Cesare Damiano, ex ministro del Lavoro e direttore del Centro Studi di Lavoro&Welfare, spiega a Money.it le sue proposte per aumentare il potere d’acquisto delle famiglie, schiacciato dall’inflazione.
L’inflazione e il caro-energia hanno colpito duramente le famiglie italiane. Il dato diffuso due giorni fa da Federcontribuenti lo dimostra in maniera plastica: a quanto risulta all’associazione i valori Isee dei nuclei familiari sono crollati del 48% rispetto ai primi anni della pandemia (2020 e 2021).
La ricchezza degli italiani, quindi, si riduce e con essa il potere d’acquisto, mentre aumentano le sacche di povertà. Per questo il presidente di Federcontribuenti, Marco Paccagnella, propone di intervenire sul Reddito di cittadinanza in modo diverso da quanto previsto dal governo Meloni e creare un “Reddito universale con una soglia reddituale uguale per tutti, pensionati o lavoratori con meno di 1500 euro”.
Cesare Damiano, ex ministro del Lavoro e direttore del Centro Studi di Lavoro&Welfare, spiega però a Money.it che una proposta del genere è di difficile realizzazione, per mancanza di risorse pubbliche, ma invita l’esecutivo a fare di più su stipendi e lotta alla povertà.
La via maestra, secondo Damiano, è una marcia indietro sul Reddito di cittadinanza, da adeguare invece all’inflazione, assieme a una misura strutturale sugli stipendi (aumentando il taglio del cuneo fiscale). L’era dei bonus a pioggia, invece, per l’ex ministro dovrebbe dirsi finita.
La revisione del Reddito di cittadinanza nel 2023
La scelta di cancellare il Reddito di cittadinanza a partire dal 2024 viene ritenuta da Damiano “sbagliata”, perché “in ogni Paese civile un reddito a fronte di una povertà familiare va garantito e il numero dei poveri in aumento si riferisce a famiglie e individui che in molti casi hanno oggettivi disagi, menomazioni, difficoltà”. Tuttavia considera corretta la distinzione tra il sistema di assistenza di chi è in povertà e quello del reimpiego nel mercato del lavoro.
La ricetta che propone per contrastare povertà e riduzione del potere d’acquisto è quindi innanzitutto “muoversi nel solco del Reddito esistente, tornando allo spirito del Rei varato dal centrosinistra, che aveva dimostrato maggiore efficacia e meno confusione, perfezionando il tema degli occupabili, con nuovi criteri per la loro definizione”.
Reddito di cittadinanza più alto vista l’inflazione?
Difficile per Damiano prevedere un adeguamento automatico, come una sorta di scala mobile, applicato agli strumenti anti-povertà, ma secondo lui “è evidente che ogni anno un adeguamento all’inflazione può essere previsto anche per il Reddito, come per le pensioni, soprattutto in tempi di aumento vertiginoso dei prezzi come ora”.
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Contemporaneamente, se nella platea delle persone povere esistono uomini e donne inseribili in un posto di lavoro, “bisogna garantirglielo, cosa difficile, a maggior ragione ora: trovare in sette mesi lavoro a migliaia di persone che perderanno il Reddito sarà complicatissimo, per non dire impossibile”.
Per fargli trovare lavoro, però, secondo l’ex ministro non si dovrebbe eliminare il concetto di offerta di lavoro congrua, da definire come “il lavoro dignitoso, a tempo indeterminato se possibile, o determinato, ma con contratto non inferiore ai sei mesi e riconducibile a Ccnl maggiormente rappresentativi”.
La proposta di Damiano: fino a 500 euro in più in busta paga
Infine Damiano invita il governo a dire basta alla stagione dei bonus, sostituendoli con misure di carattere strutturale. La proposta è tagliare subito di 5 punti il cuneo fiscale (e non entro il 2027 come dice la presidente Meloni) per rendere più pesanti le buste paga dei lavoratori.
“L’esecutivo - conclude Damiano - pensa di dividere il beneficio in due parti: 3 punti al lavoro e 2 alle imprese, ma così l’effetto in busta paga per i dipendenti sarà troppo basso: bisogna destinare tutti e 5 i punti alle buste paga dei lavoratori. Anche perché, se dovessimo alleggerire di 2 punti il costo del lavoro a tutte le imprese, ne beneficerebbero anche quelle che non sono in crisi, o addirittura quelle che hanno fatto i cosiddetti extraprofitti. Questo creerebbe un’ulteriore ingiustizia sociale”.
Se fosse fatto subito il taglio del cuneo fiscale di 5 punti integralmente a favore dei lavoratori fino a 35mila euro di reddito, si potrebbero guadagnare fino a 40 euro in più al mese rispetto all’attuale taglio al 2% (aumentato al 3% fino a 25mila euro di reddito). Sarebbero circa 500 euro in più all’anno.
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