una motivazione: Ci prepariamo a un altro black swan event.
Fonte: Bank of America
E tanto per confermare con i fatti la sua percezione di rischio, il comunicato dell’azienda specifica come Palantir può prendere possesso fisico del suo oro dalla facility di deposito in ogni momento, previo un preavviso ragionevole. E nel contempo, invita i clienti a usufruire delle sue data software analysis a pagamento proprio dedicate al bene rifugio per antonomasia e alle sue prospettive.
Se tutti seguissero il suo esempio, al Comex qualcuno comincerebbe ad avere i sudori freddi per la ratio carta/fisico sul delivery. Nel frattempo, godiamoci questo ennesimo calcione al barattolo. Ma ora la fine della strada comincia a intravedersi.
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