Non sempre è possibile lasciare tutta l’eredità al coniuge, ecco quando e quali sono le possibili soluzioni.
Redigere un testamento completamente in favore del coniuge è possibile, ma soltanto se non vi sono figli (o in loro assenza genitori) del defunto, che concorrono per le rispettive quote di legittima. Oltretutto, se la successione non è regolata da un testamento, parte dell’eredità spetta anche a fratelli e sorelle del defunto. Ecco perché lasciare tutta l’eredità al coniuge può essere molto difficoltoso.
Testamento in favore del coniuge
Il testamento è un’ottima soluzione per garantire al coniuge una porzione maggiore di quella garantita dalla legge. Le disposizioni testamentarie possono infatti escludere gli altri potenziali eredi o comunque modificare la misura delle quote. Prima di scrivere, però, bisogna considerare che alcuni eredi sono considerati legittimari e a loro non può essere negata una certa quota dell’eredità, nemmeno per volontà del defunto stesso.
Gli unici eredi che possono reclamare la quota di legittima contro il coniuge sono i figli, oppure in assenza di questi ultimi gli ascendenti del defunto in ordine di grado (quindi normalmente i genitori). Nel dettaglio, il testamento che lede la quota di legittima viene applicato, ma può essere impugnato – con indubbio successo – dagli eredi legittimari. Di conseguenza, lasciare tutto al coniuge nel testamento sapendo che ci sono in vita figli/genitori è praticamente inutile.
È vero che i legittimari possono rinunciare a procedere legalmente, ma tale rinuncia può essere effettuata soltanto dopo la morte. Non si può quindi chiedere loro di firmare preventivamente una rinuncia, la quale non avrebbe alcuna validità. Il testamento può comunque essere utile per accrescere la quota ereditaria del coniuge, attingendo dalla quota disponibile.
Quest’ultima non è riservata ad alcun erede, quindi il defunto può disporne liberamente in favore di chi preferisce. Per sapere a quanto ammonta la quota disponibile bisogna considerare il numero di eredi legittimari.
- Se sono presenti il coniuge e un figlio unico la quota disponibile ammonta a un terzo del patrimonio ereditario.
- In presenza del coniuge e più figli la quota disponibile è pari a un quarto del patrimonio ereditario.
- In presenza di coniuge e ascendenti (senza figli del defunto) la quota disponibile è pari a un quarto.
Tale quota può essere quindi conferita in favore del coniuge, limitando l’eredità degli altri al minimo garantito per legge. Non esistono modalità per escludere i legittimari dalla successione, se non i rari casi di indegnità. Bisogna comunque ricordare che con la comunione dei beni il coniuge ha diritto al 50% del patrimonio, mentre le quote ereditarie vengono calcolate sulla restante metà, e il regime può essere modificato anche durante il matrimonio. In ogni caso, non influiscono sull’eredità altri diritti - se presenti le condizioni - riconosciuti al coniuge superstite, come il diritto di abitazione o alla pensione di reversibilità.
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Eredi indegni, tutto il patrimonio al coniuge?
Come anticipato, l’unico modo per escludere i legittimari dalla successione è la loro indegnità. I soggetti dichiarati indegni a succedere perdono infatti qualsiasi diritto sull’eredità della persona lesa, a meno che vengano riabilitati dal testamento stesso. L’indegnità è però solo raramente una soluzione, perché fortunatamente non si verificano frequentemente i requisiti previsti dall’indegnità. Talvolta, invece, dopo la morte del defunto non c’è più nessun soggetto legittimato a esercitare l’azione di indegnità.
In ogni caso, l’indegnità deve essere prevista dalla sentenza di un giudizio di accertamento, promosso dai soggetti interessati (sostanzialmente il defunto e gli altri chiamati all’eredità). L’indegnità è prevista soltanto per condotte molto gravi, dal punto di vista legale e morale, che la legge divide in due macro-gruppi:
- Gli attentati alla personalità, come il tentato omicidio del defunto o dei suoi familiari.
- Gli attentati alla libertà di testare, per esempio la falsificazione del testamento contro la volontà del defunto.
In questi casi, ma soltanto se avviene l’accertamento giudiziale, è possibile escludere i legittimari e lasciare tutto al coniuge. Evidentemente una soluzione poco pratica. L’alternativa, non meno insidiosa, è quella di disporre del proprio patrimonio quando si è ancora in vita, facendo attenzione però a non compiere delle donazioni. Queste ultime, infatti, possono essere impugnate dai legittimari così come il testamento, se ledono la quota di legittima.
Crediti che non rientrano nell’eredità
Seppur vero che non si può propriamente lasciare il patrimonio a chi si vuole, allo stesso tempo il defunto può utilizzarlo come meglio crede finché è in vita. Se l’intenzione è quella di “diseredare” uno degli eredi, è sufficiente spendere il patrimonio, mentre farne beneficiare solo al coniuge può essere ostico. Non impossibile, tuttavia, perché alcuni crediti non rientrano nell’eredità. Sono esclusi dall’asse ereditario:
- Beni e diritti iscritti in un registro pubblico (come auto e barche).
- Azioni e titoli nominativi alienati dal proprietario prima della morte.
- Le indennità di fine rapporto.
- L’indennità di preavviso.
- Le indennità delle assicurazioni previdenziali obbligatorie.
- I crediti che sono stati contestati giudizialmente.
- Tutti i crediti nei confronti dello Stato, degli enti pubblici territoriali, previdenziali e assistenziali.
- I crediti ceduti allo Stato.
- I beni culturali con vincolo (paesaggistico o storico ad esempio).
- I titoli di debito pubblico italiani o di Stati dell’Unione europea (come Bot e Cct).
- I veicoli iscritti al Pra.
- Le quote dei fondi pensione.
- I premi assicurativi sulla vita.
- I beni in viaggio con destinazione estera o vincolati al regime doganale per l’importazione temporanea.
Si tratta dunque di eccezioni, tra le quali indicare il coniuge come beneficiario di una sostanziosa polizza assicurativa appare la più facilmente praticabile. Allo stesso tempo, la giurisprudenza più recente ammette l’impugnazione da parte degli eredi legittimari delle polizze vita lesive delle quote di legittima, in quanto anche l’assicurazione può servire alle medesime finalità testamentarie. Si tratta quindi di un’alternativa non al 100% sicura, ma comunque di più rispetto al testamento, dato che l’approvazione dell’impugnazione delle polizze rappresenta per ora una minoranza nelle sentenze.
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