Ecco quando il licenziamento è considerato illegittimo e come impugnarlo per difendere i propri diritti.
Nei rapporti di lavoro subordinato i dipendenti sono ovviamente la parte meno forte e proprio per questo motivo la legge regolamenta con precisione il licenziamento. Quest’ultimo deve infatti avvenire secondo i criteri previsti dall’ordinamento, in tutela dei lavoratori. Quando ciò non avviene si è davanti a un licenziamento illegittimo, contro cui i lavoratori possono esercitare diverse tutele. Ecco come riconoscerlo e difendersi.
Quando il licenziamento è illegittimo
Esistono diverse tipologie di licenziamento e almeno altrettante ipotesi di licenziamento illegittimo. La legge prevede infatti delle regole stringenti che riguardano il licenziamento e i diritti dei lavoratori, oltre a prescrizioni specifiche da rispettare per la validità del provvedimento. È sempre illegittimo il licenziamento discriminatorio, fondato per l’appunto su caratteristiche individuali che godono di una certa tutela, fondamentalmente:
- la religione;
- il genere;
- l’etnia;
- l’orientamento sessuale;
- l’età;
- la disabilità.
In tema di discriminazione, il licenziamento è illegittimo, a meno che ci sia giustificato motivo oggettivo o una grave violazione disciplinare, quando avviene in determinati momenti della vita del lavoratore:
- durante la malattia prima della scadenza del periodo di comporto;
- dal giorno della richiesta di pubblicazione delle nozze fino a 1 anno dopo la celebrazione del matrimonio;
- dall’inizio della gravidanza fino al compimento di 1 anno del figlio per la lavoratrice madre;
- durante il congedo di paternità o comunque entro 1 anno di vita del figlio per il padre lavoratore che usufruisce dell’istituto;
- in seguito alla richiesta o alla fruizione dell’astensione facoltativa e del congedo per malattia del figlio da parte dei genitori.
Non si tratta soltanto di impedire gli atti discriminatori, ma di proteggere il lavoratore nell’esercizio dei propri diritti. Allo stesso modo è sempre vietato il licenziamento ritorsivo, con cui il datore di lavoro penalizza il dipendente che ha esercitato un proprio diritto causando un disagio (come la vertenza sindacale), così come quello che contrasta con il diritto di sciopero. Ovviamente è illegittimo anche il licenziamento privo di un giustificato motivo soggettivo/oggettivo o di una giusta causa, a seconda della ragione addotta dal datore di lavoro.
Infine, il licenziamento è illegittimo anche quando non sono state rispettate le procedure previste dalla legge, per esempio in merito al preavviso. In tal proposito, è illegittimo il licenziamento orale, in quanto la legge richiede espressamente la forma scritta.
leggi anche
Vertenza sindacale, cosa rischia il lavoratore
Come difendersi da un licenziamento illegittimo
Naturalmente all’interno delle varie categorie di licenziamento illegittimo possono rientrare innumerevoli circostanze differenti. Per questo motivo i lavoratori dovrebbero conoscere le previsioni di legge in merito a ogni tipologia di licenziamento e farsi assistere da un avvocato, anche tramite un sindacato, per avere un’idea più chiara della propria situazione. Soprattutto in tema di licenziamento disciplinare, infatti, la questione può apparire confusa e non immediatamente risolvibile.
Anche per questo motivo i lavoratori devono raccogliere tutte le informazioni e le prove relative al licenziamento subito, anche quelle che riguardano i presunti motivi errati di licenziamento (come una discriminazione). Avere in mano tutti gli elementi è indispensabile per consentire ai professionisti di valutare la situazione al fine di impugnare il licenziamento illegittimo.
La comunicazione del licenziamento è sicuramente un documento importante, come potrebbero esserlo scambi di email e telefonate con il datore di lavoro. La testimonianza di altre persone è utilizzabile, tuttavia nella stragrande maggioranza dei casi risulta problematica, visto che spesso si tratta di dipendenti che temono possibili ritorsioni.
Impugnare il licenziamento illegittimo
Il lavoratore che ritiene di aver perso ingiustamente l’occupazione può impugnare il licenziamento illegittimo al fine di ottenere le tutele previste dalla legge. Il primo passaggio da compiere è quello della lettera di contestazione, tassativamente da inviare entro 60 giorni dalla notizia del licenziamento. Si tratta di una semplice comunicazione scritta, da inviare a mezzo di raccomandata a/r o pec per provarne la notifica, in cui si esprime al datore di lavoro la volontà di opporsi al licenziamento.
La lettera di contestazione, che non deve per forza contenere già le motivazioni, può essere inviata anche da un avvocato o da un sindacalista. A questo punto, salvo il raggiungimento di un diverso accordo, il lavoratore ha 180 giorni per dare inizio alla propria azione legale. Ci sono due alternative:
- tentare la conciliazione presso l’Ispettorato territoriale del lavoro per risolvere la lite amichevolmente;
- presentare un ricorso presso il giudice del lavoro tramite il proprio avvocato.
Il ricorso al tribunale può avvenire anche in seguito al fallimento della riconciliazione, entro 60 giorni dallo stesso. Per la causa di lavoro sarà indispensabile affidarsi a un avvocato esperto in materia, tenendo presente la possibilità di avvalersi del patrocinio gratuito a carico dello Stato e delle agevolazioni previste dalle sigle sindacali. In caso di soccombenza, inoltre, sarà il datore di lavoro a rimborsare le spese legali.
Il dipendente avrà così modo di opporsi al licenziamento sostenendo la sua tesi con i mezzi di prova a disposizione. Anche per le cause di lavoro, inoltre, c’è la possibilità di ricorrere in appello e in Cassazione. Tutto ciò potrebbe non servire quando ci sono i presupposti per il raggiungimento di un accordo in conciliazione, una strada che vale la pena tentare se non ci sono particolari ostilità, di fatto più rapida ed economica.
A cosa serve impugnare il licenziamento
La contestazione del licenziamento non è una mera questione di principio, ma serve a ottenere le tutele previste dalla legge per i lavoratori. Le misure specifiche dipendono da vari fattori, tra cui il tipo di licenziamento e l’anzianità di servizio del lavoratore. In caso di riconoscimento dell’illegittimità del licenziamento il dipendente ha in ogni caso diritto al reintegro, con annesso pagamento degli stipendi arretrati, oppure a un’indennità sostitutiva. Bisogna inoltre considerare eventuali altri danni, per i quali è possibile ottenere il risarcimento.
© RIPRODUZIONE RISERVATA