Riccardo Alcaro, analista dello Iai, spiega in un’intervista a Money.it quali sono gli interessi, il ruolo e gli obiettivi degli Stati Uniti nella guerra in Ucraina e nei rapporti con la Russia.
La guerra in Ucraina prosegue: a oltre due mesi di distanza dall’invasione russa un accordo per la pace sembra ancora lontano e gli Stati Uniti continuano a inviare armi a Kiev per permettere di difendersi dall’attacco delle truppe del Cremlino.
Ma quale ruolo stanno ricoprendo gli Stati Uniti nel conflitto in Ucraina? Quali sono gli interessi e gli obiettivi di Washington sul conflitto e sulle conseguenze che può avere nelle relazioni con Mosca? Per capirlo Money.it ha parlato con Riccardo Alcaro, coordinatore delle ricerche dell’Istituto Affari Internazionali (Iai).
Secondo Alcaro per ora gli Usa “vogliono solo frustrare gli obiettivi di conquista della Russia, indebolirli, senza puntare a un cambio di regime”. E anche in futuro le sanzioni di Usa e Ue verso Mosca potrebbero rimanere, nella speranza dell’amministrazione Usa che l’Europa diventi sempre meno dipendente energeticamente dalla Russia.
Quali sono gli interessi degli Usa in Ucraina?
L’interesse è di evitare, prevenire, una vittoria russa. Però gli obiettivi degli Stati Uniti sono cambiati, sono evoluti nel tempo, dallo scorso anno ad adesso, in corrispondenza con quanto succedeva sul territorio. All’inizio gli Usa avevano interesse in un’Europa stabile, anche se con spazi estremamente ristretti perché le richieste della Russia sulla Nato erano irricevibili. La prima reazione degli Usa è stata preparare il consenso interno all’Ue e alla Nato per una possibile rappresaglia, ma c’è stata anche un’apertura diplomatica fatta a gennaio che Putin ha ignorato.
Cos’è cambiato con l’inizio della guerra?
Quando la guerra è iniziata gli obiettivi americani sono cambiati: l’interesse era ancora quello di un’Europa sicura ma non era più perseguibile con una relazione di dialogo con la Russia. La prima cosa che hanno fatto è stata offrire a Zelensky la possibilità di lasciare il Paese: il loro calcolo era che l’Ucraina non avrebbe potuto resistere all’assalto russo e si stavano preparando a un nuovo scenario con la Russia che occupava una parte dell’Ucraina, forse Kiev, e quindi a rilanciare la Nato come strumento di deterrenza e di difesa. Quando la guerra è andata avanti, l’Ucraina ha resistito esclusivamente grazie alle armi americane. Quando i russi sono passati al bombardamento delle città e agli obiettivi civili, sono venute fuori le notizie di Bucha, e i russi hanno palesato deficienze sul piano militare, gli americani hanno cominciato a realizzare che c’era concretamente una possibilità di una vittoria ucraina.
A quel punto cosa è cambiato?
Adesso l’interesse strategico degli americani è rendere l’invasione russa dell’Ucraina un fallimento. Non c’è certezza di come farlo, lo scenario ideale per americani ed europei è che gli ucraini riescano a scacciare le truppe in Russia o comunque dietro la linea del 24 febbraio, tornare alla situazione pre-24 febbraio. Uno scenario ottimista, ma non considerato più del tutto irrealistico. E poi ci sono scenari intermedi. In questo nuovo contesto in cui c’è la possibilità di una controffensiva, la relazione con la Russia è decisamente compromessa. In Europa, quindi, per gli americani non esiste nessuno spazio di dialogo. Esisterà una relazione fondata su difesa e deterrenza, secondo una logica da prima guerra fredda, alla quale poi potranno essere aggiunti elementi di dialogo e cooperazione. Gli americani si lasceranno comunque la possibilità d’interloquire con i russi in contesti al di fuori dell’Europa, per esempio sul nucleare iraniano.
Nel sostegno degli Usa all’Ucraina quanto influisce il rapporto tra Washington e Kiev e quanto è invece un rapporto di convenienza per contrastare Mosca?
Non lo definirei un rapporto di convenienza, ma nemmeno direi che questa assistenza dipende dalla natura delle relazioni tra Ucraina e Stati Uniti. La relazione è cresciuta a partire dal 2004, ma non è mai diventata tale da cambiare il rapporto Usa-Ucraina. Ha a che vedere con gli interessi Usa in Europa, che vogliono stabile e democratica. Gli americani non vogliono indebolire la Russia in quanto Russia, ma in quanto stato che ha scatenato una guerra di conquista contro un altro stato. Vogliono anche evitare un precedente, evitare che altri governi pensino che l’allargamento militare sia ancora percorribile.
Ci sono aree ucraine di particolare interesse per gli Stati Uniti? Basta che la Russia non conquisti Kiev o hanno particolari interessi, anche simbolici, per altre aree come il Donbass?
Per gli Stati Uniti il problema fondamentale è che l’Ucraina resti uno stato indipendente o comunque integro. Quindi prevenire la caduta di Kiev è la priorità. Prevenire la vittoria russa vuol dire anche evitare la conquista dell’area del Donbass o del Mare d’Azov. Già questo sarebbe una mezza sconfitta, anche con una vittoria pagata a carissimo prezzo per i russi, ma sarebbe decisamente una sconfitta per l’Ucraina e mezza sconfitta per chi ha investito così tanto per difenderla. Sicuramente non sono le risorse del Donbass che interessano agli Stati Uniti.
Invece Kiev per gli Usa ha un interesse anche simbolico?
L’interesse non è simbolico, ma reale, per difendere quanto più possibile l’Ucraina. Un interesse strategico evidente e dichiarato. Nell’ambito del perseguimento di questo interesse deve difendere la sovranità dell’Ucraina, quindi la capitale Kiev, non solo sul piano simbolico. Il Donbass e l’area del Mar d’Azov fino alla Crimea sono invece per sua ammissione l’obiettivo della missione russa, frustrare questo obiettivo diventa per l’Ucraina un interesse naturale, per gli Stati Uniti l’obiettivo è aiutare l’Ucraina.
Dal punto di vista economico, quanto è importante per gli Usa rafforzare la partnership con l’Europa sul gas?
È un obiettivo tutt’altro che simbolico, ma strategico. L’obiettivo degli Stati Uniti era ridurre la vulnerabilità dell’Europa da Putin, poi per gli Stati Uniti c’è il valore aggiunto che sono diventati negli ultimi dieci anni esportatori netti di gas, quindi fra le alternative offerte agli europei c’è anche il gas americano. Però l’obiettivo di ridurre la dipendenza europea dalle forniture russe è precedente all’acquisizione degli Usa della posizione di esportatore di gas, che è recente.
Gli Usa sperano di riuscire a far cadere Putin?
Sicuramente c’è la speranza, perché sperare non costa nulla. Poi bisogna specificare qual è la politica del governo, qual è il dibattito all’interno dell’amministrazione Usa. Sicuramente nell’amministrazione c’è un dibattito tra chi sostiene che regime sanzionatorio e assistenza militare all’Ucraina debbano essere rigidamente condizionati alla guerra in Ucraina. Ovvero se si arriva a una forma di pace accettabile per l’Ucraina, gli Usa devono essere pronti a revocare le sanzioni. Dall’altra parte c’è chi invece sostiene che il comportamento della Russia e la degenerazione del regime di Putin rendano del tutto impossibile prospettare una forma di collaborazione e dialogo e a prescindere dall’Ucraina gli Usa debbano mantenere questa posizione di assoluto scontro. C’è un dibattito, ma la situazione oggi sul terreno rende questo dibattito aleatorio, non è necessario che una delle due prevalga, perché entrambe oggi sostengono la linea di armare l’Ucraina. Sulla questione del cambio di regime l’amministrazione ha esplicitamente detto che non persegue una politica di cambio di regime a Mosca, ma in questo momento non c’è dubbio che gli Stati Uniti vorrebbero che Putin fosse tolto di mezzo, anche se non faranno nulla perché succeda.
Secondo lei quale linea prevarrà?
Dipende da quanto avviene sul terreno, io non credo ci sarà una svolta sul piano negoziale, penso che il regime sanzionatorio resterà almeno finché c’è Putin al potere e probabilmente anche dopo. Chissà quanto ci vorrà perché si arrivi a una trasformazione strutturale di una relazione antagonistica...
Crede che le sanzioni degli Usa e dell’Ue alla Russia resteranno anche con la fine della guerra?
Sì. Non riesco a vedere una soluzione diplomatica alla guerra in cui gli ucraini dicano a europei e americani ’ok siamo contenti di quello che abbiamo dalla Russia, ma per ottenerlo dovete alleggerire il regime sanzionatorio’. Non è escluso che succeda, ma oggi è uno scenario non probabile. Però un alleggerimento non lo vedo se non come risultato di una più generale e sistemica relazione che oggi invece è conflittuale.
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