I professori Francesco Nocera e Gianpiero Evola dell’Università di Catania e Simone Franzò di Energy&Strategy spiegano a Money.it vantaggi e svantaggi della nuova direttiva Ue sulle case green.
La nuova direttiva Ue che obbliga all’efficientamento energetico in casa può far risparmiare fino a 3000 euro sulla bolletta del gas, ma servono degli incentivi ad hoc, il cui costo non può essere sostenuto dallo Stato italiano. A spiegarlo a Money.it sono i professori Francesco Nocera e Gianpiero Evola dell’Università di Catania e Simone Franzò di Energy&Strategy (Politecnico di Milano).
I docenti, in questo modo, cercano di fare chiarezza sulla nuova normativa proposta dalla Commissione Ue e in discussione nel Parlamento europeo, su cui è scoppiata una forte polemica nel nostro Paese. Il governo Meloni, infatti, a partire dal partito di maggioranza relativa, Fratelli d’Italia, considera la direttiva una sorta di “patrimoniale nascosta” sulle case di proprietà.
Dall’opposizione, invece, c’è chi come i Verdi mette in evidenza il possibile risparmio in bolletta. Di mezzo ci sono i costi miliardari che una riqualificazione di massa del patrimonio edilizio comporterebbe. Chi li può sostenere?
Case green, cosa prevede la direttiva Ue
L’ultima bozza della direttiva prevede che entro l’inizio del 2030 tutti gli immobili residenziali debbano passare in classe energetica E ed entro il 2033 a quella D, per poi arrivare entro il 2050 al target di zero emissioni inquinanti.
Sarebbero le singole nazioni a stabilire eventuali sanzioni da applicare, anche se il mercato potrebbe in ogni modo “punire” i proprietari che non si adeguano, con il valore delle abitazioni fuori regola che si riduce. In Italia il 60% degli edifici ha classe energetica F o addirittura G: si tratta di 3,1-3,7 milioni di edifici coinvolti. La Commissione Ue, però, nel pacchetto Fit for 55 a cui si legherebbe questa direttiva spiega che gli edifici sono responsabili di oltre un terzo delle emissioni a effetto serra dell’Unione.
Ai singoli Stati verrebbe poi lasciata la possibilità di esentare alcuni immobili. Si potrebbe trattare degli edifici sotto tutela, come gli immobili storici o dall’elevato valore architettonico, ma anche gli edifici tutelati, che si trovano all’interno di alcune aree, per esempio quelle vincolate o protette.
Potrebbero essere esclusi anche gli edifici residenziali che vengono utilizzati per meno di quattro mesi l’anno o per un periodo limitato, con un consumo energetico inferiore al 25%. Con questa definizione vengono comprese per esempio le seconde case.
Bolletta del gas, possibile risparmio fino a 3000 euro
“Immaginando che gli edifici nelle classi energetiche F o G vengano riqualificati fino a passare in classe D o E - spiegano Nocera ed Evola - ciò comporterebbe ad esempio una riduzione del fabbisogno annuo di energia primaria non rinnovabile in media da 322,8 kWh/m2 (classe G) a 136 kWh/m2 (classe E), con un risparmio energetico stimabile tra il 40% e il 50%”.
In pratica, considerando un costo del metano pari a 1.51 €/m3 (inclusi gli oneri, come da dati Arera di dicembre), “ogni famiglia italiana potrebbe risparmiare dai 2000 ai 3000 euro l’anno sulla bolletta del gas per il riscaldamento”.
Case green, quanto costano i lavori di efficientamento energetico
Si possono attuare, per quelle classi in cui i consumi energetici sono molto elevati (G-F), “semplici” interventi (come la sostituzione degli infissi e della caldaia) che permettono in modo efficace non solo di ridurre i consumi, ma anche di migliorare il comfort termico e la qualità della vita degli occupanti. Ma quanto costerebbero in media i lavori di efficientamento energetico in casa?
“Le variabili in gioco per i costi - spiegano i due professori - sono tante e dipendono da tanti fattori (clima, caratteristiche termofisiche dell’involucro edilizio opaco e trasparente, tipo di impianto) e dalle tipologie di soluzioni presenti sul mercato, che sono ampie. Comunque una riqualificazione energetica costa mediamente dai 150 ai 350 euro al metro quadro”.
Insomma, per una casa di 80 metri quadri sarebbero tra i 12mila e i 28mila euro. Senza incentivi, quindi, il gioco non vale la candela: i tempi di ritorno, anche con risparmi sul gas di migliaia di euro, sarebbero di svariati anni.
Arriva il Superbonus europeo per obbligo di ristrutturazione?
Non solo. “Per molti l’investimento iniziale - aggiunge Franzò - può essere barriera invalicabile, per questo servono incentivi e strumenti di agevolamento in particolare per alcune classi sociali e fasce di reddito”.
Così com’è, dice, “l’obbligo spaventa, ma se fosse accompagnato da incentivi strutturali, che probabilmente ci saranno, i lavori converranno, per risparmiare in bolletta e inquinare di meno”.
Secondo l’esperto del Politecnico di Milano, però, “siamo in un periodo in cui le risorse pubbliche vanno usate in modo oculato: gli Stati membri non possono sopportare il costo degli incentivi, serve un nuovo approccio europeo, altrimenti è un controsenso che l’Ue dica di diminuire il deficit e poi costringe a mettere incentivi”.
Come potrebbe funzionare il fondo comune Ue per le case green
Per tutti e tre i docenti, pertanto, la direttiva può avere effetti positivi, ma va accompagnata con incentivi strutturali al livello europeo, cioè una sorta di operazione Superbonus, ma stavolta comunitario e strutturale, cioè senza scadenze tra qualche anno (come nel caso del sostegno fiscale italiano).
“L’obbligo - chiarisce Franzò - non è per forza sbagliato: ci permette di ridurre i consumi, l’inquinamento e la dipendenza dal gas naturale, che spesso importiamo da Paesi instabili dal punto di vista geopolitico”.
Quello che propone l’esperto di Energy&Strategy è quindi prevedere un incentivo differenziato per tecnologie e fasce di reddito, in base a costi e risparmio, colmando il gap che rende economicamente sostenibile un lavoro di efficientamento energetico.
“Insomma - conclude Franzò - le tecnologie che hanno un tempo di rientro più lungo sui risparmi vanno incentivate di più, ma valutando anche quanto risparmio c’è sui consumi e sull’impatto climatico. I sostegni, poi, andrebbero calibrati in base alle caratteristiche di patrimonio immobiliare e tessuto urbano di ogni Stato membro: quindi l’opzione migliore sarebbe creare fondi comuni con piani diversi, come nel caso del Next Generation Eu”.
© RIPRODUZIONE RISERVATA