DAO, Decentralized Autonomous Organization, è la piattaforma utilizzata per i progetti cripto. Regole, norme, aspetti fiscali e i rischi da conoscere per usarla (un giorno) in Italia
Il mondo delle cripto-attività è flessibile, variabile e in costante e rapida evoluzione mentre gli ordinamenti giuridici sono tendenzialmente rigidi e non pronti a veloci procedimenti di modifica e aggiornamento delle regole e questo vale anche per le DAO, Decentralized Autonomous Organization.
La regolamentazione europea, la MiCA, arriverà probabilmente non prima del 2024, ma in essa non vengono incluse molte fattispecie di cripto-attività come, fra l’altro, gli Nft, alcuni strumenti della DeFi, il metaverso e gli avatar.
Gli organi di controllo e le autorità cercano di dipanare il bandolo della matassa formalizzando una prima categorizzazione fra cripto-attività che vengono usate come mezzi di pagamento o investimento e cripto-attività che vengono utilizzate come strumenti finanziari, ma è sempre difficile comprendere davvero quale sia l’impiego di cripto-attività ibride e mutanti, che possono facilmente rientrare sia in una categoria che nell’altra.
In questo complesso scenario si posiziona la DAO – Decentralized Autonomous Organization, struttura utilizzata da molti sviluppatori di progetti digitali per attrarre sostenitori.
DAO, Decentralized Autonomous Organization: cos’è
Una DAO, più che una entità, è una modalità di amministrazione di un progetto digitale e consiste nella regolamentazione di un meccanismo di consenso decisionale, applicabile all’utilizzo di una blockchain, privata o pubblica.
Per sviluppare un progetto digitale è necessario creare una blockchain o utilizzare blockchain già esistenti.
In entrambi i casi, essendo la blockchain basata sul principio della DLT – Tecnologia dei Registri Distribuiti – che consente il libero accesso a tutti i frequentatori del web, occorre disciplinare le modalità con le quali quel progetto sarà amministrato, per poter essere sviluppato.
Di fatto la DAO deve individuare il meccanismo di espressione del consenso da parte di ciascuno degli utenti di una comunità digitale che sostiene un determinato progetto.
Dunque le DAO sono:
- Comunità di soggetti (organizzazioni)
- Indipendenti tra loro (decentralizzate)
- Amministrate dagli utenti stessi che vi partecipano, in modo trasparente, pubblico, democratico e automatico, di solito mediante l’utilizzo di uno smart contract e di un token, non gestite da un organo amministrativo composto da persone fisiche e non controllate dagli sviluppatori o dai creatori (autonome).
DAO, le regole di ingaggio e il meccanismo di consenso
Pertanto gli sviluppatori di un progetto digitale, per coinvolgere il maggior numero di soggetti che decidano di sostenerlo, devono prima stabilire quali regole si dovranno applicare per amministrare e sviluppare il progetto, ecco perché diventa fondamentale conoscere quale meccanismo di consenso verrà utilizzato per assumere le decisioni.
Quanto più gli sviluppatori, per assumere le decisioni necessarie allo sviluppo progettuale, utilizzeranno un meccanismo di consenso democratico e indipendente, escludendo ogni loro influenza o controllo dominante, tanto più la base degli stakeholder parteciperà consapevolmente all’assunzione delle decisioni, indipendentemente dalla volontà e dalle intenzioni degli originali fondatori.
Il meccanismo di consenso di solito è basato su due criteri alternativi:
- La maggioranza del 50% + 1 dei diritti di voto, intesi come assets digitali sottoscritti dagli stakeholders al momento della sottoscrizione del progetto, rispetto al totale degli assets digitali – tokens - che hanno effettivamente esercitato il proprio diritto;
- La maggioranza degli stakeholder, ovvero la maggioranza delle “teste” dei soggetti che hanno diritto al voto, dove ogni stakeholder, indipendentemente dagli assets digitali sottoscritti o dai tokens, può esprimere un solo diritto di voto, il proprio.
Un esempio lampante di quanto sopra indicato è la recente decisione assunta dalla maggioranza dei possessori di Ethereum, in contrasto con quanto desiderato dagli sviluppatori, di utilizzare come meccanismo di validazione della blockchain la proof-of-stake invece della proof-of-work.
Pertanto risultano evidenti i punti di contatto fra le DAO e le società, sebbene sia molto difficile comprendere come e dove trovare un nesso giuridico sostanziale.
Difficilmente si può ragionare in termini noti, ad esempio sotto il profilo giuridico queste comunità spontanee dovrebbero essere considerate come società di persone, anzi come società di fatto, soggette ad illimitata responsabilità patrimoniale di ogni partecipante.
Quanto sopra esporrebbe i partecipanti della DAO alla responsabilità illimitata e solidale per ogni azione fatta anche da uno solo dei partecipanti stessi che dovesse far insorgere una obbligazione verso terzi, per qualsiasi motivo
Un’alternativa potrebbe essere quella di catalogare la DAO fra le società di capitali che rispondono verso i terzi solo con il patrimonio societario, però non esiste nel nostro ordinamento giuridico alcuno schema di società di capitali che possa rappresentare la realtà di queste organizzazioni digitali.
Sotto il profilo fiscale, solo per citare una delle questioni più rilevanti, a quale Stato dovrebbe essere ricondotta la tassazione della entità DAO, che è esistente solo nel web e i cui proprietari e finanziatori sono residenti in centinaia di Stati diversi o si collegano all’entità attraverso domini residenti in Stati ancora diversi dai primi?
È evidente che la realtà della tecnologia digitale che corre verso il pieno sviluppo del Web 3, ovvero verso l’Internet of Value, richiede mutamenti epocali e trasversali nei meccanismi tradizionali, sia dell’economia che del diritto.
Infine bisogna ribadire l’elevato rischio cui si espongono coloro che decidono di aderire ad una DAO non regolamentata, che potrebbe nascondere intenti fraudolenti dei creatori e che, di fatto, potrebbe configurare una ICO – Initial Coin Offering – sotto mentite spoglie, con tutte le conseguenze dannose che questi strumenti, se usati senza controllo, hanno già dimostrato di poter creare negli anni scorsi.
I rischi: come distinguere una DAO da una frode
Partecipare a una DAO espone a rischi notevoli, che devono essere ben valutati.
Non è facile distinguere un tentativo ingannevole da un progetto condivisibile e sostenibile, nonostante oggi tutti i creatori di DAO espongano sul proprio sito la descrizione del progetto che intendono sviluppare, le modalità di sviluppo, il meccanismo di consenso, il token che intendono utilizzare, e così via.
Tanto più difficile se i fondatori della DAO o gli sviluppatori dell’algoritmo e dello smart contract sono soggetti che cercano di carpire la buona fede dei partecipanti che, spesso, sono chiamati a sottoscrivere un Nft o un token o a depositare criptovalute prelevandole dal proprio wallet, per sostenere il progetto digitale.
Dunque per evitare uno scam, ovvero il comportamento fraudolento o ingannevole di soggetti poco raccomandabili, vi sono elementi che possono aiutare gli utenti a cercare di comprendere se il progetto proposto nella DAO è veritiero e realizzabile.
I due elementi che è opportuno verificare prima di accedere a qualsiasi DAO sono:
- Il white paper, ovvero la rappresentazione scritta del progetto nella quale vengono rappresentati gli scopi, i metodi e i mezzi per raggiungerli, la garanzia disponibile per sostenere il rischio di chi entra nel progetto ovvero l’eventuale sottostante, e così via;
- Il tipo di tecnologia e software utilizzato per lo sviluppo del progetto che deve essere open source.
Pur se nulla può assicurare gli utenti dall’alto rischio di volatilità e di variabilità del valore dei token sottoscritti, assicurarsi di aver letto il white paper e di aver controllato che il progetto venga sviluppato con software open source sono due prerequisiti alla base di ogni analisi di progetto, prima di decidere se aderire o meno allo stesso.
I tentativi di regolamentazione della DAO
Dati i rischi che corrono i cittadini a interagire con queste entità digitali, tutti gli Stati e le organizzazioni sovranazionali come l’Ue e l’Ocse, cercano di regolamentare le cripto-attività, seppure con difficoltà.
Infatti il diritto rincorre affannosamente la realtà digitale e si affaccia al mondo cripto con un primo tentativo di definizione legale della DAO, contenuta nella proposta di Regolamento europeo sui cosiddetti MiCA – Markets in Crypto Asset.
Il Regolamento, dopo una lunga preparazione attraverso il. “trilogo” fra i tre organi europei, è stato approvato dalla Commissione Europea lo scorso giugno e dal Consiglio Europeo il 5 ottobre 2022, con l’invio all’ECON – La Commissione Europea per gli Affari Economici e Monetari – per la definitiva approvazione del Parlamento Europeo, che il 10 ottobre avrebbe dovuto provvedervi.
In ogni caso la previsione di entrata in vigore del Regolamento Europeo è rinviata al 2024, solo allora sapremo se le norme europee staranno al passo con le rapide dinamiche di evoluzione delle cripto-attività.
Nella regolamentazione MiCA, le DAO sono descritte come «a rule-based organisational system that is not controlled by any central authority and whose rules are entirely routed in its algorithm (...)».
Si tratta di una definizione che evidenzia sia la decentralizzazione del sistema di governance, garantita dalla tecnologia blockchain su cui si basa la DAO, sia l’autonomia dei processi decisionali basata sulla automazione introdotta dagli smart contract eseguiti sulla rete.
Gli utenti della DAO possono essere titolari di diritti amministrativi come il diritto di voto (governance token) e di diritti patrimoniali (diritto ai risultati economici degli asset digitali gestiti dall’organizzazione) nonché di molti altri diritti e obblighi, come stabiliti nello smart contracts che le regolano.
Nascono così vere e proprie strutture di amministrazione democratica e condivisa caratterizzate da almeno tre elementi. Infatti esse sono:
- diffuse perchè possono operare in tutti i territori nei quali sono residenti i suoi sostenitori e i suoi sviluppatori, liberamente, o meglio in effetti non esistono in alcun territorio fisico, essendo diffuse solo nel web o, se depositano dati, al massimo in un cloud
- trasparenti, perché i progetti sono basati su tecnologie digitali a libera disposizione degli utenti (open source), e
- democratiche, perché ogni token holder può avanzare proposte e rimetterle ai voti, senza formalità né intermediazioni.
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Perché al momento non si possono creare DAO in Italia
A oggi non sembra possibile costituire una entità DAO né in Italia, né in Europa, anche se vi sono teorie suggestive che dicono il contrario e alle quali occorrerebbe destinare un spazio apposito, tuttavia è importante sottolineare che esse, di fatto, già esistono e si formano spontaneamente, tutti i giorni, non su un territorio ben preciso, ma sul web.
Pertanto finché non saranno disciplinate giuridicamente, compresi i provvedimenti attuativi, è bene essere prudenti, non soltanto per il rischio di perdere il controvalore dei token sottoscritti per partecipare alla DAO o, in alternativa, il valore delle proprie cripto-attività “investite” nel progetto o poste a garanzia dello stesso, ma anche per quelle che potrebbero essere le conseguenze di un’eventuale default dell’organizzazione, che potrebbe portare non soltanto alla mancata ricezione dei reward o dei token promessi o alla perdita delle cripto-attività messe a disposizione per il progetto, ma anche ad eventuali responsabilità patrimoniali nei confronti di terze parti che dovessero vantare diritti di credito verso la DAO o verso uno dei suoi componenti.
Infatti l’unico schema societario che sembrerebbe applicabile a queste entità, in mancanza di regolamentazione, potrebbe essere quello delle società di fatto, dove tutti i soci sono responsabili dei debiti societari, anche col patrimonio personale se l’entità societaria non ha un patrimonio sufficiente a garantire il pagamento di tutti gli impegni presi dagli amministratori.
Ma anche a volerle ricondurre allo schema delle società di capitali nel nostro ordinamento si rileverebbero molte incongruenze.
La DAO e le conseguenze legali per i possessori di token
Le criticità più rilevanti in questo senso sono sicuramente: la modalità dell’amministrazione, che può essere delegata completamente a uno smart contract, fattispecie che non trova alcun riferimento giuridico nel nostro ordinamento; la natura del titolo che rappresenta le quote di partecipazione che di solito è un token, ovvero una cripto-attività, che dovrebbe essere assoggettata al controllo della Consob se svolgesse la funzione di strumento finanziario, salvo richiamare l’art. 100-ter del Tuf – Testo Unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, nei limiti e nelle forme in cui consente la raccolta di denaro fra il pubblico per le start-up e le Pmi; la regolamentazione della trasferibilità dei token; l’assenza di capitale sociale minimo legale e della relativa funzione di garanzia patrimoniale; l’assenza di un numero minimo o massimo di partecipanti; la natura del vincolo di partecipazione all’organizzazione; e così via.
Sotto il profilo fiscale le cose sono ancora più complicate in quanto ci troveremmo di fronte ad uno schema associativo, di qualsiasi genere possa essere definito, società di persone, società di capitali, associazione, fondazione, ecc., che non può essere ricondotto ad alcun luogo fisico concreto, come una specie di società apolide, la cui residenza giuridica non è posta in alcun territorio e non è incorporata in alcuna giurisdizione.
A oggi dunque non si può fare altro che spingersi, come pionieri, verso le nuove praterie della digitalizzazione e della DeFi, verso quel limite che una volta, nell’economia e nel diritto era un orizzonte visibile e definito, mentre oggi ci si trova davanti ad una frontiera digitale, invisibile e, soprattutto, purtroppo ancora inesplorata.
Possiamo solo cercare di descrivere il passaggio epocale cui stiamo assistendo, in attesa che gli Stati, le Unioni di Stati e le organizzazione sovranazionali, producano regole per disciplinare il mondo delle cripto-attività, salvaguardandone gli aspetti positivi sull’economia e sulle società, cercando di limitarne gli aspetti negativi che oggi potrebbero rendere più difficile la repressione di possibili frodi o la lotta al riciclaggio del denaro per scopi criminali.
DAO e aspetti fiscali internazionali
Per quanto riguarda la fiscalità internazionale, stiamo passando dal concetto di entità off-shore fisica, ovvero luogo fuori dalle acque territoriali, fuori dalle giurisdizioni e dunque ove è possibile sottrarsi all’applicazione delle leggi, al concetto di off-shore digitale, o meglio off-bound, se non addirittura off-ground, cioè fuori dall’intero pianeta e dentro una realtà virtuale che può essere ovunque e da nessuna parte.
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Se risulta impossibile stabilire il luogo ove è residente la DAO, sarà pure difficile, se non impossibile, stabilire il luogo di residenza degli stakeholder che ne detengono i token, dato che essi ben possono detenere i loro e-wallet su exchange posizionati a loro volta in altri Paesi e detenere invece la chiave privata presso la loro abitazione o in altro luogo.
Altra criticità si presenta quando si cerca di comprendere la natura del reddito prodotto in capo ai possessore di token per le attività fornite alla DAO.
Infatti essi potrebbero:
- Acquisire direttamente il token pagandone un controvalore in cripto o in fiat e ricavarne una plusvalenza o una minusvalenza in caso di successiva cessione;
- Prestare temporaneamente cripto-attività alla DAO per eseguire operazioni digitali definite ISPO, che sono attività che potrebbero essere assimilate ai finanziamenti dei soci di una società,
- Prestare temporaneamente cripto-attività agli altri possessori di token per eseguire operazioni digitali che potrebbero essere assimilate ai finanziamenti fra privati,
- Dare o ricevere in garanzia da terzi, token di diversa natura, con o senza sottostante, che potrebbero essere assimilate al rilascio o all’ottenimento di garanzie personali,
- Trasferire i propri token a terzi in cambio di altre cripto-attività o di fiat,
- Ricevere rewards in tokens di diversa natura
- Riscattare o perdere le garanzie, prestate/rilasciate a/da terzi, in token, ottenendo o offrendo valori di garanzia superiori a quello delle cripto-valute richieste/concesse in prestito.
Risulta inoltre evidente che altre regole che dovrebbero essere applicate riguardano le norme antiriciclaggio e quelle sulla identificazione dei titolari effettivi, quelle della legge bancaria e quelle della disciplina della intermediazione finanziaria, per cui i promotori e gli sviluppatori rischiano anche di commettere violazioni con conseguenze di carattere penale.
Dove si può costituire formalmente una DAO?
Al momento nessun Paese Ue ha una normativa che definisce giuridicamente la DAO, dunque finché quest’ultima non verrà regolamentata dalla MiCA, qualora si rendesse necessario, potrà solo essere ricondotta alla figura di ente societario, definito giuridicamente in senso formale, che il giudice riterrà più “vicino” e più “simile” alla natura ed alle funzioni che la DAO mostrerà di avere svolto di fatto.
Per cui le DAO, caso per caso, potrebbero essere ricondotte a società di persone, ovvero a società di fatto, oppure a società di capitali qualora nel white paper e nello smart contract fossero contenute indicazioni che fanno propendere per una struttura amministrata da persone fisiche o da un asset digitale o addirittura se si fosse in presenza di un token emesso con funzioni di titolo societario e sottoposto al controllo dell’autorità di sorveglianza.
Un’ulteriore riconducibilità potrebbe essere fatta anche ad altre entità collettive, come le associazioni senza scopo di lucro o le fondazioni, sia italiane che estere.
In ogni caso bisogna dire che esistono delle giurisdizioni o Stati, che per primi hanno emanato leggi che riconoscono giuridicamente la DAO.
Il Wyoming con la Legge n. SF38 del luglio del 2021 ha disciplinato la DAO o LAO Llc e mentre il Vermont sin dal 2018 aveva introdotto la figura giuridica della BBLlc, ovvero le Blockchain-based Llc., inoltre il Principato di Monaco nello scorso mese di luglio ha introdotto una nuova legge sulle cripto-attività nella quale spiccano le definizioni giuridiche non solo di metaverso, ma anche di avatar.
Una tesi suggestiva, che riguarda la DAO Llc del Wyoming, è proposta da un avvocato tedesco che basandosi sulle norme contenute in trattati internazionali, afferma la possibilità di richiedere il riconoscimento di questo tipo societario in tutta la Ue, compresa l’Italia.
A questi specifici argomenti, ovvero la trasmigrazione della DAO dal Wyoming all’Ue e all’Italia, della legge del Principato di Monaco, delle identità digitali dell’avatar, delle singole persone e delle fondazioni di diritto estero, italiano od esotico, si dovrà dedicare ampio spazio.
Così come bisognerà approfondire l’ulteriore tesi che ritiene che la DAO potrebbe essere interpretata anche come una struttura di governo di un progetto o una procedura per sviluppare un progetto, in questo caso potrebbe dunque essere considerata non come un entità societaria, ma come un bene strumentale immateriale, nel quale intervengono cripto-attività e risorse umane digitalizzate, infatti il possessore di token interviene con la propria identità digitale, accettando di utilizzare un token per esprimere il proprio consenso alle decisioni necessarie per lo sviluppo del progetto, sulla base delle regole contenute in uno smart contract.
Insomma una sorta di piattaforma di consultazione decisionale digitale, decentralizzata e diffusa che vale in sé stessa come sistema da applicare a tutte le iniziative che richiedono scelte veloci, democratiche e condivise dalla maggioranza dei partecipanti ad un progetto comune
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